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Salute, le donne vivono più a lungo ma in condizioni peggiori

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Nell’episodio 11 del podcast “Genitori”, curato da Francesca Barra per storielibere.fm, la filosofa specializzata in Salute Mentale del Neonato Cecilia Antolini afferma: «Forse il punto è smettere di dire che quando non stai bene ‘è normale’. Questo lo insegniamo alle nostre figlie fin dalla prima mestruazione. Hai mal di testa? È normale. Hai mal di pancia? È normale. No! Non c’è niente di normale nello stare molto male. È normale passare delle sfide, è normale in quelle sfide cercare aiuto, ma non possiamo pretendere che le donne imparino a chiedere aiuto quando per tutta la vita hanno imparato che quell’aiuto non andava chiesto».

L’idea del sacrificio e della sopportazione di ogni dolore, è un po’ insita nelle donne da generazioni, per un fattore puramente culturale e non biologico. Tanto più accentuata ed evidente quando sulla donna vi è anche una responsabilità di cura. Prendiamo il caso delle caregiver familiari, quelle che l’Istituto Superiore di Sanità definisce come «persone che assistono e si prendono cura, in maniera continuativa e gratuita, di un loro familiare non autosufficiente o con patologie croniche invalidanti». Quasi tre milioni di persone, in larga parte donne e soprattutto mamme. La burocrazia e il carico del lavoro di cura che grava su di loro, oltre a limitare fortemente l’accesso al lavoro, le costringe molto spesso a trascurare non solo la propria vita sociale, ma anche la propria salute.

«Mancano dati disaggregati che permettano di scavare nelle condizioni sanitarie delle madri una volta allontanate dalla fase perinatale» scrivono Monica D’Ascenzo e Manuela Perrone in “Mamme d’Italia”, ed. Sole24Ore. «Non possiamo sapere esattamente come stanno, se si ammalano di più e di cosa rispetto alle donne senza figli. Sappiamo che spesso sembrano avere energie fisiche inesauribili, ma diversi studi hanno sottolineato quanto incidano i diversi fattori di stress e, in definitiva, il peso della cura degli altri. Prendersi cura di sè, quando il mito della maternità è così forte, sembra scomparire dalle priorità».

Il difficile accesso alle cure mediche

A tutte le interpretazioni culturali del mancato accesso alle cure per le donne, si aggiunge anche il dato allarmante dell’ultimo rapporto Censis “Ospedali e salute”, promosso da Aiop, l’Associazione Italiana delle aziende sanitarie ospedaliere e territoriali e delle aziende socio-sanitarie residenziali e territoriali di diritto privato. Dal rapporto emerge la fragilità di un sistema incapace di contenere i tempi per la prenotazione delle prestazioni. Per il 53,5% degli italiani l’attesa è eccessivamente lunga rispetto all’urgenza della propria condizione clinica, mentre il 37,4% segnala la presenza di liste bloccate o chiuse, nonostante siano formalmente vietate.

Sempre più spesso gli e le utenti si rivolgono alla sanità a pagamento per poter contare su prestazioni più rapide: parliamo del 34,4% dei redditi più bassi, il 40,2%di quelli medio-bassi, il 43,6% dei medio-alti si rivolge alla sanità a pagamento. Ma di fatto, poi una fetta della popolazione finisce spesso per procrastinare o rinunciare alle cure. Se nella regione Lombardia una visita oculistica prevede circa 11 mesi di attesa, una madre senza aiuti deve augurarsi che proprio quel giorno al figlio o alla figlia non capiti una febbre o qualche altro malanno. Di certo a pagare le spese di un sistema inefficiente sono sempre le categorie più deboli ed esposte: per censo, per genere, per carico di cura.



www.ilsole24ore.com 2024-05-12 07:38:56

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