Cancro, regione per regione: com’è organizzato il percorso dei pazienti


DICIASSETTE regioni e province autonome su 21 hanno formalizzato la propria rete oncologica regionale (ROR). Mancano nell’elenco solo Abruzzo, Molise, Basilicata e Provincia autonoma di Trento. Come sono organizzate, cosa prevedono e quale percorso di cura prevedono per chi ha un tumore? A scattare la fotografia dello stato dell’arte è l’ultimo rapporto, definitivo e integrale, dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) sullo stato di attuazione delle reti oncologiche 2021, che analizza i dati raccolti al 31 dicembre 2020.

 

I numeri del rapporto: 8 regioni prevedono la seconda opinione gratuita

Veniamo ai dati principali: le 17 regioni/province autonome con la ROR hanno formalizzato anche l’esistenza di un organismo di governo della rete (Gruppo di coordinamento, coordinamento, consiglio) e 15 hanno individuato il Coordinatore. Dodici hanno definito i punti di accesso dei pazienti alle reti: in Toscana, ad esempio, dove la ROR è ormai consolidata, sono presenti 21 “porte di accesso”. Otto regioni, inoltre, prevedono il diritto del paziente a una seconda opinione come prestazione gratuita all’interno della rete stessa, individuando anche una figura professionale di riferimento. Solo per 11 esiste un sito web. Per quanto riguarda i Registri Tumori Regionali, solo una regione non l’ha ancora attivato.

Dal modello Hub&Spoke al PDTA

Diversi i modelli organizzativi e di gestione adottati: i più diffusi sono quello Huh & Spoke (in Valle d’Aosta, Trento e Bolzano, Veneto, Umbria, Puglia, Calabria e Sicilia) e il Comprehensive Cancer Care Network (in Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Toscana e Sardegna). Molte regioni presentano modelli misti. Sul fronte della presa in carico del paziente, tutte prevedono l’attivazione di una équipe multidisciplinare e di un percorso integrato. I PDTA (percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali definiti per ciascuna patologia), protocolli, linee guida e criteri sono ormai definiti nella maggior parte delle regioni. Solo 5 non li prevedono formalmente (a livello regionale): Friuli-Venezia Giulia, Umbria, Sardegna, Molise e Basilicata.

Dal centro alla periferia

Ancora sul fronte del territorio: percorsi assistenziali che garantiscano la continuità assistenziale per i pazienti all’interno della ROR, anche in collegamento con il medico di medicina generale e con i servizi socio-sanitari locali sono presenti in 16 regioni/Pa e 13 hanno formalizzato le modalità di integrazione operativa e informativa tra attività ospedaliere e attività territoriali socio-sanitarie. “Le reti oncologiche regionali possono essere una garanzia di uguale accesso alle cure di uguale qualità, di standard assistenziali, di appropriatezza, di razionalizzazione dei servizi, dell’integrazione dei PDTA, che sono uno strumento della rete”, aveva spiegato Giordano Beretta, presidente nazionale dell’Associazione nazionale di oncologia medica (Aiom), durante la presentazione del Rapporto sintetico, lo scorso marzo: “E’ evidente che le reti devono tener conto del contesto di ogni territorio regionale, ma devono esserci delle caratteristiche fondamentali di minima, condivise da tutti, come i centri di accesso periferici, che sono un requisito fondamentale”.

Ma manca il monitoraggio

Solo 5 regioni, però, redigono annualmente un rapporto sui risultati del monitoraggio dei PDTA sviluppati dalla rete e degli audit effettuati, e prevedono una valutazione formalizzata e periodica della continuità di cura. Appena 4 monitorano l’integrazione dei servizi e delle cure dal punto di vista dei professionisti. Nove, infine, realizzano una valutazione formalizzata e periodica a livello di rete del grado di umanizzazione delle cure e 8 dell’esperienza del paziente. “I processi di monitoraggio sono un’area critica che necessita di essere migliorata molto”, aveva spiegato Alessandro Ghirardini, coordinatore dell’Osservatorio per il monitoraggio delle Reti Oncologiche regionali, durante la presentazione della survey: “Le informazioni sono in continuo aggiornamento, e verranno sicuramente aggiornate: il senso di questa attività è indicare al sistema una direzione per il miglioramento”.

Attività di ricerca e finanziamento

Veniamo all’attività di ricerca: 10 Regioni prevedono la presenza di un comitato scientifico che abbia il compito di valutare i progetti di ricerca da sviluppare; 8 prevedono dei finanziamenti ad hoc per la ricerca; 2 dichiarano che esiste un laboratorio di ricerca specifico della rete. Ultimo, ma non per importanza, la questione del finanziamento della rete: solo 8 regioni dichiarano che la costituzione della Ror prevede modalità formalizzate di finanziamento ad hoc, di individuazione di un responsabile o di una struttura responsabile del finanziamento, di gestione di tali finanziamenti e di monitoraggio del loro utilizzo, anche con un piano economico-finanziario che assicuri la sostenibilità delle strategie di continuità operativa.

Come è stata condotta l’indagine

L’indagine di Agenas è stata condotta sulla base di una griglia di valutazione che tiene conto di 142 parametri inerenti a 4 ambiti: struttura di base delle rete, meccanismi operativi, processi sociali, risultati. Per ogni regione/Pa è stata fatta una valutazione di ciascuna di queste aree (con un punteggio espresso in percentuale) per gli anni 2019 e 2020. Inoltre, è stato elaborato un “Indice sintetico complessivo” (Isco, sempre espresso in percentuale) che indica se la “funzionalità” della rete è bassa, media o alta.

Indice per area tematica della Rete Oncologica Piemontese, 2019-2020 

 

La rete è sinonimo di protezione per i pazienti, e di relazione e collaborazione per i clinici. Un insieme di nodi ben stretti e di fibre elastiche, che possono adattarsi ai cambiamenti: modificarsi senza lasciare cadere nessuno fuori. Ma le reti non vanno solo istituite: vanno manutenute, controllate, testate, aggiustate.



www.repubblica.it 2021-06-22 13:50:00

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