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Tumori, aumentano le speranze di guarigione. Italia al top per donne vive dopo la dia…

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Questione di prospettiva. Un tempo per fotografare la situazione dei tumori si contava il numero dei pazienti che non ce l’avevano fatta, oggi – grazie ai progressi scientifici che corrono sempre più veloci – ci si lascia stupire dal numero di pazienti guariti dal tumore. Accade anche in questa edizione dell’attesissimo Congresso mondiale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) in corso a Chicago fino al 4 giugno e dedicato proprio ai progressi della cura del cancro (‘The Art and Science of Cancer Care: From Comfort to Cure’). Qui gli italiani portano alta la bandiera del paese con il più alto numero di donne vive dopo la diagnosi. Ma i dati sono positivi anche nel resto d’Europa e negli Stati Uniti, anche se resta ancora molto da fare.

I dati che fanno sperare 

In Europa, dal 1988 a oggi, i progressi contro il cancro hanno salvato più di 6 milioni di vite (6.183.000). Negli Stati Uniti, in 30 anni (1991-2021), la mortalità oncologica è diminuita del 33% e sono stati oltre 4 milioni i decessi per tumore evitati. In aumento anche la prevalenza, cioè il numero di persone che vivono dopo la diagnosi di cancro. In Europa sono 23,7 milioni di cittadini (12,8 milioni donne e 10,9 milioni uomini), con un aumento del 41% in 10 anni (2010-2020). E il nostro Paese fa registrare nel Vecchio Continente il più alto numero di donne vive dopo la diagnosi in rapporto alla popolazione (6.338 casi per 100mila abitanti, pari a circa 1.939.000 cittadine).

Il mix che salva vite

A cosa si devono questi risultati? “Alla combinazione di più fattori: riduzione del fumo di sigaretta e maggiore attenzione agli stili di vita sani, più diagnosi precoci grazie agli screening, terapie sempre più efficaci e multidisciplinarietà”, risponde Francesco Perrone, presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom), nella conferenza stampa ufficiale della società scientifica. “È la dimostrazione dell’eccellente livello del nostro sistema sanitario, che garantisce a tutti le terapie migliori. La prevalenza include persone in terapia, coloro che sono sotto sorveglianza per la prevenzione di eventuali recidive e i guariti, che non necessitano di ulteriori cure o controlli. Il dato italiano è rilevante, a cui vanno aggiunte le oltre 268mila vita salvate nel nostro Paese fra il 2007 e il 2019”.

Tempi d’attesa troppo lunghi

Guai a pensare, però, che vada tutto bene. Le criticità sono ancora tante, a partire dai tempi d’attesa. “Devono essere affrontati alcuni aspetti organizzativi – continua il presidente Perrone -, a partire dai tempi troppo lunghi per l’accesso all’innovazione. In Italia, i cittadini colpiti dal cancro attendono ancora 14 mesi per poter essere trattati con terapie innovative già approvate a livello europeo. Siamo pronti a collaborare con l’Agenzia Italiana del Farmaco per definire nuovi modelli per l’accesso precoce, subito dopo l’approvazione europea, a terapie davvero innovative in termini di miglioramento della sopravvivenza e della qualità di vita. Sono quei trattamenti che l’Fda, l’ente regolatorio americano, definisce ‘breakthrough’ e che rappresentano un importante valore aggiunto rispetto alle alternative terapeutiche disponibili”.

Mettere il turbo alla burocrazia

In Italia diverse disposizioni regolano l’accesso precoce a farmaci già approvati dall’ente regolatorio europeo, prima del rimborso a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Eppure, i tempi per l’accesso alle nuove terapie sono ancora lunghi. Come mai? “Le disposizioni già esistenti – risponde Massimo Di Maio, presidente eletto Aiom – vanno integrate con norme che consentano di rendere disponibili le terapie innovative in termini molti più brevi rispetto agli attuali, al massimo entro tre mesi dall’approvazione europea. L’accesso immediato alle cure deve rientrare in una strategia unitaria contro il cancro che includa la diminuzione dell’incidenza e della mortalità, il miglioramento della qualità di vita dei pazienti e l’istituzione delle reti oncologiche regionali”.

