Menopausa, come prevenire (e trattare) le fratture da osteoporosi


In Italia si stima che quasi 5 milioni di persone, per due terzi donne, siano affette da osteoporosi, una condizione caratterizzata da diminuzione della massa ossea e dal deterioramento della microarchitettura del tessuto osseo. L’osteoporosi aumenta la fragilità ossea ed espone a maggior rischio di fratture ossee patologiche, che si verificano cioè in assenza di traumi significativi a livello di diversi distretti scheletrici, quali il polso, le vertebre e il femore.

Pur essendo l’osteoporosi una malattia dal forte impatto epidemiologico e sociale, ancora si registrano ritardi nella diagnosi e difficoltà nel trattamento.

Quali sono i fattori di rischio dell’osteoporosi

Per la donna i fattori di rischio per l’osteoporosi sono collegati alla funzione ovarica. Pensiamo alla menopausa precoce, alla comparsa tardiva della prima mestruazione, alle gravidanze ravvicinate. Possono avere un ruolo determinante anche l’assenza del ciclo mestruale per diversi mesi (la cosiddetta amenorrea, a volte legata ai disordini del comportamento alimentare o per stress cronico), oppure l’asportazione in età fertile delle ovaie. Altre cause sono i trattamenti prolungati con farmaci cortisonici, diuretici, ormoni tiroidei, lassativi e antiacidi contenenti sali di alluminio.

L’importanza dello stile di vita

Per arginare l’osteoporosi è in ogni caso importante puntare sulla prevenzione fin dalla più tenera età. Il picco di massa ossea viene raggiunto precocemente, soprattutto nel genere femminile e si consolida intorno ai 25 anni. Esso è ascrivibile per l’80% a fattori genetici e per il 20% a corrette abitudini di vita. Questo 20% che concorre alla formazione della massa ossea definitiva, dipende da quanto, nel periodo della crescita, sia stato appropriato l’apporto alimentare di calcio attraverso latticini, broccoli, spinaci, fagioli, soia, salmone, mandorle e di vitamina D. E poi dall’aver evitato fumo e alcool e dall’essere stati costanti nel praticare attività fisica, utile al mantenimento di un peso corporeo adeguato.

Il ruolo della carenza estrogenica nella patogenesi dell’osteoporosi

La carenza estrogenica che si verifica in tutte le donne al momento della menopausa, ha un ruolo fondamentale nella patogenesi dell’osteoporosi, ecco perché ricorrere a una terapia ormonale sostitutiva (TOS) appare un’ottima strategia preventiva.

La TOS inibisce il riassorbimento osseo e riduce il tasso di turn over osseo, con significativa riduzione del rischio fratture. Non a caso la TOS e l’uso del tibolone, uno steroide C-19 derivato, classificato come regolatore selettivo dell’attività estrogenica (STEAR) e capace di esercitare un’azione estrogenica, progestinica e anche debolmente androgena grazie ai suoi 3 diversi metaboliti, risultano essere terapie fra le più consigliate nel primo periodo della fase postmenopausale, ovvero entro 10 anni dall’inizio della menopausa o comunque prima dei 60 anni.

La diffidenza verso la terapia ormonale sostitutiva

Una ricerca recente, condotta da Fondazione Onda dal titolo “La menopausa nella vita delle donne”, però, ha rivelato che le donne, della TOS non si fidano: l’80% delle intervistate ha sentito parlare della TOS e la metà di loro la percepisce come una terapia di supporto per la menopausa. Il 43%, considera la menopausa una fase naturale della vita, durante la quale non è necessario prendere farmaci se non indispensabili (48%), e il 35% teme possibili effetti collaterali.

Da quest’indagine emerge che solo il 5% delle donne interpellate assume la terapia ormonale sostitutiva, mentre ricorrono più volentieri all’uso di integratori alimentari (27%) e di prodotti erboristici (17%).

La professoressa Anna Maria Paoletti, professore ordinario fuori ruolo di ginecologia e ostetricia dell’università di Cagliari, past consigliere SIGO e consigliere della società italiana della contraccezione e della società italiana della menopausa spiega: “La principale causa di diffidenza nei confronti della TOS è la paura che l’uso degli ormoni sia determinante nell’insorgenza del tumore della mammella. L’uso degli estrogeni in associazione al progestinico aumenta il rischio del tumore mammario, ma non induce il tumore mammario. Nelle donne dopo i 40 anni di età è opportuno effettuare l’ecografia mammaria e la mammografia annuali per monitorare lo stato di salute della mammella. Se la mammografia e l’ecografia mammaria sono nella norma, assieme all’assenza di altre controindicazioni alla TOS, questa può essere intrapresa con un monitoraggio annuale della salute mammaria”.

Ma perché spesso le donne interrompono le terapie prescritte senza neppure interpellare il medico? “I motivi possono essere diversi – spiega la specialista -, oltre alla paura del tumore mammario, alcune volte compaiono perdite ematiche non previste, che preoccupano la donna che sa che dopo la menopausa la perdita di sangue non deve essere presente”.

