Attraverso le crepe, far luce sulla salute mentale


di Noemi Penna

Nel mondo una persona su otto convive con un disturbo mentale, ma la media italiana è di uno su cinque. Un dato
che supera anche la media europea, soprattutto per ansia e depressione, che non può più esser visto come una mera
percentuale, bensì una chiamata urgente a riconsiderare come affrontiamo e percepiamo la salute mentale nella
nostra quotidianità. I dati parlano chiaro. Ma dietro a queste cifre si nasconde un numero incalcolabile di
persone che convivono con un mostro interiore che si alimenta e rafforza quotidianamente con la vergogna, il
disagio e la paura del giudizio altrui, anche nel posto di lavoro.

Fonti: Mental Health Index 2.0, Istituto Superiore di Sanità e Ministero della Salute 

Tendiamo a tenere nascoste le nostre battaglie per il benessere mentale per paura di
compromettere la valutazione che gli altri hanno di noi stessi. Ma questi numeri dovrebbero invitarci a riflettere
sul modo in cui affrontiamo e comprendiamo la salute mentale nel tessuto quotidiano della nostra società.
Abbattere il muro della vergogna è una necessità sempre più evidente, per far luce su quello che non è solo un
problema individuale ma una questione d’interesse pubblico che richiede l’attenzione e l’impegno di tutti.

Crepe è un podcast di Generali che vuole illuminare la zona d’ombra in cui ancora oggi si
rifugia chi ha un problema di salute mentale. E lo fa dando voce a persone che soffrono di disturbi differenti,
dall’ansia alla personalità borderline, dai disturbi alimentari alla depressione post-partum, intervistando
altrettanti esperti che rispondono alle domande cruciali di chi ha bisogno di aiuto ma anche di chi convive o
lavora con loro. Un viaggio che ci guida verso la comprensione di quello che si può fare per affrontare questa
sfida e la necessità di promuovere ambienti in cui le conversazioni aperte sulla salute mentale siano attivamente
incoraggiate e non stigmatizzate, sottolineando l’importanza del riconoscimento pubblico e dell’accettazione come
tasselli fondamentali nella costruzione di una società più sana e solidale.

“I temi della salute mentale in passato sono stati affrontati con esitazione ed una certa
distanza. Sulla spinta delle nuove generazioni e del periodo pandemico, oggi invece il benessere mentale si sta
affermando come tema di forte attualità, che richiede attenzione, strumenti adeguati e consapevolezza, con un
conseguente approccio proattivo. In Generali
– spiega Monica Bastiani, responsabile Head Office People Care
di Generali – il nostro approccio alla sostenibilità si declina nei ruoli di assicuratore e investitore
sostenibile, ma ugualmente come datore di lavoro e corporate citizen, a fianco delle nostre persone e delle
comunità in cui operiamo. In questa direzione, con i podcast Crepe abbiamo voluto attivamente spezzare
l’isolamento in cui si trovano le persone che soffrono di un disturbo mentale”.

Educare, sensibilizzare e promuovere la comprensione sono diventate una prerogativa comune per
costruire un ambiente in cui le persone si sentano libere di cercare aiuto senza timore di giudizio, mettendo al
centro il proprio benessere mentale. “È sempre più necessario parlare con apertura ed accoglienza di questi
disagi, spesso rappresentati come lontani ma che, come confermato dai numeri, sono in crescita e ovunque attorno
a noi, se non in noi
– aggiunge Bastiani –. Attraverso Crepe, facciamo luce su alcune delle più diffuse
problematiche della salute mentale, con l’obiettivo di farle emergere ed affrontarle. In questo sforzo di
accoglienza ed ascolto il luogo di lavoro, un’arena quotidiana di confronto e relazione, diventa un luogo di
inclusione, di racconto del sé e di ripartenza”.

C’è una crepa in ogni cosa, ed è da lì che entra la luce

Leonard Cohen

Da queste narrazioni emerge con forza quanto l’accettazione e il riconoscimento siano parte
integrante del processo di cura. E anche dell’importanza che ricopre il contesto lavorativo, quale valvola di
sfogo, parte del problema o strumento essenziale per risolverlo. L’idea di riconoscimento e accettazione pubblica
come nuova forma di terapia sociale sta guadagnando terreno, aprendo la strada a una collettività più empatica e
inclusiva. La pubblica accettazione dei disturbi mentali è un elemento essenziale per ambire a un futuro sempre
più inclusivo, dove la storia di ognuno di noi può essere d’aiuto anche ad altri. Ma come deve essere l’ambiente
lavorativo affinché si riveli rigenerativo per una persona con un disturbo mentale? E quali azioni bisogna
intraprendere per avviare questo cambiamento? “Quelle che raccontiamo nei primi cinque episodi sono storie
comuni.
Farle emergere contribuisce a rafforzare sempre più l’attenzione alle diversità, promuovere la loro inclusione
ed
implementare un ambiente di lavoro dove ogni persona possa portare il meglio di sé ed osare raccontarsi.
Continueremo quindi a stimolare conversazioni aperte sul benessere mentale, rafforzando la consapevolezza
intorno
a questi temi. Solo attraverso la consapevolezza arriva l’inclusione”
, conclude Monica Bastiani.

Accoglienza e rispetto su più livelli sembrano essere essenziali per abbattere le barriere
delle incomprensioni e far entrare luce dalle crepe di ognuno di noi: una luce che restituisce dignità e coraggio
di dire chi siamo, di esprimere anche le nostre debolezze e di essere visti come persone e non più come una
malattia o un problema. 



www.repubblica.it 2024-04-29 06:00:00

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