Le sfide elettorali fanno male al cuore


Ricordate le presidenziali Usa della penultima tornata con la sfida tra Hillary Clinton e Donald Trump? Per mesi si è assistito a colpi di scena, previsioni rovesciate, inseguimento di notizie sui social, polemiche furiose, sondaggi discordanti, faccia a faccia. Se da questa parte dell’Oceano abbiamo seguito con grande attenzione quanto avveniva, negli States la partecipazione emotiva dei cittadini alle scaramucce verbali e alle vittorie/sconfitte, come in una partita di calcio, potrebbe aver rappresentato uno stimolo fortemente “stressante” per il cuore. Lo dicono le osservazioni sui portatori di dispositivi impiantabili per registrare e contrastare eventuali aritmie. Il risultato di tutti questi sconvolgimenti emotivi e delle prese di posizione dei “supporter”, con conseguenti scariche di ormoni dello stress (a potenziale impatto su un’eventuale ipertensione presente), potrebbe anche aver influito sulla regolarità dei battiti, aprendo la strada a fenomeni aritmici o peggiorando la situazione in chi già soffriva di aritmia. A mettere nero su bianco questa associazione, pur senza identificare un preciso rapporto causa-effetto, è una ricerca coordinata da Lindsey A. Rosman, della divisione di cardiologia presso l’Università della Carolina del Nord a Chapel Hill, apparsa su Journal of the American  Heart Association.

Gli esperti americani hanno preso in esame tutte le registrazioni del ritmo cardiaco in quasi 2500 persone della Carolina del Nord, di età media intorno ai 70 anni, che avevano defibrillatori o pacemaker con invio di segnali a distanza. Il “campo” di osservazione è stata l’intera Carolina del Nord, uno stato importante per il modello di voto americano, in cui si è concentrata la campagna presidenziale dei due schieramenti. Quindi sono state esaminate le informazioni derivanti dai “device” per sei settimane (da 15 giorni prima a un mese dopo le elezioni) nel 2016, mettendo a confronto quanto osservato con uno stesso periodo tra giugno e luglio dello stesso anno. Nel primo periodo di controllo si sono osservati 1533 eventi aritmici, contro i 2592 registrati a cavallo delle presidenziali. L’incremento del rischio di incidenza totale di aritmie sia in senso di rallentamento della frequenza (bradicardia), che di aumentata velocità dei battiti (tachicardia) è stato del 77%. Ancor più alta è stata la percentuale di incremento di aritmie degli atri, le camere superiori del cuore dove si sviluppa il disturbo del ritmo più comune, la fibrillazione atriale: siamo arrivati all’82%. Per quanto riguarda le aritmie che interessano i ventricoli, potenzialmente correlabili in alcuni casi con arresto cardiaco, la crescita del rischio è stata del 60%. Il tutto, va detto, senza che esistessero particolari associazioni legate a sesso, età, etnie, dispositivo cardiaco impiantato. A detta degli esperti, va detto, non ci sarebbe un particolare rischio correlato alla posizione politica delle persone osservate, come a dire che non conta se il partito (in questo caso il candidato) ha vinto o ha perso.

Nello studio sono stati infatti correlati i dati sanitari con le informazioni pubbliche derivanti dal Consiglio elettorale dello Stato, per valutare se esistesse un rapporto tra tendenza politica, vittoria/sconfitta del candidato e appunto fenomeni aritmici. Il risultato è stato fin troppo chiaro: non si è osservata una maggiore incidenza di aritmia tra gli individui che hanno votato per il candidato perdente. In pratica, quindi, sarebbe la partecipazione emotiva e la tendenza a seguire con ansia le notizie dopo giorno, più dello stesso risultato,  a indurre una situazione di stress emotivo tale da rappresentare una “molla” per mettere in subbuglio i normali ritmi cardiaci.



www.repubblica.it 2021-05-26 08:29:03

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