Alzheimer, identificate nuove varianti genetiche associate alla malattia


La ricerca sulle cause delle malattie ha essenzialmente due scopi: da un lato cercare di mettere in campo tutte le strategie di prevenzione per abbassare il rischio che si presenti, quando possibile, dall’altro individuare punti chiave in cui intervenire con le terapie. La ricerca sull’Alzheimer non fa eccezione e la scoperta di nuove varianti genetiche associate alla malattia potrebbe auguratamente aiutare proprio lo sviluppo di nuovi farmaci in futuro. Ma potrebbe servire anche a individuare le persone più a rischio, aiutando a gestire la malattia e la sua evoluzione, e ad allestire nuove sperimentazioni cliniche. Ed è con questo intento che oggi, sulle pagine di Nature Genetics, un team di ricercatori internazionali presenta i risultati di uno studio sulle basi genetiche della malattia che ha portato a identificare una quarantina di nuove regioni nel DNA associate all’Alzheimer. 

La ricerca in questione si basa su un enorme campione: oltre 111 mila persone con diagnosi di Alzheimer o persone con parenti malati e circa 677 mila controlli (di origine europea). Il tipo di analisi effettuata è il cosiddetto studio di associazione genome-wide, nel quale si passano in rassegna i dati genetici del campione per individuare varianti associate a una particolare condizione. Nel caso dell’Alzheimer, spiegano i ricercatori in apertura del loro articolo, gli studi genetici sono quanto mai necessari dal momento che si crede che una grossa componente della malattia –  compresa tra il 60% e l’80% – sia dovuta ad alterazioni nel DNA. E questa componente è nota solo in parte, come confermato anche nello studio di oggi. 

Mettendo insieme i risultati, infatti, i ricercatori hanno identificato 75 regioni associate al rischio di malattia, 42 delle quali nuove, ovvero finora non legate allo sviluppo dell’Alzheimer. Così che i risultati confermano in parte quanto noto e aprono nuovi filoni di ricerca, sia in ambito diagnostico che terapeutico. Tra le varianti genetiche associate alla malattia note ci sono quelle che hanno a che fare con metabolismo e funzioni della beta-amiloide e della proteina tau, due proteine che si riscontrano in maniera anomala nell’Alzheimer e legate alla degenerazione neuronale. Tra quelle note ci sono anche quelle che riguardano vie molecolari implicate nel funzionamento dell’immunità innata e nell’attivazione della microglia (una sorta di sistema immunitario del sistema nervoso), scrivono gli autori. 

Mentre interessante è stata l’identificazione di varianti genetiche associate al TNF-alfa, una citochina infiammatoria, la cui inibizione è stata associata, in vivo, alla riduzione tanto degli effetti delle beta amiloide e della proteine tau, ma coinvolta anche in processi di plasticità neuronale e perdita di sinapsi, si legge nello studio. Da ultimo i ricercatori hanno elaborato anche un punteggio di rischio genetico sulla base delle varianti che potrebbe servire a identificare le persone con difficoltà cognitive che svilupperanno Alzheimer: uno strumento utile in ambito di ricerca, per la classificazione dei pazienti nelle sperimentazioni, per esempio. 

La scoperta di nuove varianti associate alla malattia apre nuovi possibili filoni di ricerca in ambito terapeutico. In una malattia dove il bisogno di terapie è quanto mai sentito: l’Alzheimer è la forma più comune di demenze, rappresentando da sola circa il 70% dei casi dei 55 milioni al mondo, ed è ancora senza una cura. 



www.repubblica.it 2022-04-05 12:46:04

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