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Liste d’attesa: perché il decreto è un regalo a chi fa business

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Provate a mettervi nei panni di un medico che lavora in un ospedale pubblico. Tante ore di lavoro estenuante e gravido di responsabilità, uno stipendio di certo più basso di quello di molti colleghi europei, un servizio sanitario così importante che ti viene da piangere ogni volta che qualcuno, come fa il governo Meloni, lo depaupera e smantella. Beh, questo medico oggi legge del decreto Schillaci sulle liste d’attesa, e scopre che non c’è un euro per il suo lodevole impegno pubblico, ma che se fa attività privata (o dentro il suo ospedale o in una casa di cura qualunque) può guadagnare di più.

La prima cosa che molti penseranno sarà: beh io vado a guadagnare due soldi in più, e pazienza per il glorioso e solidale servizio pubblico. Magari gli dispiacerà per gli italiani che non possono pagare e che quindi non potranno curarsi, ma tant’è.

Un regalino ai privati, una spallata alle Asl

Già, perché di questo decreto elettorale una cosa si è ben capita: è un regalino a chi se ne frega del servizio pubblico. L’unico punto davvero importante del decreto è infatti l’aumento della quota che le regioni possono versare ai privati, quota già aumentata al 2% del Fondo sanitario nazionale nel 2024 e che – con un disegno di legge che chissà mai se e quando verrà approvato – salirà ancora nel biennio successivo al 4%. Con un’ulteriore beffa: gli ospedali non potranno più di tanto spingere sull’acceleratore delle visite a pagamento al loro interno che, dice il ministro, non potranno superare quelle offerte gratuitamente. Invece, i denari sono destinati in primis alle strutture private accreditate che hanno un pronto soccorso.

Badate bene al disegno complessivo del governo: quei pochi soldi che ci sono vanno a rafforzare gli ospedaloni privati che, spicciolo dopo spicciolo (soldi nostri) crescono fino a fare vera concorrenza ai grandi ospedali pubblici che, taglio dopo taglio, vanno in malora.

Quindi, gli ospedali pubblici restano a bocca asciutta ma i medici che decidono di fare le stesse ore di attività privata dentro il loro ospedale guadagnano di più: per l’esattezza il 20% in più all’ora con tanto di tassazione separata con un’aliquota fissa al 15%.

La rete informatica che non c’è

Il decreto Schillaci riserva poi un paio di altre fumate negli occhi, a partire dal pomposo incarico dato ad Agenas di coordinare tutto grazie a una piattaforma digitale di cui verrà dotata e capace di dialogare con tutte, ma proprio tutte, le strutture sanitarie che erogano le prestazioni. Ma qualcuno ha informato il ministro che le Asl, gli ospedali, i laboratori non dialogano per niente semplicemente perché usano sistemi diversi ,e che da anni si cerca inutilmente di metterle in rete? Forse sì, forse qualcuno lo ha informato, ma a latere, giacché Schillaci chiarisce nel decreto che poi nei prossimi mesi, passate le elezioni, scriverà le linee guida perché tutti possano comunicare dati a tutti.  Grazie, anche, e come poteva mancare?, all’intelligenza artificiale cui è dedicato un articolo, inutile.

 



www.repubblica.it 2024-06-05 13:52:33

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