Tumori, solo il 68% dei centri oncologici può garantire l’assistenza territoriale


Se si vuole che i pazienti oncologici italiani siano curati bene, allora bisogna avere una fotografia precisa della situazione: dei passi avanti che sono stati fatti e, soprattutto, di ciò che ancora può – e deve – essere migliorato per le 323 Oncologie presenti in Italia. Cominciamo da qui. Non va l’assistenza territoriale: solo nel 68,7% dei centri oncologici è prevista l’assistenza domiciliare, per esempio. E non va l’organizzazione che ruota intorno agli studi clinici: più della metà delle strutture (52%) è priva dei coordinatori dei trial. Per quanto riguarda il supporto psicologico, ora è presente in quasi il 90% dei centri (87,3%), anche se solo la metà è dotata di uno psicologo dedicato ai pazienti oncologici.

 

Il libro bianco dell’Oncologia italiana 2022

Lo stato dell’arte è riportato nella “Carta dei servizi dell’oncologia italiana – Libro Bianco 2022”, presentato al XXIV Congresso Nazionale AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica), che si apre oggi a Roma. Il libro ci mostra esattamente dove siamo. Molto importanti sono stati i progressi nella definizione dei percorsi diagnostico-terapeutici e assistenziali (PDTA), essenziali per garantire un’assistenza multidisciplinare: ad oggi sono stati deliberati dalle reti oncologiche ben 1.240 documenti. Il 95% dei centri ha l’anatomia patologica, l’81% una nutrizione clinica di riferimento e il 70% un laboratorio di biologia molecolare di riferimento. L’88% è dotato di Day Hospital, il 65% dell’Ambulatorio, il 58% del reparto di Degenza ordinaria.

 

L’appello degli oncologi al governo che verrà

“L’oncologia è un cardine del Servizio Sanitario Nazionale, ma deve essere sostenuta con misure strutturali”, dice Saverio Cinieri, Presidente AIOM: “Chiediamo al Governo che entrerà in carica nelle prossime settimane, e al nuovo Ministro della Salute, di inserire tra i primi obiettivi da realizzare un reale potenziamento dell’oncologia, con un’attenzione a 360 gradi: dall’assistenza domiciliare alla ricerca clinica. Senza dimenticare la prevenzione, visto che il 40% dei casi e il 50% delle morti oncologiche possono essere evitati agendo su fattori di rischio prevenibili, in particolare sugli stili di vita”. Il governo della spesa sanitaria e di appropriatezza sono temi di cui Aiom e gli oncologi discutono ormai da tempo: “L’utilizzo dei farmaci biosimilari in oncologia può determinare risparmi di circa il 20% – sottolinea infatti Cinieri – permettendo di riallocare risorse a sostegno dell’accesso a terapie innovative”.

Ogni anno, in Italia, ci sono 377 mila nuove diagnosi di cancro. La sopravvivenza a cinque anni si attesta, in media, al 65% nelle donne e al 59% negli uomini: è quindi aumentata rispetto al 63% e al 54% della rilevazione del 2015. Terapie innovative, come i farmaci a bersaglio molecolare e l’immunoncologia, permettono in molti casi di cronicizzare la malattia in fase avanzata o di ottenere la guarigione, con consistenti risparmi in altre voci di spesa, sanitaria e sociale. “Ma la qualità e la sostenibilità del sistema si garantiscono soprattutto con politiche di sostegno alla ricerca, che permette di sviluppare farmaci innovativi”, riprende il Presidente AIOM: “Ogni anno circa 35 mila pazienti in Italia sono arruolati in studi clinici. La metà, cioè 17.500 cittadini, sono oncologici. L’oncologia del nostro Paese, se adeguatamente supportata dalle Istituzioni, può affermarsi come un motore di sviluppo in ambito non solo scientifico, ma anche economico e sociale. Offriamo questi temi di discussione al prossimo Governo, perché il confronto non è più rinviabile”.

