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Aviaria, i vaccini restano la strategia migliore per prepararsi a una eventuale pande…

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L’influenza aviaria ha già provocato l’infezione e la morte di migliaia di animali in tutto il mondo, non solo uccelli ma anche mammiferi. È approdata anche negli allevamenti di bovini negli Stati Uniti e il virus è stato ritrovato nella carne e nel latte crudo. E sì, ci sono stati anche casi umani: si definiscono sporadici e si tratta in genere di persone che lavoravano a stretto contatto con gli animali, dai quali hanno contratto il virus senza però trasmetterlo ad altre persone. Il rischio attuale per gli esseri umani rimane basso, dicono dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Ma dopo il decesso di un uomo (che soffriva anche di altre malattie, ma che non sembra essere stato in contatto stretto con animali potenzialmente infetti) in Messico, non è possibile continuare a ignorare gli avvertimenti. La domanda da farsi è: siamo pronti a una eventuale nuova pandemia? Una (parziale) risposta arriva dai ricercatori dell’Università della Georgia (Usa), che hanno provato a fare il punto sui vaccini in sviluppo contro i virus H5N1, H7N9 e H9N2. Perché – sostengono – nonostante la diversa efficacia tra i ceppi, la vaccinazione rimane la strategia più efficace per la prevenzione e il controllo dell’influenza negli esseri umani.

I ricercatori hanno analizzato la letteratura scientifica esistente sui vaccini contro diversi ceppi di virus dell’influenza aviaria, in sviluppo su diverse piattaforme. Hanno preso in considerazione i dati dei test sugli animali e anche quelli dei trial clinici. Da quanto emerge dall’indagine, i vaccini a virus inattivati (cioè quelli ottenuti modificando particelle virali perché non siano più in grado di instaurare un’infezione, ma mantengano antigeni che stimolano il sistema immunitario) sono l’opzione più sicura ed economica per prevenire e controllare la diffusione dell’influenza aviaria nell’essere umano. Tuttavia, i vaccini a virus vivo attenuato (ossia quelli che sfruttano virus indeboliti perché simulino una prima infezione, senza dare comunque esito alla malattia vera e propria) sembrano promuovere una risposta immunitaria più complessa e ampia: non solo attivano la produzione di anticorpi (risposta umorale), ma anche quella delle mucose e la risposta cellulare. Per questo, anche se serviranno ulteriori ricerche, i vaccini a virus vivi attenuati sembrano conferire una protezione maggiore, sia per applicazioni umane che zootecniche.

Dall’analisi non sono stati esclusi vaccini in sviluppo con piattaforme tecnologiche più recenti, in particolare quelli con particelle virus-like (l’agente immunizzante sono particelle sintetiche, gusci composti da proteine esterne del virus ma privi di materiale genetico) e quelli a mRna. In entrambi i casi, scrivono gli autori della revisione sistematica, i prodotti danno risultati promettenti nei test sugli animali (topi e furetti), ma i dati dalle sperimentazioni umane sono ancora limitati. “Esplorare e utilizzare una vasta gamma di piattaforme vaccinali – concludono gli autori nell’articolo pubblicato su Human Vaccines & Immunotherapeutics – è fondamentale per migliorare la preparazione alla pandemia e mitigare la minaccia dei virus dell’influenza aviaria”.



www.repubblica.it 2024-06-07 12:37:04

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