Tumori del colon-retto, l’immunoterapia è un’arma in più



I FARMACI immunoterapici hanno rivoluzionato la cura e la prognosi di una piccola percentuale, circa il 5%, dei tumori del colon: quelli che presentano una specifica caratteristica molecolare, detta instabilità dei microsatelliti. Una caratteristica che rende il tumore “infiammato”, tanto da stimolare i linfociti T, le cellule “effettrici” della risposta immunitaria, contro il tumore, rendendolo sensibile all’immunoterapia. Il restante 95% dei pazienti, però, non è “infiammato” e quindi non risponde a questo trattamento. È possibile forzare la mano e portare questi tumori a essere sensibili all’immunoterapia? La risposta è sì. Come ha dimostrato lo studio AtezoTRIBE, presentato al Congresso europeo di oncologia medica.

 

Lo studio AtezoTRIBE

Lo studio azetoTRIBE è promosso dalla Fondazione GONO-Gruppo oncologico del nord-ovest e ha coinvolto oltre 200 pazienti con tumore del colon-retto metastatico di 22 centri di oncologia sul territorio nazionale. “Questo studio clinico si inserisce in un filone di ricerca molto attuale negli ultimi anni, focalizzato sullo sviluppo di strategie terapeutiche che siano in grado estendere il beneficio dell’immunoterapia alla maggioranza dei tumori colorettali”, spiega Chiara Cremolini, professore associato di Oncologia medica all’Università di Pisa nonché presidente della Fondazione. L’ipotesi biologica è che una combinazione di farmaci, folfoxiri e bevacizumab, ad oggi possibile trattamento standard per questa patologia, possa rendere “infiammati” tumori con stabilità dei microsatelliti, e quindi pronti a reagire all’azione di uno specifico agente immunoterapico, atezolizumab. Sulla scorta di questa premessa, il disegno dello studio prevedeva l’assegnazione casuale dei pazienti a due bracci di trattamento: da una parte il trattamento di controllo, folfoxiri e bevacizumab, e dall’altro il trattamento sperimentale, ossia i due farmaci con l’aggiunta di atezolizumab.

 

Si apre una nuova strada

Ebbene, il trio di molecole si è dimostrata capace di migliorare le aspettative di pazienti affetti da questa neoplasia a fronte di un profilo di effetti avversi facilmente gestibile e clinicamente accettabile. I risultati, che non cambieranno nell’immediato la gestione terapeutica del tumore del colon metastatico, sono un ottimo punto di partenza per proseguire lo sviluppo ulteriore di questa combinazione, con la prospettiva di allargare l’orizzonte dell’immunoterapia ad una più ampia porzione di pazienti affetti da questa neoplasia.



www.repubblica.it 2021-09-20 13:24:26

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