Coronavirus, contagi: dai bar ai ristoranti alle palestre, i luoghi in cui si corrono…



I rischi della vita in comunità

Negli stessi giorni è poi uscito, sul New England Journal of Medicine, un altro studio illuminante su quanto la vita in comunità rappresenti sempre un rischio. Osservatorio del tutto particolare è stato un campus per reclute dei marines, dove oltre 2.000 ragazzi sono stati sottoposti a tre tamponi (il primo nel giorno successivo all’arrivo, il secondo una settimana dopo e il terzo due settimane dopo) e a una quarantena nella quale erano stati invitati a mantenere il distanziamento in ogni attività, a usare le mascherine, a misurare la temperatura e a lavarsi spesso le mani.

All’arrivo erano stati scoperti 16 positivi asintomatici, pari allo 0,9% del totale, ma dopo due settimane i positivi erano diventati 35, pari all’1,9%. Ci sono stati sei focolai, soprattutto associati al fatto di dormire insieme (anche se i ragazzi sono stati suddivisi in stanze a due) e, in secondo luogo, all’appartenenza allo stesso plotone.

La trasmissione è quindi sempre in agguato, anche tra i giovani, e anche quando viene posta attenzione. Del resto, i ricercatori della Tufts University hanno controllato 33 superfici in luoghi pubblici quali bancomat, maniglie, cestini della spazzatura, banconi di uffici postali, e trovato Rna di Sars-CoV2 nell’8% dei campioni: il virus è quindi diffuso anche nell’ambiente. Hanno poi notato – si legge su MedRXiv – che quando le concentrazioni erano più alte, nella comunità che abitava nelle vicinanze emergevano dei cluster, probabilmente perché qualcuno aveva incautamente toccato una superficie contaminata e si era infettato, trasportando l’infezione tra i suoi contatti.

Segnali positivi dalla scuola

Un altro tipo di comunità è poi naturalmente quella scolastica dalla quale, però, giungono segnali abbastanza positivi. Secondo un articolo pubblicato su Nature, nel quale si fa il punto sulla situazione in aree molto diverse, dall’Australia agli Stati Uniti, nelle settimane della riapertura (in settembre), da nessun Paese sono giunti segnali negativi, anzi. Soprattutto quando, come in Italia (espressamente citata, con le sue 65.000 scuole), sono state prese opportune precauzioni, i focolai estesi sono stati una rarità, e i tassi di contagi tra docenti e ragazzi non sono risultati essere molto diversi da quelli della popolazione generale.

Esistono poi esempi virtuosi, da imitare, come quello del grande campus dell’Università dell’Illinois di Urbana-Campaign, dove è stato impostato un programma di test a tappeto, da mantenere fino a quando la pandemia non sarà passata. Fino dalla riapertura tutti, studenti, docenti e personale, si sono dovuti e si devono sottoporre a un test rapido salivare 2-3 volte alla settimana, per un totale di circa 10.000 test al giorno.



www.ilsole24ore.com 2020-11-19 06:00:49

allebarcontagiCoronaviruscorronocuidailuoghipalestreristoranti