Stress in gravidanza: gli effetti sul neonato


Come stanno le mamme e i neonati durante la pandemia? Lo stress sperimentato dalle donne in gravidanza può avere effetti sul loro benessere e su quello del bambino? È per rispondere a queste domande che la Fondazione Mondino Irccs di Pavia ha avviato nell’aprile 2020 un progetto multicentrico che ha coinvolto dieci neonatologie del Nord Italia.

Le fasi del progetto mirano a studiare se e in che modo lo stress possa finire “sotto pelle” e influenzare, attraverso modificazioni epigenetiche, la salute materno-infantile avendo conseguenze anche sul lungo termine.

Cosa sono le modificazioni epigenetiche? Si tratta di cambiamenti nell’attività genica: in termini tecnici si parla di metilazioni di geni per indicare un “silenziamento genico”.

Nello specifico, i ricercatori hanno considerato alcuni geni coinvolti nella regolazione dello stress e nello sviluppo socio-emozionale e hanno osservato, per esempio, che maggiore è lo stress della mamma in gravidanza, maggiore è il “silenziamento genico” nel neonato e quindi minore è la sua capacità di regolazione dello stress a 3 mesi.

L’obiettivo dello studio

L’obiettivo ultimo dello studio è indagare le traiettorie di rischio per la salute materno-infantile causate dal contesto pandemico per poter individuare strategie di prevenzione e azioni mirate.

Lo studio, coordinato da Livio Provenzi, psicologo e psicoterapeuta, ha coinvolto 10 unità neonatali di Brescia, Broni, Cremona, Lodi, Milano, Monza, Pavia, Piacenza, Vigevano e Voghera. La salute di mamma e bambino è stata valutata con misurazioni standardizzate dal momento del parto fino ai 12 mesi del bambino.

Le fasi dello studio

Il progetto prevede più fasi: in un primo momento, i ricercatori tramite questionari che le mamme compilano nei giorni successivi al parto, misurano i livelli di stress vissuti in gravidanza. In seguito, vengono raccolti e analizzati campioni salivari per stimare l’attività e i livelli di metilazione di alcuni geni legati alla risposta allo stress e al benessere socio-emozionale.

Per indagare, invece, lo sviluppo comportamentale, sociale ed emozionale del bambino, all’età di tre, sei e dodici mesi dei piccoli le madri compilano dei questionari e a dodici mesi tramite una video-registrazione in remoto della relazione madre-bambino sono valutate le competenze interattive e di regolazione dello stress del bambino.

I primi dati

Lo studio è ancora in corso, ma permette di fornire già qualche dato. In particolare, si è osservato che le donne con maggiori livelli di stress in gravidanza tra i mesi di maggio e dicembre 2020 hanno un rischio più alto di sviluppare una sintomatologia depressiva e ansiosa dopo il parto. Inoltre, i maggiori livelli di ansia registrati in queste donne sembrano ridurre il legame emozionale con il proprio bambino e aumentare lo stress legato al ruolo genitoriale. Questo sembra predire una minore capacità di regolazione comportamentale del bambino a tre mesi.

Questi primi risultati mettono in luce come, ancor prima di nascere, l’ambiente in cui la madre porta avanti la gravidanza influisca sulla vita del bambino. Sembra, infatti, che lo stress vissuto dalla mamma raggiunga in qualche modo il feto e il neonato e contribuisca a delineare il suo comportamento.

Ma ci sono meccanismi biologici per cui questo accade? I ricercatori, proprio per rispondere a questa domanda, hanno incluso nello studio analisi di tipo epigenetico che cercano di capire come le esperienze di stress possano modificare il funzionamento del DNA nella madre e nel bambino. In attesa di questi risultati, non può comunque essere sottovalutato il rischio di una sintomatologia ansiosa-depressiva delle neo-mamme che richiede di porre una maggiore attenzione al potenziamento dei servizi per garantire una cura della salute materno-infantile sia prima sia dopo il parto.



www.repubblica.it 2021-08-12 20:00:52

effettigligravidanzaneonatopediatriastresssulTina Simoniello