Sclerosi multipla, il patto tra medico e paziente: “Scegliamo le cure migliori”


La sclerosi multipla è una delle patologie dove la ricerca ha fatto e continua a fare la differenza: negli ultimi decenni sono stati sviluppati decine di farmaci e oggi, se curata adeguatamente e per tempo, gli effetti di questa malattia possono essere rallentati. E la disabilità non è più una condanna, come lo era in passato. Il sistema nervoso delle persone con sclerosi multipla, infatti, viene colpito dall’infiammazione scatenata dal sistema immunitario e perde progressivamente alcune delle sue funzionalità. Non solo si può andare incontro a una ridotta capacità di camminare, di muovere braccia e mani, ma la sclerosi multipla è anche caratterizzata da sintomi invisibili – debolezza, problemi di vista, dolori, disturbi gastro-intestinali, incontinenza – che hanno un grande impatto sulla qualità di vita delle persone.

Il Processo decisionale condiviso

Ecco perché, accanto alle terapie, è fondamentale applicare il Processo decisionale condiviso: un dialogo franco e profondo fra persone ammalate e neurologi per identificare il percorso terapeutico più adeguato e migliorarne la qualità. Una strategia che aumenta l’aderenza terapeutica, riduce i costi sanitari di gestione della malattia, educa al trattamento e favorisce lo stile di vita più idoneo al paziente, con un impatto positivo sul decorso della malattia e sulla qualità di vita delle persone che ci convivono.

“La pratica clinica ci sta dimostrando che, stimolare i pazienti a partecipare attivamente alle decisioni terapeutiche non solo, ci aiuta a scegliere la soluzione più performante dal punto di vista clinico, ma può anche migliorare i risultati del percorso terapeutico stesso a vantaggio dell’autonomia e della qualità di vita dei pazienti – spiega Claudio Gasperini, direttore di Neurologia e Neurofisiopatologia del San Camillo -. La strategia si chiama appunto Processo decisionale condiviso, e il termine indica un approccio al processo decisionale sanitario in cui il paziente e il medico lavorano in collaborazione per sviluppare e implementare un percorso terapeutico personalizzato”.

Forlanini e coordinatore del Gruppo Sin per la sclerosi multipla

La sclerosi multipla colpisce in Italia 137 mila persone, soprattutto donne e giovani, visto che la diagnosi avviene in media fra i 20 e i 40 anni. I sintomi possono essere molto diversi da persona a persona, così come la velocità con cui progredisce la malattia. I sintomi si presentano in modi imprevedibili, portando ad alti livelli di incertezza e preoccupazione e una loro maggiore frequenza o intensità possono rappresentare un campanello di allarme sul decorso e sulla progressione della malattia.

“La sclerosi multipla è una sfida complessa e tale è la sua gestione – dice Francesco Vacca, presidente nazionale dell’Associazione italiana sclerosi multipla -. Una sua corretta presa in carico non può prescindere da un approccio multidisciplinare che mette al centro la persona, i suoi bisogni, le aspirazioni e la qualità di vita. La persona con sclerosi multipla deve percepire di non essere sola davanti alla malattia e avere la possibilità di condividere non solo informazioni cliniche, ma anche dubbi e paure con il proprio medico. Tutto questo, insieme con il supporto di una associazione come l’Aism, potrà essere d’aiuto per andare oltre la malattia e iniziare a progettare il proprio futuro”.

Il manifesto della Sinergia multipla

Con l’obiettivo di abbattere i tabù e rendere il dialogo fra medico e paziente realmente partecipativo, un gruppo di giovani neurologi e persone con sclerosi multipla ha sottoscritto “Il Manifesto della Sinergia multipla”: 10 raccomandazioni per operatori sanitari, istituzioni e cittadini. Uno dei punti riguarda la gestione della terapia, definita in base alle necessità cliniche e caratteristiche di ciascun individuo, e rivalutata periodicamente in caso di cambi nello stile di vita. Sebbene, infatti, non esista una soluzione farmacologica risolutiva per la sclerosi multipla, sono ormai disponibili diverse soluzioni ad alta efficacia, alcune delle quali particolarmente facili da gestire.

“Le evidenze scientifiche e la pratica clinica confermano che l’inizio precoce di un trattamento ad alta efficacia, tra i quali ofatumumab, può avere esiti positivi a lungo termine nel controllo dell’attività della malattia e nella prevenzione della disabilità – sottolinea Massimiliano Mirabella, direttore della Uos Sclerosi Multipla della Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli, nonché direttore del Centro di ricerca universitario Sclerosi Multipla “Anna Paola Batocchi” -. Il profilo di sicurezza favorevole di ofatumumab, combinato con la sua alta efficacia clinica e la versatilità data dall’autosomministrazione, lo candidano a diventare un trattamento di prima scelta per i pazienti naïve con forme recidivanti di sclerosi multipla con malattia attiva, in grado di rallentare la progressione della malattia e anche di migliorare la qualità della vita delle persone che ci convivono”.



www.repubblica.it 2024-05-23 16:23:17

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