Tiroide, problemi per una persona su 10: le regole della prevenzione a tavola


È a forma di farfalla, sta alla base del collo, e regola i processi metabolici e il consumo energetico dell’organismo. La tiroide è la ghiandola endocrina probabilmente più nota, o almeno quella di cui si sente parlare più spesso. Non a caso, perché gli italiani colpiti da una qualche patologia tiroidea: dall’ipotiroidismo alll’ipertiroidismo (una ghiandola che funziona troppo poco o troppo), ai noduli (che colpiscono più del 50% delle donne), dalle tiroiditi autoimmuni ai tumori, sono circa 6 milioni: uno su 10. Ed è proprio per la notevole diffusione di queste malattie che una informazione corretta su quest’organo è necessaria.

Malattie curabili

“Tiroide e salute: io mi informo bene” è infatti il claim della Settimana Mondiale della Tiroide 2022, in programma dal 25 al 31 maggio col patrocinio nel nostro paese dell’ISS, Istituto Superiore di Sanità e promossa dalle principali società scientifiche endocrinologiche mediche e chirurgiche. “Le malattie della tiroide sono curabili: abbiamo trattamenti farmacologici e chirurgici per tutte le situazioni inclusi i tumori”, dice Alfredo Pontecorvi, direttore di UOC di medicina interna, endocrinologia e diabetologia presso Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli- IRCCS e ordinario di Endocrinologia all’università Cattolica del Sacro Cuore.

La dieta giusta per la tiroide

Ma “le patologie tiroidee si possono anche prevenire – aggiunge – con una alimentazione che assicuri un adeguato apporto di iodio e di selenio”. Che sintetizzando potremmo definire una dieta mediterranea con la sostituzione del sale da cucina con il sale iodato, un prodotto che dal 2005 grazie al programma di iodoprofilassi (Legge 21 marzo 2005, n°55) è obbligatoriamente venduto in ogni punto vendita alimentare ed utilizzato nelle mense scolastiche e aziendali “Occorre moderazione nell’utilizzo del sale, ma si dovrebbe usare sempre quello fortificato con iodio”, aggiunge Pontecorvi.

Lo iodio e gli ormoni tiroidei

Lo iodio è un microelemento senza il quale gli ormoni tiroidei – T3 e T4, cioè triiodotironina e tiroxina – non potrebbero essere sintetizzati. T3 e T4 sono piccole molecole entrambe risultanti dalla fusione di due aminoacidi tirosina e dall’aggiunta di 3 atomi di iodio nel caso di T3 o di  4 atomi di iodio nel caso di T4.

Lo iodio viene assunto attraverso l’alimentazione (a proposito lo iodio non si respira, si mangia: l’aria di mare c’entra poco con la salute della tiroide), ma per ragioni geologiche, sulla crosta terrestre della nostra Penisola, di iodio ce n’è in quantità molto ridotta. Ce n’è invece di più nelle acque del mare e dei laghi.

Ebbene, se non assumiamo iodio a sufficienza, per il meccanismo di compensazione tipico delle ghiandole endocrine, aumenta il livello di un altro ormone, il TSH, prodotto dall’ipofisi con il compito di stimolare la tiroide a lavorare, cioè a produrre più ormoni. Un fenomeno di feedback negativo che, se esasperato e protratto nel tempo, può far aumentare di volume la ghiandola provocando l’insorgenza del gozzo (l’ingrossamento della tiroide in toto) e alla formazione di noduli.

“Con l’uso diffuso e estensivo dell’ecografia quella dei noduli tiroidei è diventata una epidemia perché se si effettua una eco tiroidea a un gruppo di donne più del 50% mostra la presenza di un nodulo. Ma va subito detto che in circa il 95% dei casi quel nodulo è benigno. Prevenire il gozzo e la formazione di noduli passa attraverso l’adeguato apporto di iodio nel corso di tutta la vita, anzi a partire dalla vita intrauterina”, aggiunge Pontecorvi.

