Tumore al seno, migliorare la terapia dopo la chirurgia aumenta la sopravvivenza


Ogni anno, in Italia, quasi 55mila donne ricevono la diagnosi di tumore della mammella, la neoplasia in assoluto più frequente in tutta la popolazione. La maggior parte, circa 46.200 (84% del totale), presenta la malattia in stadio iniziale (I-II-III) e 4150 (il 9% di queste ultime) sono caratterizzate sia dalla sovraespressione della proteina HER2 (HER2+) sia dalla co-espressione dei recettori ormonali. È questa la fetta di pazienti in cui il medico valuta l’opportunità di somministrare per un anno la terapia adiuvante, cioè subito dopo la chirurgia, a base di trastuzumab, molecola che colpisce HER2 e che permette di migliorare notevolmente la sopravvivenza. “La terapia adiuvante della malattia radicalmente operata può essere considerata uno dei maggiori successi in oncologia negli ultimi trent’anni – spiega Saverio Cinieri, Presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica e Direttore dell’Oncologia Medica e Breast Unit dell’Ospedale ‘Perrino’ di Brindisi -. Infatti, nonostante il costante aumento dei casi, la mortalità per tumore della mammella in Italia è diminuita del 6,8% rispetto al 2015, grazie al combinato disposto dei programmi di screening e della terapia adiuvante. Trastuzumab è considerato dalla comunità scientifica internazionale come il farmaco che ha cambiato radicalmente il corso naturale del carcinoma mammario HER2-positivo, trasformando un sottotipo storicamente aggressivo in uno a prognosi eccellente”. Nonostante i progressi ottenuti grazie alle terapie adiuvanti anti HER2, più del 20% delle pazienti continua ad andare incontro a recidiva a 10 anni. Di conseguenza, in questa popolazione sussiste un unmet clinical need, ovvero il bisogno di ridurre il rischio di ricadute, di progressione e di morte. 

Tre strategie

La maggior parte delle recidive ha un decorso inevitabile verso la malattia metastatica. Ecco perché il potenziamento e l’estensione delle terapie adiuvanti rappresenta la via più importante da percorrere per ridurre le possibilità di ricaduta e aumentare le guarigioni. “Studi recenti – afferma Cinieri – hanno dimostrato che farmaci innovativi, aggiunti alle terapie standard a quel 20% delle pazienti non ancora guarite, sono in grado di ridurre ulteriormente le recidive a distanza a 5 anni. Si sono sviluppati filoni di ricerca volti a migliorare i risultati terapeutici di trastuzumab attraverso tre diverse strategie di intensificazione (escalation): studi che indagano durate più lunghe di terapia con trastuzumab, studi che indagano l’aggiunta di nuovi farmaci (in combinazione o in sequenza) al trastuzumab e studi di terapia adiuvante post-neoadiuvante”. 

Sono significativi in particolare gli studi di escalation che rientrano nella seconda categoria, come ExteNET, che ha valutato l’aggiunta di un anno di terapia anti-HER2 con neratinib, un inibitore orale di tirosino-chinasi, rispetto al placebo in 2.840 pazienti che avevano completato il trattamento standard con trastuzumab per la malattia in stadio iniziale. “Lo studio ExteNET su neratinib ha dimostrato che l’estensione della terapia adiuvante permette di ridurre del 42% il rischio di recidiva a 5 anni – sottolinea Michelino De Laurentiis, Direttore del Dipartimento di Oncologia Senologica e Toraco-Polmonare, Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione ‘G. Pascale’ di Napoli -. La molecola, quindi, è potenzialmente in grado di guarire 4 su 10 delle donne che altrimenti svilupperebbero recidive. Al recente ‘San Antonio Breast Cancer Symposium’, il più importante congresso internazionale dedicato a questa neoplasia, sono stati presentati i dati aggiornati su una sottopopolazione dello studio ExteNET, che dimostrano che neratinib è in grado di ridurre il rischio di metastasi cerebrali di ben due terzi. “Inoltre – spiega De Laurentiis -, un aggiornamento dello studio presentato lo scorso giugno al Congresso della Società americana di oncologia medica (ASCO) ha evidenziato che neratinib, a un follow up mediano di 8 anni, dimezza il rischio di morte. L’impatto di neratinib adiuvante sulla storia naturale della malattia può essere potenzialmente superiore a quello dello stesso trastuzumab, nella popolazione con tumori della mammella con sovraespressione di HER2 e ormonosensibili”.

Conviene anche al sistema sanitario

Più guarigioni si traducono in risparmi per il sistema sanitario, anche se va considerato che il trattamento dopo la chirurgia nel tumore della mammella è prescritto a donne apparentemente e, in alcuni casi, del tutto libere da malattia. “Ecco perché è necessario porre molta attenzione al rapporto rischio-beneficio delle cure dopo l’intervento – conclude il presidente AIOM -. Dall’altro lato va considerato che l’evoluzione della malattia da stadio iniziale a ricorrente o metastatico ha un impatto negativo non solo sulla prognosi ma anche sulla qualità della vita della paziente. Inoltre, la diagnosi di recidiva determina un impatto economico sul sistema sanitario. Aumentare il numero di opzioni terapeutiche in adiuvante significa contenere i costi in termini di farmaci, visite e ospedalizzazioni. Ci auguriamo che, anche in Italia, i clinici possano avere a disposizione sempre più armi anche nel setting adiuvante esteso, per portare a guarigione il maggior numero di pazienti”. 



www.repubblica.it 2021-12-30 09:57:27

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