Tossicità finanziaria: serve investire nell’oncologia territoriale

Oltre che nella ricerca clinica, è necessario investire nell’assistenza oncologica domiciliare: almeno il 30% dei pazienti oncologici – ricordano infatti gli oncologi – potrebbe essere seguito vicino a casa per una parte significativa del percorso di cura, con evidenti ricadute positive in termini di qualità di vita e costi sociali, oltre che umani. Avvicinare le cure alle persone ne facilita anche l’accessibilità, migliora l’aspettativa di vita e favorisce risparmi per i pazienti, contenendo la cosiddetta tossicità finanziaria del cancro. “Le difficoltà economiche causate dal cancro sono un fenomeno sempre più presente anche nel nostro Paese – spiega Francesco Perrone, Presidente eletto AIOM. La tossicità finanziaria del cancro è da sempre un grosso problema negli Stati Uniti, dove le cure costano molto e il sistema sanitario, basato sulle assicurazioni private, le rimborsa solo parzialmente. “L’impianto universalistico del nostro sistema sanitario – continua Perrone – dovrebbe costituire una barriera contro questo rischio, ma in realtà non è più così. In un’analisi di 16 sperimentazioni condotte tra il 1999 e il 2015, a cui hanno partecipato 3.760 pazienti del nostro Paese colpiti da tumore del polmone, della mammella o dell’ovaio, abbiamo dimostrato che il 22,5% presentava tossicità finanziaria e un rischio di morte nei mesi e anni successivi del 20% più alto rispetto ai malati senza problemi economici. Le difficoltà finanziarie compromettono la qualità della vita e i benefici che si possono ottenere con i farmaci antitumorali”.

Lavoro dopo il cancro e migrazione sanitaria

La rilevazione mostra che il problema è particolarmente pressante nel Meridione e per i pazienti più giovani, sotto i 65 anni. “Il cancro e le cure riducono la capacità professionale e le entrate”, continua Perrone: “Se questi cittadini vengono supportati e reinseriti nel mondo del lavoro, ritornano a costituire una componente produttiva del Paese. Ecco perché è importante individuare le cause del default finanziario individuale: solo così potremo chiedere alle Istituzioni di agire per rimuoverle”.

Una di queste cause, dicevamo, è di certo rappresentata dagli spostamenti non necessari. Ancora troppi pazienti viaggiano per centinaia di chilometri, alla ricerca del trattamento migliore. “La distanza tra la casa e il luogo dove si ricevono le cure e le spese di trasporto da sostenere incidono fortemente non solo nei casi estremi di migrazione sanitaria da Sud a Nord – dice Massimo Di Maio, Segretario Nazionale AIOM – I problemi possono nascere per chi vive nelle province e deve raggiungere i centri specialistici nelle grandi città. Ci sono diversi determinanti sui quali vogliamo sensibilizzare le Istituzioni, che possono mettere in campo politiche di cambiamento per investire di più sul territorio e sull’assistenza domiciliare, anche creando un’integrazione fra oncologia e medicina di famiglia. Vanno implementati anche i gruppi di cure simultanee, perché il 36% dei centri ne è ancora privo. Un’integrazione precoce nel percorso di cura di interventi di supporto, in un’ottica di cure simultanee, ha un impatto positivo sulla qualità e quantità di vita del paziente e sui risultati attesi con le terapie”.

L’oncologia si fa sempre più complessa

Lo “stress test” della pandemia ha mostrato i nervi scoperti del sistema, ma anche i punti di forza. “Nei due anni di Covid l’oncologia medica non si è mai fermata e neanche la ricerca – sottolinea il Presidente Cinieri: “Il susseguirsi delle scoperte, i dati sempre più incalzanti degli studi clinici, le approvazioni da parte delle agenzie regolatorie di nuove molecole o di nuove indicazioni per i farmaci già in uso hanno continuato il proprio corso, rendendo la nostra professione, se possibile, ancora più complessa”. Il titolo scelto per il XXIV Congresso Nazionale AIOM – “Oncologia e Complessità. Le nuove sfide per gli oncologi” – vuole comunicare esattamente questo. Per complessità si intende tutta la rete di informazioni cliniche, biologiche e molecolari che continuano ad aggiungersi al bagaglio dell’oncologo: “La nostra figura professionale – conclude Cinieri – ha bisogno di incamerare, comprendere e far proprie tutte le conoscenze che si sono incastonate, come pietre preziose, su tutto quello che già conoscevamo e che i nostri maestri ci hanno trasmesso”.



www.repubblica.it 2022-10-01 11:23:47

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