Carne rossa, un consumo elevato potrebbe causare danni al Dna


PER la prima volta un consumo elevato di carne rossa, processata e non, è stato associato a un danno al Dna in pazienti con un tumore al colon-retto. Lo studio, pubblicato su Cancer Discovery – rivista scientifica dell’American Association for Cancer Research – e condotto da Marios Giannakis, docente di medicina all’Harvard Medical School e oncologo del Dana-Farber Cancer Institute, fornisce così una possibile spiegazione a quello che molti studi epidemiologici evidenziano da tempo.

 

Il dato che mancava

Alti consumi di carne rosse e di carni lavorate come gli insaccati sono oggi considerati un fattore di rischio per questo tumore, che è tra quelli più diagnosticati nel mondo e il secondo più frequente nel nostro paese. Nel 2015, l’International Agency for Research on Cancer (IARC) inseriva la carne rossa tra gli agenti cancerogeni per gli esseri umani, sollevando però non poche polemiche: gli studi sull’argomento hanno continuato a susseguirsi, ora confermando ora mettendo in discussione la conclusione della IARC. Anche gli esperimenti in modelli animali hanno suggerito che la carne rossa possa promuovere la formazione di composti cancerogeni per il colon-retto, ma mancavano le prove di quale potesse essere il meccanismo molecolare alla base dello sviluppo del tumore. Il nuovo studio cerca di colmare, almeno in parte, questa lacuna: “Abbiamo identificato per la prima volta un insieme di mutazioni, nei tumori di colon-retto prelevati dai pazienti, che sono associate a un elevato consumo di carne rossa prima della diagnosi”, dice a Salute Giannakis: “I nostri risultati supportano un possibile ruolo cancerogeno di questo alimento nello sviluppo del tumore al colon-retto”.

Lo studio: quale carne e quanta?

La ricerca ha coinvolto 900 pazienti. “Uno dei punti di forza dello studio è la qualità delle informazioni sulla dieta che abbiamo ottenuto – sottolinea Giannakis – che sono state raccolte in modo prospettico, cioè non a posteriori e quindi senza errori dovuti a ricordi non veritieri, attraverso questionari ampiamente validati”. Il consumo mediano di carne rossa di questi pazienti prima della malattia era di 150 grammi al giorno. All’interno dei questionari le domande riguardavano il consumo di “manzo o agnello come piatto principale”, “maiale come piatto principale”, “hamburger”, “sandwich o piatti misti con manzo, maiale o agnello” per quanto riguarda le carni rosse non lavorate, e di “bacon”, “hot dog di manzo o maiale”, “panini con salame, mortadella o altri salumi” e “altra carne lavorata come salsiccia, kielbasa, ecc.” per quanto riguarda le carni lavorate.

L’associazione tra carne rossa e mutazioni

L’insieme di mutazioni identificate sono riconducibili a quello che i biologi chiamano danno per alchilazione già osservato in modelli animali, probabilmente dovuti ai composti dell’azoto e/o al ferro. “Nel nostro studio – prosegue il ricercatore – i pazienti che hanno riportato un consumo maggiore di carne rossa sono quelli che mostravano più danni al Dna di questo tipo. Queste mutazioni, inoltre, sono più presenti nei tumori della parte finale sinistra del colon, gli stessi per cui anche l’associazione epidemiologica è più forte”. Nessuna associazione è invece emersa con il consumo di pollo e pesce.

 

L’analisi mostra che il danno al Dna può interessare il gene KRAS, in particolare per due mutazioni (G12D e G13D) e il gene PIK3CA, entrambi già associati al tumore del colon-retto. Ma il condizionale continua ad essere d’obbligo anche per Giannakis, perché la concatenazione di possibili eventi causali è comunque lunga: “Formalmente noi abbiamo osservato l’associazione tra carne rossa e mutazioni da alchilazione. Poi sappiamo che tali mutazioni hanno un impatto sul gene KRAS e che la mutazione di KRAS può causare il cancro”.

 

Cancro, malattie complesse e multifattoriali

Ovviamente potrebbero esserci anche altri fattori, in aggiunta, che concorrono allo sviluppo della malattia, anche perché il consumo di carne rossa, da solo, non dà conto di tutti i danni al Dna da alchilazione osservati nella ricerca. Potrebbero anche esserci fattori genetici che aumentano o diminuiscono la quantità di danni che individui diversi accumulano per una stessa quantità di carne rossa consumata. La conclusione è quella di sempre: servono studi ulteriori per comprendere la biologia che sta dietro allo sviluppo di malattie complesse come il cancro. Però questi dati aggiungono qualcosa di nuovo al dibattito scientifico sulla prevenzione: supportano da un altro punto di vista il ruolo della carne rossa come fattore di rischio del tumore del colon-retto e indicano una direzione in cui continuare a cercare.



www.repubblica.it 2021-06-17 12:11:15

carnecausareconsumodanniDnaelevatopotrebbeRossaTiziana Moriconitumori