Diletta Trojan: le banche di tessuto italiane sono un’eccellenza



Classe 1987, Diletta Trojan è Direttore della Fondazione Banca dei Tessuti di Treviso nonché la prima donna italiana a presiedere l’EATCB (European Association of Tissue and Celle Banks). E’ anche Presidente dello Young Scientific Board della SIMCRI (Società Italiana di Medicina e Chirurgia Rigenerativa Polispecialistica). La sua storia personale è quella di un “cervello in fuga” dall’Italia. L’abbiamo intervistata in occasione del Congresso Giovani della SIMCRI, «L’innovazione in Medicina Rigenerativa», che si terrà il prossimo 30 ottobre.

 

Dottoressa cosa sono le banche dei tessuti e come funzionano?

“Le banche sono delle strutture sanitarie sia pubbliche che private senza scopo di lucro che raccolgono, processano, valutano, crioconservano e distribuiscono tessuti umani per i trapianti. In totale sono circa una trentina sparse in tutta la Penisola. Io lavoro in quella di Treviso e siamo una banca multi-tessuto, cioè gli unici autorizzati dal Ministero della Salute e dal Centro Nazionale Trapianti a gestire più tipologie di tessuti, come ad esempio quelli cardiovascolari.  Questi vengono crioconservati a -190 gradi in contenitori con vapori d’azoto. Non si può lasciare un organo in una banca, perché questo deve essere subito trapiantato. Viceversa è possibile farlo con i tessuti che, secondo la normativa, devono essere depositati in una banca. In questo modo riusciamo a svolgere numerosi e indispensabili controlli per verificarne la sicurezza e la qualità”.

Che altre tipologie di tessuti trattate solitamente?

“Quelli muscolo-scheletrici che comprendono tutti i tipi di osso, tendini o nervi. Sono utilizzati, per esempio, per la ricostruzione dei legamenti crociati. Poi custodiamo la placenta e il cordone ombelicale che ci sono forniti da donatori viventi. Da questi estraiamo anche la membrana amniotica e il cordone per il bypass. Tutti questi tessuti vengono stoccati e poi distribuiti dove è necessario, sia in Italia che all’estero”.

Perché è importante la struttura sanitaria di Treviso?

“Fino al 2011 eravamo un’unita semplice dell’ospedale della città veneta. Poi in accordo con l’Azienda Sanitaria siamo diventati Fondazione Onlus e quindi senza scopo di lucro. In meno di 10 anni quella di Treviso è diventata la più grande banca in Italia e vengono effettuati in un anno più di 6.000 interventi con tessuti umani. Riceviamo donazioni da diversi ospedali al cui interno lavorano degli operatori della rete trapianti, adeguatamente formati, che propongono la donazione ai pazienti. Per le donazioni da cadavere, invece, il discorso è molto più complesso, in quanto esistono criteri di selezione più stringenti e procedure più complicate. Ciò nonostante riusciamo ad avere oltre 200 donazioni da cadavere, grazie ad una Rete Trapianti di eccellenza. In totale nella banca dei tessuti di Treviso lavorano una trentina di professionisti tra personale medico, infermieristico e biologi. Spesso siamo chiamati, anche nel cuore della notte, per degli interventi urgenti di cardiochirurgia o chirurgia vascolare. Quindi la nostra disponibilità è h24. Con il trasporto aereo riusciamo a distribuire il prima possibile tessuti in tutta Italia a pazienti vittime di gravi incidenti e che necessitano del nostro aiuto”.

Come è stato il vostro lavoro durante i primi mesi della pandemia?

“Nei primi mesi il Covid-19 ha causato molte difficoltà anche perché il nostro territorio è stato uno dei più colpiti dalla prima ondata. Abbiamo avuto problemi perché in Veneto, così come in altre Regioni, c’è stato il blocco degli interventi non urgenti. Di conseguenza le donazioni da viventi sono rallentate drasticamente. Siamo riusciti a garantire lo stesso quasi tutte le tipologie di tessuti a parte le valvole, perché presentavano una lista d’attesa molto lunga, soprattutto per i pazienti pediatrici. Abbiamo inoltre dovuto mettere in atto tutta una serie di controlli aggiuntivi per assicurare l’assenza del Covid nei tessuti e nei donatori”.

Come si colloca il nostro Paese a livello europeo?

“L’Italia è senza dubbio all’avanguardia nel Vecchio Continente per quanto concerne l’attività delle banche dei tessuti. Lo dicono i dati oggettivi che ci collocano ai primi posti insieme a Germania, Spagna e Regno Unito. Spesso ci chiamano dall’estero”.

 

Come sono i rapporti con la Società Italiana di Medicina e Chirurgia Rigenerativa Polispecialistica?

“La SIMCRI ha avuto il grande merito di coinvolgere, come società scientifica, una banca di tessuti nelle sue attività di ricerca. E’ stata un’intuizione lungimirante del presidente Eugenio Caradonna e del Prof. Michele Angelo Farina. In effetti le nostre attività sono strettamente correlate alle cellule e alla chirurgia rigenerativa. Esistono una serie di tessuti che sono in grado di ripristinare le funzioni e quindi rientrano nel concetto di ‘rigenerazione’. E’ questo il caso dei tendini. Altri tessuti invece, come la membrana amniotica, sono utilizzati per la copertura delle ulcere o della pelle dei grandi ustionati. Si tratta di tessuti ricchi di citochine che favoriscono l’epitelizzazione, la riduzione del dolore e la diminuzione delle infezioni”.

Da un punto di vista personale come è stato il percorso che l’ha portata a Treviso?

“Ho studiato a Padova Biologia e volevo fare la ricercatrice. Perciò mi sono specializzata a Parigi ma poi, per questioni personali, sono tornata in Italia. Tuttavia non sono riuscita a trovare sbocchi professionali interessanti. Mi era specializzata sulle cellule staminali e sono venuta a sapere che la banca di Treviso cercava una persona che avesse avuto anche esperienze come ricercatrice. Quindi nel 2013 sono stata assunta. Io credo che in Italia fare attività di ricerca avanzata sia davvero complicato, ma i ‘cervelli in fuga’ devono tornare prima o poi. Altrimenti il nostro Paese rischia di trasformarsi in un deserto”.



www.repubblica.it 2021-09-27 16:59:11

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