Integratori per maschi e femmine: sono davvero utili?


PER alleviare l’ansia e lo stress, per riprendersi dalla stanchezza, per dormire meglio o per rafforzare le proprie difese immunitarie… Sugli scaffali di farmacie e supermercati c’è sempre una boccetta colorata ricca di promesse. Con oltre tre miliardi di euro ogni anno quello degli integratori alimentari, dicono le ultime analisi, è insomma un mercato vivo, complessivamente stabile, che grazie alla pandemia e al carico di preoccupazioni per la salute ha segnato nel 2020 anche un leggero incremento in valore sull’anno precedente, con acquisti fatti per forza di cose prevalentemente online.

Chi consumava integratori anche prima della pandemia – mostra per esempio una indagine commissionata da Integratori Italia, l’associazione italiana di categoria aderente a Confindustria – ha mostrato nei mesi più difficili del Covid una maggiore consapevolezza e attenzione alla propria salute, con un aumento della regolarità di assunzione dei micronutrienti, e con l’estensione agli altri membri della famiglia di questo comportamento.

Oggi poi le confezioni sono sapientemente personalizzate, per genere ed età, così da accontentare le diverse categorie: anziani in cerca di un aiutino per la memoria, donne in gravidanza preoccupate dalla salute del nascituro, adulti un po’ avanti con gli anni che vogliono sentirsi ancora sessualmente attivi.

Eppure, dice ora un’analisi pubblicata sull’Italian Journal of Gender-Specific Medicine, di integratori genere-specifici non avremmo davvero bisogno. Perché in fin dei conti, alle nostre latitudini e con il nostro tenore di vita, basterebbe una dieta bilanciata per fornire al nostro organismo tutto ciò che è necessario per vivere in salute.

“Gli integratori sono utilissimi se il medico curante intravede un deficit specifico di micronutrienti, uno squilibrio da ripristinare – spiega per esempio Roberta Masella, che dirige l’Unità di prevenzione e salute di genere del Centro di medicina di genere dell’Istituto Superiore di Sanità, autrice dell’articolo insieme alla collega Annalisa Silenzi – tuttavia spesso si ricorre all’integrazione su autoprescrizione e senza un valido motivo”.

Certo, in alcuni periodi della vita le differenze di genere nella supplementazione sono evidenti. L’acido folico, o vitamina B9, serve per esempio alle donne in età fertile e che vogliano concepire, per ridurre il rischio di malformazioni nel feto. Alle giovani può essere indicato il ferro, per ripristinare le perdite di questo elemento con le mestruazioni (circa il 25 per cento delle ragazze europee mostra una leggera carenza a causa del ciclo).

Negli uomini, una supplementazione a base di zinco può contribuire alla salute della prostata. Ma il calcio è invece importante sia per i maschi che per le femmine di una certa età, per compensare la demineralizzazione delle ossa, così come, in alcuni casi specifici di carenza, lo iodio o la vitamina D. Il punto è che il marketing propone e impone i multivitaminici, preparati a base di più micronutrienti, aggiunge Masella, mentre sarebbe più opportuno selezionare solo quelli di cui si ha davvero necessità, e solo dopo che il medico abbia stabilito anche le concentrazioni opportune.

“In generale – sottolinea Masella – ci sono differenze nell’alimentazione tra uomini e donne, anche a causa delle differenze di metabolismo: gli uomini mangiano di più perché bruciano di più, le donne accumulano il grasso in eccesso in aree diverse del corpo. Ma la percentuale di diversi nutrienti necessari al buon funzionamento dell’organismo è sostanzialmente la stessa nei due sessi. Le differenze di genere, però, tornano a contare quando si parla dei rischi dell’accumulo, in caso di un apporto eccessivo di micronutrienti”. 

“Se si superano i valori soglia di integratori a base di elementi idrosolubili, cioè che si sciolgono in acqua, questo può rappresentare un sovraccarico per i reni”, conclude Masella. “Le sostanze liposolubili, come le vitamine A o K, si sciolgono invece nel grasso e vengono immagazzinate in modo diverso nell’organismo maschile e femminile, con un rischio maggiore per quest’ultimo proprio a causa delle differenze nella disposizione del grasso corporeo, con rischio di ipervitaminosi”.



www.repubblica.it 2021-06-19 13:08:00

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