Così un alimento guadagna un bollino per la salute


Gli “health claims” sono delle indicazioni di salute che le aziende possono rivendicare sulle etichette dei loro prodotti. Il loro scopo è rendere i consumatori più consapevoli durante l’acquisto, perché comunicano che dal consumo di quell’alimento – oppure di un ingrediente contenuto al suo interno – possono derivare una serie di benefici. Per esempio, un cibo che contiene specifiche quantità di acido linoleico può contribuire al mantenimento di livelli normali di colesterolo nel sangue.

“Health claims” non sono i “nutritional claims”

Gli “health claims” non vanno confusi con i “nutritional claims”, che, invece, indicano che un prodotto ha determinate caratteristiche nutrizionali, considerate positive. Sono le varie espressioni che recitano, tra l’altro, “a basso contenuto di grassi”, “fonte di omega 3”, “senza zuccheri aggiunti” e così via.
Tutti i “claims” vengono validati da un ente scientifico: nell’Unione europea dall’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare; negli Stati Uniti dalla Food and Drug Administration.

Silvia Valtueña Martinez, esperta scientifica nel team di Nutrizione Umana dell’Efsa, spiega a Salute come funziona l’approvazione di un “health claim”.

Chi può richiederla?
“In teoria chiunque, nella pratica riceviamo domande dall’industria alimentare o da aziende che producono singoli ingredienti”.

Che cosa serve per ottenerla?
“Dipende da dossier a dossier, perché in alcuni casi arrivano richieste per alimenti, o loro componenti, su cui la scienza ha già molte informazioni, per altri invece la letteratura scientifica è ancora lacunosa. In generale, però, per ottenere una valutazione positiva è necessario fornire studi scientifici su persone, non solo su animali, e di due tipologie: di intervento, che possono dimostrare la causalità diretta tra il consumo di un alimento, o di ingrediente, con un effetto sulla salute; e osservazionali, che non necessariamente stabiliscono un rapporto causa-effetto, ma possono essere utili perché svolti su campioni molto grandi di popolazione.
Gli studi non devono essere per forza finanziati dall’azienda che richiede il “claim”, perché la valutazione dell’Efsa si basa su tutti gli articoli scientifici disponibili”.

Qual è il ruolo dell’Efsa e qual è quello della Commissione europea?
“Il ruolo dell’Efsa è pubblicare una valutazione scientifica, positiva o negativa, del materiale fornito a supporto del “claim”. Dopodiché, ci sono 30 giorni di tempo in cui chiunque – dall’azienda richiedente ad altri attori pubblici – ha la possibilità di mandare dei commenti alla Commissione europea, che insieme con gli Stati membri avrà l’ultima parola nella procedura di autorizzazione.
Ci sono alcuni “health claims” che hanno ricevuto una valutazione positiva da Efsa, perché scientificamente provati, ma che poi l’Ue ha deciso di non autorizzare per altre motivazioni, sociali o ambientali. Per esempio, Efsa ha giudicato positivamente una serie di indicazioni sulla caffeina, che poi la Commissione europea ha deciso di non approvare per timore di incentivare il consumo di questa sostanza nei più giovani”.

Quante tipologie di “health claims” esistono?
“Ci sono i “function health claims”, che indicano un beneficio nei confronti delle funzioni del corpo, fisiche o psicologiche, anche di tipo dimagrante o sul controllo del peso; i “risk reduction claims” che, invece, informano sulla riduzione di un fattore di rischio nello sviluppo di una malattia; e poi ci sono le avvertenze specifiche sulla salute dei bambini”.

Ci fa degli esempi di “health claims” appartenenti a queste tre categorie autorizzati in Europa?
“Per quanto riguarda la prima tipologia, nel 2009 è stata approvata l’indicazione per l’acido linoleico come ingrediente che contribuisce al mantenimento di livelli normali di colesterolo nel sangue. Può essere utilizzata solo per un alimento che fornisce almeno 1,5 grammi di acido linoleico per 100 grammi e il consumatore deve essere informato che l’effetto benefico si ottiene solo con l’assunzione giornaliera di 10 grammi di acido linoleico.
Sulle gomme da masticare dolcificante con xilitolo al 100% – e questo “claim” fa parte della seconda tipologia – si può scrivere, invece, che sono in grado di ridurre la placca dentale, che è un fattore di rischio per lo sviluppo della carie. Si deve però informare che l’effetto benefico si ottiene solo con il consumo di due-tre grammi di chewing gum tre volte al giorno dopo i pasti.
Per i “claims” pediatrici, infine, ci sono diverse indicazioni riguardanti la vitamina D, come quella approvata nel 2008: per gli alimenti che ne sono fonte si può affermare che contribuiscono alla crescita e allo sviluppo delle ossa nei bambini”.

L’Efsa è più severa nelle approvazioni rispetto all’Fda americana?
“No, i due enti richiedono lo stesso alto livello di evidenza scientifica. La differenza è che la legislazione americana prevede anche l’esistenza dei cosiddetti “qualified health claims”, ossia dichiarazioni di salute che l’Fda non autorizza (perché non soddisfano lo standard scientifico più rigoroso), ma a cui non si può opporre e che, quindi, l’industria alimentare è libera di apporre in etichetta, a patto che sia presente la seguente dicitura: “L’evidenza scientifica a supporto è limitata””.

Il nuovo “health claim” approvato dall’Fda sul consumo di yogurt e la riduzione del rischio di diabete di tipo 2 di quale categoria fa parte?
“Dei “qualified health claims””.

In Europa sarebbe mai stato approvato?
“La risposta ufficiale è che non possiamo saperlo, perché non abbiamo valutato il dossier. Tuttavia, direi che sarebbe stato improbabile, perché non sarebbe stato raggiunto il grado di evidenza scientifica richiesto per l’approvazione di un “claim” in Europa”.

 

 



www.repubblica.it 2024-05-03 14:44:15

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