Tumore del fegato, ecco la combo che migliora la sopravvivenza


Per i pazienti con tumore del fegato avanzato o non resecabile che non hanno ricevuto ancora terapie, l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha reso rimborsabile l’impiego dell’immunoterapia con atezolizumab, in combinazione con il farmaco antiangiogenico bevacizumab. La combinazione, infatti, migliora la sopravvivenza globale e la sopravvivenza libera da progressione della malattia rispetto allo standard di cura. E, a detta dei pazienti stessi, migliora la qualità di vita. Atezolizumab, inoltre, potrà essere impiegato in monoterapia per il trattamento di prima linea nel carcinoma polmonare non a piccole cellule in stadio metastatico con elevata espressione di PD-L1.

L’epatocarcinoma

Il carcinoma epatocellulare (HCC) rappresenta una tra le più aggressive forme di cancro con limitate opzioni di trattamento, ed è una delle principali cause di morti oncologiche in tutto il mondo, con 815 mila nuove diagnosi all’anno. L’HCC si sviluppa prevalentemente in persone che soffrono di cirrosi a causa di epatite cronica (B o C) o di abuso di alcool e tipicamente si manifesta in stadi ormai avanzati. La prognosi per le forme non resecabili di HCC è infausta, con poche opzioni di trattamento sistemico e il tasso di sopravvivenza ad un anno minore del 50% dal momento della diagnosi della forma avanzata.

La terapia combinata migliora la sopravvivenza

Per questo l’approvazione della combinazione atezolizumab-bevacizumab rappresenta una pietra miliare nell’ambito dell’epato-oncologia. “Dopo più di 10 anni di immobilità è finalmente disponibile un trattamento di prima linea capace di prolungare la sopravvivenza dei pazienti affetti da epatocarcinoma non resecabile, pazienti delicati che non sono solo affetti da una malattia tumorale ma anche da una disfunzione del fegato”, ha commentato Antonio Gasbarrini, Ordinario di Medicina Interna presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, Campus di Roma e Direttore del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche presso la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS.  

I risultati dello studio clinico di fase III IMbrave150 hanno evidenziato come la sopravvivenza media dei pazienti trattati con la combinazione passi a 19,2 mesi, contro i 13,4 mesi della terapia con sorafenib, il precedente standard di cura. “È la sopravvivenza più lunga mai riportata da uno studio di fase III per il trattamento sistemico dell’epatocarcinoma non resecabile”, ha aggiunto Gasbarrini. “Rappresenta  un grande passo avanti nella gestione del paziente affetto da epatocarcinoma, che non solo amplia l’orizzonte terapeutico ma ci guida verso una sempre maggiore personalizzazione della terapia, a vantaggio del paziente”.

Parola ai pazienti

La terapia combinata atezolizumab-bevacizumab riceve un riscontro molto positivo anche da parte dei pazienti, che in un’analisi riferiscono benefici in termini di qualità di vita. Tra gli ambiti indagati, rientrano parametri quali l’impatto sul lavoro, sul tempo libero, sulla capacità di percorrere distanze a piedi e sui sintomi. Dallo studio emerge che i pazienti trattati con la combinazione atezolizumab e bevacizumab riportano un deterioramento della qualità della vita e delle funzionalità fisiche significativamente più lento rispetto al braccio di controlli. “Questi sono i dati migliori finora ottenuti nella storia della terapia dell’epatocarcinoma e sono confortanti sotto il profilo di maneggevolezza e tollerabilità con ottimi risultati anche sulla qualità di vita dei pazienti”, ha confermato Fortunato Ciardiello,  Ordinario di Oncologia Medica e Prorettore, Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli. “L’interazione tra l’immunoterapia e la terapia anti angiogenetica rappresenta il nuovo standard terapeutico per il paziente con epatocarcinoma non più trattabile con trattamenti locoregionali, ma che necessita di terapia sistemica”.

 

Atezolizumab anche per il tumore del polmone

Aifa ha approvato anche l’estensione dell’uso di atezolizumab in monoterapia per il trattamento di prima linea nel carcinoma polmonare non a piccole cellule in stadio metastatico con elevata espressione di PD-L1. Nello studio IMpower110 la terapia ha migliorato in modo significativo la sopravvivenza globale, con una diminuzione del 31% del rischio di morte e oltre il 60% dei pazienti vivi a 1 anno. Grazie a questa ulteriore estensione di indicazione, atezolizumab rappresenta oggi la prima e unica immunoterapia ad agente singolo contro il tumore al polmone, disponibile in tre dosaggi, che consentono la somministrazione ogni due, tre o quattro settimane, mettendo così a disposizione di medici e pazienti una maggiore flessibilità nella gestione del trattamento.



www.repubblica.it 2022-06-01 15:26:54

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