Influenza aviaria, cresce l’allarme: la situazione, i rischi per la salute



Influenza aviaria, si alza l’asticella dell’attenzione. Secondo Nature, gli scienziati temono che il ceppo H5N1 diventi endemico nei bovini, favorendo la diffusione tra gli esseri umani. Le considerazioni rigurdo a questa preoccupazione arrivano da una serie di osservazioni all’interno di una situazione incerta e potenzialmente ad alto rischio. Vediamo quali.

Innanzitutto la presenza di una grande quantità di virus dell’influenza aviaria nel latte suggerisce che ci sono mucche asintomatiche infettate, il che significa che servono più test. A questo si aggiunge la scoperta dei ricercatori del Baylor College of Medicine di Houston in un lavoro in prepubblicazione su MedRxiv e che rigurda la rilevazione del virus nelle acqua reflue di 9 città del Texas, tra il 4 marzo al 25 aprile, quando sono stati registrati i focolai di H5N1 negli allevamenti e un contagio umano. La popolazione interessata è di milioni di abitanti. «L’analisi del genoma riscontrato nelle acque reflue – secondo gli scienziati – suggerisce l’origine aviaria o bovina dell’H5N1, ma non è stato possibile escludere altre potenziali fonti, in particolare l’uomo». E la crescente presenza del virus H5N1 negli animali domestici solleva notevoli preoccupazioni sul fatto che l’adattamento virale a persone immunologicamente fragili possa provocare la prossima pandemia influenzale, ricorda lo studio. «Questa indagine ci dice che il virus dell’aviaria è presente nelle feci, ovviamente, ma non sappiamo se provenienti da bovini o dall’uomo. Quello che mi fa pensare è che potrebbero essere bovini asintomatici e questo non è un buon segnale» commenta l’epidemiologo Massimo Ciccozzi, ordinario di Statistica medica ed epidemiologica molecolare all’Università Campus Bio-Medico di Roma.

Ma altri dati mostrano anche che il virus può effettuare il salto di specie avanti e indietro tra mucche e uccelli, una caratteristica che potrebbe consentirgli di diffondersi in ampi territori, e sempre negli Usa l’influenza A/H5N1 sta colpendo diverse specie, come i delfini, le puzzole e gli orsi. «Non abbiamo mai visto questa scala di infezioni nei mammiferi e in una tale diversità. Abbiamo visto più di 40 specie di mammiferi infettate durante le ultime epidemie, il che non ha precedenti. Sappiamo che l’influenza è imprevedibile, ma sappiamo anche che l’adattamento del virus ai mammiferi non è una buona cosa – ha commentato il virologo olandese Ron Fouchier, dell’Erasmus Medical Center di Rotterdam, nonchè uno dei maggiori esperti di H5N1.

Un altro aspetto importante è che una singola mucca può ospitare diversi tipi di virus influenzali, che potrebbero, nel tempo, scambiare materiale genetico per generare un ceppo in grado di infettare più facilmente l’uomo. Secondo Michael Worobey, biologo evoluzionista dell’Università dell’Arizona a Tucson questo «porta inevitabilmente alla combinazione sbagliata di segmenti genetici e mutazioni».

E poi c’è il tema della comunicazione. L’analisi genomica suggerisce che l’epidemia è probabilmente iniziata a dicembre, ma la carenza di dati sta ostacolando gli sforzi per individuare la fonte e non includono informazioni critiche che farebbero luce sulle origini e sull’evoluzione dell’epidemia. I ricercatori esprimono anche preoccupazione per il fatto che i dati genomici sono stati rilasciati 4 settimane dopo l’annuncio dell’epidemia, nonostante sia un “sorvegliato speciale” da decenni, in quanto possibile candidato per una nuova pandemia. «Il virus lo conosciamo bene – ha detto l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco, docente di Igiene all’Università del Salento dopo che la Fda ha spiegato che pur essendo basso il pericolo che il virus si diffonda tra gli esseri umani, al momento serve comunque prepararsi a una eventuale nuova pandemia con farmaci antivirali, vaccini e una serie di contromisure – I vaccini pandemici contro l’influenza sono stati disegnati proprio usando questo virus come modello e sono facilmente adattabili alle nuove varianti nel caso dovessero servire. Se c’è una pandemia per cui la sanità pubblica è pronta, è proprio quella da H5N1». Rispetto alle contromisure «è importante monitorare l’andamento dell’aviaria negli allevamenti e le possibili infezioni tra i lavoratori. Come negli ospedali gli addetti usano vestiario, mascherine e strumenti protettivi, così dovrebbero fare i lavoratori nelle aziende di latticini e casearie» ha spiegato Robert Califf, a capo della Food and Drug Administration (Fda).



www.ilsole24ore.com 2024-05-14 05:10:00

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