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Terapia ormonale sostitutiva, nuovi dati sul rischio tumori alle ovaie

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Chi negli anni Novanta ha fatto uso della terapia ormonale sostitutiva (Tos) per la menopausa a base di soli estrogeni (CEE, estrogeni equini coniugati) potrebbe avere un rischio aumentato di sviluppare il tumore ovarico. Al contrario, questo aumento del rischio non si osserva in chi ha fatto uso di estrogeni e progestinici (CEE e medrossiprogesterone acetato, MPA), mentre emerge un rischio ridotto per il tumore dell’endometrio. I dati emergono da un ampio studio clinico di lunga data condotto negli Stati Uniti, i cui dettagli saranno presentati tra qualche giorno a Chicago nel corso del congresso più importante di oncologia, il meeting dell’Asco (American Society of Cancer Oncology, 31 maggio-4 giugno). 

Prima di inoltrarci nell’anticipazione dello studio è importante ricordare che il rischio assoluto osservato per il tumore ovarico resta comunque molto basso, e che i farmaci utilizzati 30 anni fa negli Usa per la Tos erano molto diversi dalle formulazioni e dai dosaggi impiegati oggi.

 

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Le premesse

Questa ricerca nasceva per tentare di fare chiarezza tra dati fino a quel momento contraddittori. Diversi studi osservazionali avevano infatti cercato prima di allora di analizzare un eventuale impatto della combinazione di estrogeni e progestinici sui tumori ovarici e dell’endometrio, senza portare a una conclusione univoca. Inoltre, non era stato mai indagato l’effetto dei soli estrogeni. 

Lo studio

Tra il 1993 e il 1998, quindi, i ricercatori del Lundquist Institute di Torrance (in California)  avevano arruolato oltre 27 mila donne dai 50 ai 79 anni all’interno della Women’s Health Initiative (WHI)*: erano tutte in menopausa e non avevano mai avuto tumori. Di queste donne, 10.739 avevano però subìto un intervento per la rimozione dell’utero (isterectomia). Sulla base dello standard di cura dell’epoca, queste donne erano state randomizzate (cioè assegnate in modo casuale) a ricevere o la terapia estrogenica (5.310) o un placebo (5.429). Allo stesso modo, le restanti 16.608 donne erano state divise casualmente in due gruppi: la metà circa (8.506) aveva ricevuto la terapia sostitutiva a base di estrogeni e progesterone (CEE e MPA) e la restante metà (8.102) un placebo. 

Il disegno dello studio prevedeva l’assunzione dei rispettivi trattamenti per 8 anni e mezzo, ma la sperimentazione si è interrotta prima: i dati, infatti, avevano rivelato un aumento del rischio di ictus per la sola CEE e di tumore al seno per la combinazione CEE e MPA. L’osservazione (follow up) di quella popolazione è però continuata e oggi, a 20 anni di distanza, i dati mostrano altre interessanti correlazioni. 

I nuovi risultati

In particolare, le donne che avevano effettuato l’isterectomia e assunto la terapia estrogenica da sola (CEE) sembrano avere un rischio doppio di sviluppare il tumore ovarico – e triplo di morire di questa malattia – rispetto a chi aveva assunto placebo. Tale aumento sembra cominciare a 12 anni dall’assunzione della terapia e mantenersi nel tempo. La correlazione non emerge per le donne trattate con CEE e MPA, che invece sembrano avere un rischio inferiore del 28% di sviluppare il cancro dell’endometrio rispetto a chi ha assunto placebo.

Come interpretarli

“I dati non rappresentano una novità assoluta – commenta a Salute Seno Domenica Lorusso, ginecologa oncologa, docente di Ostetricia e Ginecologia alla Humanitas University (Rozzano) – L’ovaio è una ghiandola ormono-sensibile e c’è quindi una plausibilità biologica per cui gli estrogeni possono aumentare alcuni tipi di tumore ovarico. Per esempio sappiamo che sono sensibili agli estrogeni i tumori ovarici di basso grado, tanto che gli inibitori degli estrogeni rientrano nella strategia di cura. Sarà interessante, quando lo studio verrà presentato con tutti i dettagli, andare a vedere effettivamente se è aumentata l’incidenza solo di alcuni tipi di tumore ovarico o di tutti”. 

Ci sono poi altre due considerazioni da fare, aggiunge Lorusso: “Noi sappiamo già da studi epidemiologici che la pillola anticoncezionale estro-progestinica, se assunta per alcuni anni, può persino dimezzare il rischio di tumore ovarico nelle giovani, e abbiamo sempre pensato che la spiegazione stesse nel fatto che agisce bloccando l’ovulazione. Alla luce di questi nuovi dati sulle donne in post-menopausa, però, viene da pensare che ci possa essere anche un altro meccanismo protettivo, che potrebbe coinvolgere i recettori per gli estrogeni. Infine, anche per quanto riguarda l’endometrio sapevamo che una terapia estrogenica da sola aumenta il rischio di tumore, a meno che non sia ben compensata dai progestinici. Ma qui la combinazione estro-progestinica è stata persino correlata a una riduzione del rischio non di poco conto. Un’ipotesi da verificare è che possa limitare i picchi di estrogeni che si verificano anche in post-menopausa”. 

“E’ un’ottima notizia la conferma che la Tos con estrogeni e progestinici riduca il rischio di tumore dell’endometrio a distanza di così tanti anni, e che non aumenti il rischio di un tumore molto più’ raro ma assai pericoloso come quello dell’ovaio – sottolinea Rossella Nappi, ordinaria di Clinica Ostetrica e Ginecologica dell’Università di Pavia – Anche il dato sugli estrogeni assunti da soli è importante e deve guidare la buona pratica clinica di sorvegliare maggiormente chi ne ha fatto uso. Va però ricordato che questo gruppo ha dimostrato anche una significativa riduzione di tumore della mammella in una precedente analisi: un dato molto rilevante perché si tratta di un tumore 10 volte più frequente di quello dell’ovaio e fortunatamente più sensibile alla prevenzione e alle terapie. Infine va considerato che gli stessi fattori che hanno portato alla rimozione dell’utero potrebbero giocare un ruolo a distanza di anni sul rischio di tumore dell’ovaio, interagendo con la Tos estrogenica. In ogni caso questo tipo di terapie sono oggi davvero superate dall’uso di ormoni a più basso dosaggio e molto più simili a quelli che produce il nostro corpo”. 

Le conclusioni

A chi si chiede quale valore possano avere questi dati oggi, Rowan Chlebowski, autore dello studio, obietta che “non sappiamo quale sia la penetrazione delle nuove formulazioni nella popolazione. Per noi è impossibile capire come sia avvenuto il cambiamento dalle vecchie alle nuove terapie negli scorsi 10 anni e non c’è uno studio simile sulle nuove formulazioni”. Abbiamo bisogno di nuovi trial, conferma Eleonora Teplinsky, del Valley Mount Sinai Comprehensive Cancer Care (New Jersey), che però sottolinea ancora una volta come il rischio assoluto rimanga estremamente basso in entrambi i gruppi della sperimentazione: “Questi nuovi dati – conclude – possono integrare il counseling e l’informazione per le donne, ma non necessariamente devono avere un impatto sulla decisione di assumere o meno la terapia ormonale sostitutiva per alleviare i sintomi della menopausa”. 



www.repubblica.it 2024-05-24 07:56:03

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