Storia di Martina, della sua fibrosi cistica, e del doppio trapianto


Sono Martina, ho 38 anni, affetta dalla nascita da una malattia genetica definita “rara” chiamata fibrosi cistica. Da sempre ho avuto a che fare con lunghe infiammazioni e infezioni polmonari dovute a questa malattia, che provoca un eccesso di muco nei polmoni che spesso si infetta provocando alla peggio anche importanti polmoniti.

Dopo un lungo percorso di malattia, a 31 anni, nel 2016, ho iniziato la mia strada verso il trapianto bi polmonare; dopo essermi sottoposta a tutta una serie di esami mirati a capire se fossi idonea ad un intervento del genere, sono stata messa in lista trapianto e poi ho dovuto aspettare per quattro anni la chiamata, che ha coinciso giusto con la prima ondata di Covid in Italia. Sono stata operata il 22 maggio del 2020 con la riapertura delle sale operatorie che erano state momentaneamente chiuse per la pandemia.

Due anni allettata

Dopo l’intervento ho avuto molti problemi a “rimettermi in piedi”, avevo passato gli ultimi due anni praticamente allettata, in terapia del dolore con morfina fissa, oltre che in cura per la fibrosi cistica, con flebo continue di antibiotico per tutti i quattro anni dell’attesa, e nutrizione parenterale forzata per 12 ore al giorno per gli ultimi due anni di attesa. Inoltre ero dipendente dall’ossigeno e dalla NIV, b-pap, diventata poi tristemente famosa per i casi Covid, che usavo tutto il giorno ad alto flusso per permettermi di respirare da ferma.

E poi, è arrivato il Covid

Finalmente avevo ripreso un po’ in mano la mia vita, dopo durissimi mesi dal trapianto in cui ho dovuto letteralmente reimparare a muovermi, camminare, rifare tutta la muscolatura che era inesistente, riallenarmi quotidianamente per il corpo e per il fiato. Ho ricominciato a lavorare, non nello stesso posto dove avevo lavorato prima, ma una nuova sfida mi piaceva! E finalmente avevo avuto la possibilità di riprendere il mio cane con me, di ricominciare ad uscire con gli amici, organizzare persino un viaggio nell’estate del 2021… insomma, le cose sembravano normalizzarsi, quando ecco che arrivò il Covid anche per me…

Il mio cane, stimolo a far meglio e di più

Fuori dalla malattia sono una persona che ama tantissimo viaggiare, e che ha avuto la fortuna di poterlo fare spesso nonostante le difficoltà fisiche. Ma amo anche leggere, scrivere, fare lunghe passeggiate in montagna col mio cane che si chiama Breath, in onore al fiato che manca ma che si deve trovare per le cose che si ama fare. Lui è sempre stato un po’ il mio sprone per cercare di fare meglio e di più, per allenarmi anche quando non avevo voglia, e mi ha tenuto alto il morale sempre, nella speranza di poterlo riabbracciare e riportare a casa con me (in questo momento è affidato alle cure di una mia amica perché non ho la possibilità di tenerlo con me per la mia situazione di salute).

33%, è il fiato che mi resta

Ultimamente , dopo la scoperta del rigetto avvenuta a marzo di quest’anno, ho aperto una pagina facebook. Si chiama 33%, è il numero della capacità polmonare che mi è rimasta dopo lo tsunami covid e con la quale mi devo “barcamenare” reimparando a vivere a marce ridotte. È una specie di diario che sto tenendo sulle mie difficoltà, le piccole vittorie, e le mie nuove quotidianità.

 



www.repubblica.it 2022-07-22 13:48:38

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