Pesci, crostacei, molluschi e alghe

Un tempo, quando la nostra alimentazione era basata sui prodotti locali assumevamo iodio in quantità molto scarsa, oggi consumiamo cibo proveniente da zone del mondo nelle quali non c’è carenza di iodio quindi il problema si è progressivamente attenuato, è il fenomeno della iodinazione silente della popolazione.

Ma in Italia abbiamo comunque una carenza di iodio e quindi dobbiamo supplementare la nostra alimentazione. Gli alimenti che contengono più iodio sono il pesce di mare (ma anche di lago) e poi crostacei e molluschi. Ce n’è tantissimo nelle alghe marine e nei mirtilli, ce n’è a sufficienza nelle uova, nel latte e nei derivati. “Quindi sì a una dieta variegata e sì al consumo di pesce, almeno 2-3 volte alla settimana. Oltre agli alimenti – dice l’esperto – contengono iodio alcune caramelle per il mal di gola, disinfettanti, dentifrici, mezzi di contrasto iodato, medicine per le aritmie cardiache: questa si chiama iodinazione indiretta, e in qualche caso può essere anche rilevante”.

Quando iodio al giorno?

Per mantenere la tiroide in salute gli adulti devono assumere 150 microgrammi di iodio al giorno. Ma durante la gravidanza e l’allattamento i livelli aumentano. Il sale iodato ne contiene 30 microgrammi ogni grammo. Quindi, consumare quotidianamente i 5 g di sale raccomandati, sotto forma di sale iodato, garantisce il giusto apporto quotidiano di iodio. Il sale iodato non è una medicina, è un alimento e può essere assunto da chiunque, anche da chi prende farmaci per la tiroide e lo iodio può nuocere alla salute solo quando si superano 600 microgrammi al giorno “una situazione che di fatto davvero non rischiamo. In Italia stando agli ultimi dati Iss, oltre il 70% della popolazione è supplementata bene con lo iodio”, dice lo specialista.

Il ruolo del selenio

Anche questo elemento è fondamentale per la salute della tiroide. Il selenio non partecipa alla sintesi degli ormoni tiroidei ma è però necessario a far funzionare le desiodasi, gli enzimi che, tagliando via un atomo di iodio, trasformano T4 in T3. Questa è una reazione essenziale, giacché la tiroide produce soprattutto T4, e solo una piccola quantità di T3 “ma è T3 il vero ormone tiroideo, circa 10 volte biologicamente più potente di T4 – spiega Pontecorvi – che infatti sui può considerare un pre-ormone”.

Che cosa mangiare

Le noci del Brasile sono la migliore fonti di selenio, che si trova però anche nella carne, nei latticini, nel riso integrale, nei legumi, in alcune patate, nelle uova e nei funghi, e nel pesce: 85 grammi tonno a pinna gialla, per esempio, contengono circa 90 microgrammi di selenio. “Iodio e selenio sono i due microelementi più importanti per una corretta disfunzione tiroidea anche se una carenza di selenio non sembra si registri nella nostra alimentazione”, dice l’endocrinologo. Che aggiunge: “Si sentono e si leggono in giro tante diete ad hoc per la tiroide, ma le evidenze scientifiche ad oggi ci dicono che solo iodio e selenio sono essenziali per la salute di questa ghiandola e per il corretto funzionamento dei suoi ormoni”.

La questione del peso

“Ingrasso troppo, sarà questione di tiroide?” parole che si sentono pronunciare molto di frequente. Ma le cose stanno davvero così? Oppure, che la tiroide sia colpevole dei nostri aumenti ponderali è un po’ un mito? “La tiroide regola il metabolismo e la produzione di energia di tutte le cellule. Un ipotiroideo, una persona la cui tiroide funziona di meno tende a consumare meno energia, riducendo il suo metabolismo basale. Ma nella maggior parte dei casi gli ipotiroidismi sono lievi, per avere un effetto evidente sul peso ci vuole un prolungato periodo di inattività della ghiandola”, prosegue Pontecorvi. Che aggiunge: “Che gli ormoni tiroidei possano influenzare il peso corporeo è chiaramente dimostrato dalle forme di grave ipertiroidismo, cioè di eccessiva produzione di T3 e T4, che possono arrivare far perdere fino a 5-7 chili in un mese. Ma si tratta di un dimagrimento nocivo perché anche a carico della massa magra”.

