Mascherina, tra le cause della secchezza oculare


CHI ne ha sofferto almeno una volta, sa il fastidio che si prova. L’occhio secco è un comune disturbo causato dalla disidratazione della congiuntiva e della cornea. I sintomi vanno dal prurito al bruciore, dal fastidio alla luce alla sensazione di avere un corpo estraneo nell’occhio o della sabbia. Problemi che aumentano dopo prolungati sforzi visivi, in stanze con l’aria condizionata o il riscaldamento troppo elevato, con il vento e, in quest’ultimo anno e mezzo, anche con la mascherina.

E’ stato provato che le mascherine hanno accentuato i sintomi dell’occhio secco e portato a soffrirne anche persone che prima della pandemia non l’avevano mai sperimentato. Il nuovo fenomeno, chiamato Made – ovvero mask-associated dry eye, occhio secco associato alla mascherina –, è stato diagnosticato per la prima volta lo scorso anno, in particolar modo su chi indossa la protezione per molte ore al giorno, compresi gli operatori sanitari, e le persone con preesistenti condizioni oculari, portatori di occhiali o lenti a contatto. Ed è stato aggravato anche dal maggior tempo passato davanti a uno schermo.

Le prime osservazioni della Made sono state riportate nel giugno del 2020 dall’oftalmologo americano Darrell White, che per primo ha descritto la condizione e coniato l’acronimo. Uno studio tutto italiano condotto dalla professoressa Laura Boccardo dell’Università di Firenze, ha riscontrato che una persona su sei ha sperimentato per la prima volta l’occhio secco mentre indossava la mascherina, mentre una su quattro ha riportato un peggioramento della condizione già esistente. Un sondaggio portoghese, pubblicato a luglio, ha rilevato che l’uso di maschere ha aumentato i sintomi dell’occhio secco soprattutto in chi indossa regolarmente le lenti a contatto. La School of Optometry and Vision Science dell’University of New South Wales di Sydney ha stimato che l’utilizzo prolungato della mascherina per almeno sei ore consecutive può provocare un aumento dei sintomi, tra cui secchezza, arrossamento, lacrimazione e bruciore.

Il Centro per la ricerca e l’educazione oculare canadese ha invece creato un’infografica per aiutare le persone a ridurre i sintomi e sensibilizzare optometristi, oculisti e medici di base sull’aumento dei casi indirettamente collegati al Covid. Per aiutare tutte queste persone che si sono trovate da un giorno all’altro con questo fastidio, dare suggerimenti utili e varie opzioni di cura, l’optometrista Leigh Plowman ha creato la guida virtuale Dry Eye Directory, consultabile gratuitamente on-line ( https://dryeyedirectory.com/dry-eye-treatment/ ), che include un quiz per capire il livello del proprio problema e se conviene rivolgersi a un medico. “L’occhio secco è una malattia multifattoriale della superficie oculare caratterizzata da una perdita dell’omeostasi del film lacrimale. Le lacrime svolgono un ruolo essenziale nella protezione e nel mantenimento della salute degli occhi e ogni qualvolta che sbatti le palpebre, si diffonde su tutta la superficie oculare una pellicola protettiva di proteine ??naturali che aiutano a combattere i germi che causano infezioni”, spiega.

Il primo consiglio è utilizzare una maschera con filo nasale flessibile, ben adattabile al viso, che, oltre a proteggere maggiormente dal Covid, “evita che l’aria in eccesso fluisca verso l’alto, da sotto la maschera verso gli occhi, aumentando così la secchezza e l’evaporazione lacrimale”. Secondo il dottor Plowman “la malattia dell’occhio secco è sempre più comune e senza un trattamento adeguato potrebbe influenzare le attività quotidiane come leggere, guardare la televisione, usare il computer e il telefono cellulare, occuparsi del lavoro e guidare. Le mascherine per il viso sono fondamentali per aiutare a fermare la diffusione del coronavirus, quindi non stiamo in alcun modo sostenendo che le persone non dovrebbero usarle – precisa –, ma da quando è iniziata la pandemia, è stato subito evidente a noi optometristi un aumento dei sintomi”.

I colliri possono aiutare, certo, “ma a volte sono necessari altri trattamenti. Una cura dovrebbe essere cercata precocemente per evitare il ristringimento o l’atrofia delle ghiandole che risiedono sulla superficie degli occhi e aiutano a mantenerli umidi. Questo perché, quando accade, la malattia diventa irreversibile e di difficile gestione, arrivando persino ad avere un impatto sulla qualità della vita. Questa diagnosi può includere esami come il test di Schirmer, in cui vengono posizionate strisce di carta assorbente sulle palpebre inferiori per determinare il volume di lacrime che l’occhio produce in un certo periodo di tempo, oppure la  colorazione epiteliale, che utilizza un particolare collirio giallo che aiuta a determinare quanto velocemente si asciugano le lacrime”.

 

Anche lo stare maggior tempo davanti a uno schermo, per lo smartworking così come per la didattica a distanza, “sta portando ad un affaticamento della vista e a maggiore secchezza oculare anche nei più giovani. Davanti agli schermi digitali tendiamo a sbattere di meno le palpebre, e questo porta ad asciugare maggiormente gli occhi”.

Per chi proprio non ne può fare a meno di stare davanti a un monitor per molte ore al giorno, c’è la regola del 20-20-20: “Ogni 20 minuti bisogna deviare il proprio sguardo su qualcosa che è a 20 piedi di distanza (circa 6 metri) per almeno 20 secondi. Ma ancora meglio sarebbe alzarsi dalla sedia e allontanarsi dal computer, magari per prendere un bicchiere d’acqua o uscire all’aperto per qualche minuto. C’è anche un’app (blinkingmatters.com) che si può installare sul proprio computer che ci ricorda durante la giornata di sbattare le palpebre”. Fra gli altri consigli, il dottore raccomanda di mantenere sempre alti i livelli di idratazione, rimuovere accuratamente il trucco degli occhi come l’eyeliner e il mascara ogni sera, di indossare lenti usa e getta giornaliere, mai per troppe ore consecutive, di tenere acceso un umidificatore vicino alla propria scrivania e ridurre al minimo l’esposizione al fumo perché, sì, le sigarette danneggiano anche gli occhi.



www.repubblica.it 2021-08-13 14:04:34

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