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Ebola, il primo programma di vaccinazione per le popolazioni ad alto rischio

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Quattro importanti programmi di vaccinazione promossi dalla no profit Gavi – Vaccine Alliance, che erano stati messi in stand-by negli anni scorsi, sono ora attivi. I Paesi a basso reddito potranno presentare domanda per l’introduzione del vaccino contro Ebola, del vaccino umano contro la rabbia per la profilassi post-esposizione, di quello multivalente contro la meningite e di quello contro l’epatite B (dose alla nascita). Si tratta di un passo importante – storico nel caso di Ebola – per garantire a questi stati l’accesso rapido a vaccini ad alto impatto.

Ebola, svolta storica

Malgrado il consiglio di Gavi l’avesse già da tempo approvato il vaccino contro Ebola, mancavano delle raccomandazioni politiche appropriate. Adesso, con la decisione favorevole del Gruppo consultivo strategico di esperti sull’immunizzazione (SAGE) presa il mese scorso e con la raccomandazione dell’Organizzazione mondiale della sanità, il programma è stato lanciato ufficialmente: la somministrazione a scopo preventivo dei due vaccini contro Ebola è autorizzata nella popolazione ad alto rischio di esposizione, cioè per gli operatori sanitari e in caso di focolai epidemici. La decisione e l’avvio del programma rappresentano una svolta storica perché permetteranno ai professionisti sanitari in prima linea di proteggersi dal contagio prima che un’eventuale epidemia si instauri. Tutelando le loro vite (ricordiamo che Ebola ha un tasso di mortalità del 60% circa), si garantisce il funzionamento delle strutture sanitarie anche durante un’epidemia, diminuendo le probabilità che l’infezione si diffonda ulteriormente all’interno della comunità.

“La capacità di Gavi come Alleanza di proteggere la salute e salvare vite umane dipende dalla sua capacità di garantire che i vaccini siano accessibili, il più rapidamente possibile, a coloro che ne hanno più bisogno. I nuovi programmi lanciati dimostrano l’impatto di questo lavoro – ha commentato Sania Nishtar, Ceo di Gavi – Ad esempio, l’Ebola è una malattia terribile che può devastare intere comunità. In un decennio siamo stati in grado di passare dall’assenza di vaccini approvati durante un’epidemia mortale, all’avere una scorta globale che ha contribuito a ridurre i casi e i decessi”.

Il vaccino contro il meningococco diventa routine

Oltre al programma per Ebola, Gavi rende disponibile un vaccino per l’immunizzazione nei confronti dei cinque principali sierogruppi di meningococco che colpiscono l’Africa (A, C,W,Y e X), responsabili della meningite meningococcica, infezione che può causare perdita dell’udito, danni cerebrali, convulsioni, perdita degli arti o altre disabilità e anche condurre alla morte. MenFive – questo il nome del prodotto – è un vaccino coniugato multivalente, l’unico che protegge anche dal sierogruppo X, ed è già stato utilizzato in passato in risposta al meningococco sierogruppi C e W i focolai in Nigeria e Niger. Oggi, però, i Paesi che ne faranno richiesta potranno disporre delle scorte di Gavi per promuovere programmi di routine e campagne preventive, con la speranza di sconfiggere i sierotipi circolanti come già avvenuto per la meningite A.

Per la rabbia, un vaccino post-esposizione

Dopo una lunga preparazione che risale al 2018 e dopo sospensione per via dell’emergenza pandemica, Gavi è pronta a supportare anche la fornitura del vaccino per la profilassi post-esposizione contro la rabbia negli esseri umani nei Paesi dove la malattia è endemica, che sono più di 250, soprattutto tra Asia e Africa. Si tratta di un vaccino fondamentale, che può evitare moltissimi decessi (oggi se ne registrano decine di migliaia all’anno, in particolare tra i bambini tra i 5 e i 14 anni). Una volta che si sviluppano i sintomi, la rabbia ha un tasso di mortalità del 100% e in molti Paesi l’accesso alle immunoglobuline è quantomeno improbabile.

Una dose alla nascita contro l’epatite B

Sebbene i Paesi sostenuti da Gavi forniscano già la vaccinazione di routine contro l’epatite B attraverso i vaccini pentavalenti ed esavalenti, sempre più evidenze scientifiche dimostrano che somministrare una dose alla nascita aumenta la protezione in modo decisivo. Secondo le stime dell’Oms, l’epatite B nel mondo fa ancora quasi 900 mila morti, e i neonati sono molto vulnerabili: molti vengono contagiati già in utero o durante il parto se la madre è infetta; 9 su 10 infetti svilupperanno l’epatite B cronica, che in un quarto dei casi evolve in una malattia epatica grave.



www.repubblica.it 2024-06-17 10:22:11

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