“Il paziente ipertiroideo infatti sviluppa una miopatia ipertiroidea che a volte non gli consente di salire le scale di casa, ecco perché utilizzare ormoni tiroidei nei cocktail dimagranti, come si usava qualche tempo fa, è un errore: gli ormoni tiroidei fanno leggere meno chili sulla bilancia, ma a tutto svantaggio del muscolo. Appena si smette di assumerli, e ci si ritrova con meno massa muscolare, luogo dove si bruciano le calore, e si riprende peso”.

La gravidanza e i bambini

Le malattie della tiroide sono comuni anche nei bambini, a partire dall’ipotiroidismo congenito, che riguarda un bambino ogni 2500-3000. Si tratta della malattia tiroidea più frequente in età pediatrica ma per fortuna da anni tutti i bambini alla nascita vengono sottoposti a screening.

Un’altra patologia frequente nell’età evolutiva è la tiroidite di Hashimoto, una patologia autoimmune comune tra le femmine in età adolescenziale. “Più rari sono gli ipotiroidismi centrali causati da malattie genetiche o da malformazioni del sistema nervoso centrale, con un frequenza di un caso ogni 25mila bambini”, dice Mohamad Maghnie direttore della Clinica Pediatrica dell’Istituto Gaslini, Università di Genova. Proprio all’ospedale pediatrico Gaslini il 25 maggio alle 17.00 è previsto un incontro sull’argomento Nutrizione iodica in gravidanza e in età pediatrica, e il 31 maggio dalle 14.00 alle 17.30 un Open Day per eseguire, gratuitamente e senza prenotazione, visite specialistiche endocrinologiche a bambini e adolescenti con sospetta o accertata patologia tiroidea (info: robertogastaldi@gaslini.org )

Rischio per i bambini

“Quando una donna in gravidanza non sa di avere una malattia tiroidea oppure assume poco iodio – riprende Maghnie – per il bambino che nascerà c’è il rischio di andare incontro a problemi cognitivi intorno agli 8-10 anni, come abbiamo dimostrato lo scorso anno pubblicando uno studio sul Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism, questo perché la tiroide è coinvolta nello sviluppo del sistema nervoso”, aggiunge il pediatra.

Ecco ma ora dalle malattie passiamo alla prevenzione, cioè alla dieta per una tiroide in salute, sia delle donne in gravidanza che dei bambini. “Fino alla pubertà la quantità di iodio raccomandata è compresa tra 40 microgrammi (il neonato) e 120. Dopo lo sviluppo il fabbisogno raccomandato è di 150 microgrammi, come per gli adulti – dice il pediatra – Le donne in gravidanza devono assumere 250 microgrammi di iodio: il feto nel primo trimestre non produce ormoni tiroidei in proprio, in questa fase dipende completamente da quelli materni per svilupparsi correttamente. La donna che allatta ha bisogno 250-300 microgrammi di iodio. Per raggiungere questi livelli sono importanti due cose: mangiare in maniera corretta, che significa per le donne incinte e che allattano e per i bambini svezzati soprattutto pesce, 2 o 3 volte alla settimana, e in particolare pesce azzurro, sardine, salmone, tonno…e poi – tiene a dire Maghnie – integrare lo iodio attraverso il sale iodato. Solo l’alimentazione, benché molto ricca di alimenti ad alto contenuto di iodio, potrebbe non essere sufficiente a raggiungere il  fabbisogno necessario di questo microelemento che essenziale per salute della ghiandola tiroidea”. Un’ultima indicazione: quando si preparano i pasti non aggiungere sale iodato in cottura: la bollitura, la frittura o la cottura alla griglia fanno perdere al sale il 20-30% dello iodio.



www.repubblica.it 2022-05-24 15:20:26

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