Cosa consigliare, dunque, alle donne in premenopausa per una efficace prevenzione dell’osteoporosi? Ancora la dottoressa Paoletti: “Bisognerebbe puntare molto sullo stile di vita e sull’alimentazione, senza dimenticare la supplementazione di vitamina D che è carente o insufficiente in tutte le età della vita della donna. Purtroppo l’osteoporosi è una malattia silente, non dà segni di dolore o altro fino a che non porta alla frattura. Ecco perché fin dalla tenera età bisogna educare ad un corretto stile di vita e ad una buona alimentazione, ricca di calcio, certo, ma anche di vitamine, oligoelementi e proteine. La supplementazione di vitamina D è fondamentale a tutte le età della vita della donna, e anche dell’uomo”.

Che cosa fare in caso di fratture collegate all’osteoporosi

La dottoressa Maria Luisa Brandi Presidente dell’Osservatorio Italiano sulle Fratture di Fragilità (OFF) e Presidente di Firmo Fondazione Italiana per la Ricerca sulle Malattie dell’Osso, è autrice del libro “E se mi fratturo cosa devo fare?” (Giunti Editore). Nel libro fornisce utili indicazioni sulle fratture da fragilità, ovvero quelle che spesso conseguono all’osteoporosi e che, se non adeguatamente trattate, aprono la strada a innumerevoli fratture successive. Approfondiamo con lei.

Quali sono gli esami strumentali ai quali sottoporsi per valutare l’osteoporosi?
“Il gold standard per definire la paziente osteoporotica è la Mineralometria Ossea Computerizzata (MOC), anche se oggi abbiamo una tecnica ecografica nota come REMs molto affidabile per la misurazione della densità ossea a livello lombare e femorale”.

Fra le donne a maggior rischio osteoporosi per aver assunto farmaci ci sono quelle che a seguito di un tumore al seno effettuano la terapia quinquennale con gli inibitori dell’aromatasi. Quali i migliori tratttamenti per loro?
“Per la prevenzione delle fratture al di là dello stile di vita e della vitamina D esistono farmaci antifratturativi e tra questi è l’anticorpo denosumab quello indicato come prima scelta in chi inizia una terapia con farmaci anti-ormonali in caso di tumore mammario”.

Cosa succede quando si arriva in pronto soccorso prima e in ortopedia dopo, a causa di una frattura da osteoporosi?
“In questo caso la chirurgia o l’immobilizzazione dell’arto la fanno da padrona in una fase acuta, ma il paziente va subito avviato ad una continuità assistenziale che preveda la prescrizione di un farmaco antifratturativo. Quello che avverrà nel nostro Paese con il cosiddetto Fracture Liaison Service”.

Che cos’è il progetto Fracture Liaison Service (LFS)

La Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia (SIOT) ha promosso il progetto Fracture Liaison Service (FLS) per il quale al momento 10 centri a livello nazionale hanno ottenuto la Certificazione. Anche il reparto Clinica Ortopedica e Traumatologica dell’Ospedale Cattinara di Trieste diretto dal professor Luigi Murena è fra i centri coinvolti. Proprio a Murena chiediamo come viene gestito il paziente che afferisce al reparto.

“I pazienti che vengono ricoverati per frattura del femore vengono non solo trattati dal punto di vista chirurgico ma anche avviati ad un percorso di inquadramento della patologia sottostante che ha provocato la frattura. Infatti le fratture da fragilità ovvero quelle dovute ad un trauma di lieve entità o addirittura in assenza di traumi sono l’espressione di un quadro di osteoporosi sottostante. Durante il ricovero – prosegue l’esperto – si acquisiscono gli esami ematici di primo livello del metabolismo osseo e il dosaggio della vitamina D. Inoltre se necessario viene eseguito durante la degenza o viene programmato in dimissione un esame densitometrico per valutare lo stato di salute dello scheletro. Eventuali carenze di vitamina D vengono corrette con una adeguata terapia di supplementazione. I pazienti sono poi rivalutati in regime ambulatoriale dove viene portato a termine il percorso di inquadramento diagnostico e dove vengono impostate adeguate terapie per l’osteoporosi che vengono personalizzate in base all’età, alle comorbidità e alla compliance del paziente”.

Che cosa significa essere curati in un centro certificato FLS?
“Essere curati in un centro certificato FLS comporta una presa in carico del paziente che non si limita al trattamento della frattura ma ad una completa valutazione e inquadramento del paziente con la messa in atto di tutte le strategie atte a ridurre il rischio di ricorrere a nuovi eventi fratturativi. Questo è possibile grazie ad una stretta collaborazione tra l’attività che viene svolta in reparto e l’attività ambulatoriale e grazie alla presenza di una equipe ortopedica sensibilizzata non solo sugli aspetti chirurgici ma anche sulle patologie del metabolismo osseo che sono la causa primaria della fragilità scheletrica”.



www.repubblica.it 2022-05-23 10:53:55

Angela Nannifratturemenopausaossaosteoporosipreveniresalute femminiletrattare