Il sottoutilizzo della biopsia liquida

Ma l’accesso alle nuove terapie non è l’unica criticità perché l’innovazione investe anche la diagnostica. Basti pensare alla biopsia liquida: “E’ un test sul sangue che permette di analizzare alcune caratteristiche delle cellule tumorali, ad esempio la presenza di mutazioni nel loro Dna”, ricorda Massimo Di Maio che aggiunge: “Ad oggi, gli utilizzi della biopsia liquida, validati in pratica clinica, sono ancora limitati. Il primo impiego ha riguardato il tumore del polmone non a piccole cellule in stadio avanzato, per la valutazione dello stato mutazionale del gene Egfr, quindi come fattore predittivo di risposta alle terapie mirate, ma è prevedibile un aumento nel prossimo futuro. Le applicazioni cliniche emergenti di questa procedura riguardano soprattutto i tumori del colon-retto, della mammella, della prostata e il melanoma nella forma avanzata”.

Rinforzare i programmi di screening

In un contesto così prestigioso come l’Asco non si non citare la prevenzione che in tutto il mondo rappresenta un pilastro fondamentale della buona salute. E l’Italia su questo deve rimboccarsi le maniche. “Come evidenziato da uno studio pubblicato su ‘Annals of Oncology’ – afferma Saverio Cinieri, presidente di Fondazione Aiom – nel 2024 il tasso di mortalità per il carcinoma al colon-retto tra i giovani (25-49 anni) in Italia aumenterà dell’1,5% tra gli uomini e del 2,6% tra le donne rispetto al periodo 2015-2019. Invece nella fascia d’età compresa fra 50 e 69 anni, inclusa nell’attuale programma di screening colorettale, nel 2024 è prevista una diminuzione dei decessi del 15% negli uomini e del 16% nelle donne. L’anticipazione dell’età dello screening per questa neoplasia, quindi non più a partire dai 50 anni ma dai 45, consentirebbe di salvare più vite”.

L’aumento dei casi di tumore del colon-retto

Anche negli Stati Uniti il tumore del colon-retto sta diventando sempre più diffuso negli under 50, alla fine degli anni Novanta era la quarta causa di morte per cancro sia negli uomini sia nelle donne più giovani, oggi è la prima negli uomini e la seconda nelle donne. “Le nuove raccomandazioni della U.S. Preventive Services Task Force (USPSTF), infatti, hanno abbassato l’età iniziale dello screening per cancro colorettale a 45 anni – sottolinea Saverio Cinieri. Questo programma di prevenzione secondaria è in grado di individuare, oltre alla presenza di un tumore in persone asintomatiche, anche adenomi, cioè polipi, potenzialmente in grado di trasformarsi in cancro”.

La sostenibilità del sistema sanitario

Se la mortalità oncologica complessiva continua a calare, l’incidenza aumenta a livello globale e nei singoli Paesi. Nel mondo, nel 2022, sono stati 20 milioni i nuovi casi di cancro. In Italia, nel 2023, sono state stimate 395.000 nuove diagnosi, con un incremento, in tre anni, di 18.400 casi. Nel 2024, negli Stati Uniti, si prevede che supereranno per la prima volta i due milioni. “L’aumento del carico di malattia mette a rischio la sostenibilità dei sistemi sanitari, perché comporta un aumento della spesa per gli alti costi delle terapie innovative – conclude il Presidente Perrone -. È urgente rafforzare i programmi di prevenzione primaria e secondaria per ridurre il numero di malati, migliorare le possibilità di guarigione e offrire una buona qualità di vita, come evidenziato dallo ‘European’s Beating Cancer Plan’, cioè il Piano Oncologico Europeo”.



www.repubblica.it 2024-06-01 11:08:04

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