Tumore del seno, la ricerca allunga e migliora la qualità della vita


Il tumore della mammella rimane la malattia oncologica che più colpisce le donne e che, per questo, fa più paura. Ma le conoscenze sempre maggiori sui meccanismi biologici e genetici che portano allo sviluppo della malattia ha permesso ai ricercatori di mettere a punto farmaci che colpiscono in maniera precisa le cellule malate e ai clinici di curare le pazienti con i trattamenti maggiormente indicati per il loro tipo di tumore. Il risultato di questi progressi è una maggiore sopravvivenza, nelle donne in cui il tumore viene scoperto nelle fasi iniziali, ma anche in quelle in cui la malattia è già progredita. Lo testimonia “I numeri del cancro in Italia 2023”, che ogni anno fotografa la situazione nel nostro Paese e che è frutto del lavoro congiunto dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica e della sua Fondazione, dell’Associazione Italiana Registri Tumori, dell’Osservatorio Nazionale Screening, PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia), PASSI d’Argento e della Società Italiana di Anatomia Patologica e di Citologia Diagnostica. Se è vero, quindi, che nel 2023 si stima ci siano stati 55.900 nuovi casi di tumore alla mammella, è altrettanto vero che nelle donne, nel periodo 2007-2019, sono stati documentati oltre 10mila decessi in meno, pari a una riduzione del 6%.

 

Non uno ma più tumori

Uno dei punti di svolta nella lotta al tumore alla mammella è stato quello di aver capito che non si tratta di una sola malattia ma di patologie diverse a seconda dei fattori che ne alimentano la crescita. Tre sono i grandi gruppi in cui è possibile dividere i tumori alla mammella: quelli che rispondono agli ormoni – il tipo più diffuso -, quelli che esprimono la proteina HER2 e infine quelli che non hanno alcuna delle precedenti caratteristiche e che per questo vengono definiti “triplo negativi”. La possibilità di ricercare mutazioni genetiche ha anche consentito di definire un’altra malattia, quella con mutazione dei geni BRCA, andando così a identificare una tipologia di tumore della mammella con caratteristiche peculiari.

A ognuna la sua cura

È questa conoscenza che ha permesso di sviluppare farmaci specifici, che colpiscono i target chiave per lo sviluppo della malattia. Infatti, se le cellule malate presentano recettori ormonali per gli estrogeni e per il progesterone è possibile fare ricorso a farmaci che riescono a bloccarne l’azione e di conseguenza limitare la crescita del tumore; nelle cellule con mutazione BRCA, invece, è disponibile un trattamento volto a sfruttare questa alterazione genetica, per coadiuvare la morte delle cellule malate. Nel caso di tumori positivi per HER2, che rappresentano circa il 15 per cento circa di tutti i tumori del seno, è invece possibile colpire proprio questo bersaglio. In più, negli ultimi anni si sono aggiunti farmaci che colpiscono altri bersagli e che possono essere somministrati anche nella fase avanzata della malattia. Un insieme quanto mai variegato di soluzioni che ha permesso di offrire a ogni paziente il percorso più adatto alla sua malattia.

 

La chiave è la ricerca

A garantire la rivoluzione che ha portato in molti casi a rendere il cancro alla mammella una malattia cronicizzata è stata la ricerca scientifica. AstraZeneca, più di ogni altra casa farmaceutica, è impegnata sul fronte della ricerca nella lotta a questo tipo di tumore: è nei suoi laboratori che è stata messa a punto la prima molecola contro il cancro al seno e da allora sono stati sviluppati trattamenti innovativi in tutti sottogruppi di tumore della mammella. Un impegno che si estende nel futuro con 5 nuove molecole in fase di sviluppo che potranno migliorare la storia di malattia e 11 indicazioni in tutti i sottogruppi di tumore della mammella che si prevede arrivino entro il 2027. AstraZeneca supporta la ricerca in Italia grazie ai suoi studi clinici, con oltre 25 trials in corso e più di 50 centri di ricerca coinvolti, ma anche rendendo possibili studi indipendenti.

Accesso alle terapie

Rendere disponibili i farmaci, però, non basta. Anche la tempestività di poter offrire il prima possibile trattamenti innovativi è fondamentale: per questo motivo AstraZeneca si impegna a offrire programmi di accesso precoce al farmaco auspicando al contempo la definizione di nuovi strumenti normativi che favoriscano l’early access a livello nazionale. Negli ultimi 3 anni, infatti, più di 3000 pazienti grazie a studi clinici e programmi di uso compassionevole messi a disposizione dall’azienda hanno avuto accesso, in modo prioritario e uniforme sul territorio italiano, a terapie innovative. Affinché l’innovazione sia accessibile è necessario un tempestivo aggiornamento dei percorsi e una “buona organizzazione”.

 

Le pazienti devono poter accedere alle innovazioni e, nello specifico, a quelle analisi strumentali e di laboratorio che permettono di capire il prima possibile quale sia il percorso e il trattamento più adatto a loro. Per facilitare l’accesso alle pazienti e supportare i Centri Oncologici a tali analisi, AstraZeneca ha sviluppato negli anni “AZFastNet”, una piattaforma digitale che consente di mettere in contatto ospedali e laboratori di diagnostica molecolare, semplificando in molti casi l’esecuzione di alcuni test predittivi molecolari, in svariate aree terapeutiche. Ad oggi ne hanno usufruito più di 300 oncologi e ha facilitato 22mila diagnosi molecolari.



www.repubblica.it 2023-12-21 10:00:00

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