Tumore del polmone, si conferma il ruolo dell’immunoterapia


Per i pazienti con tumore polmonare non a piccole cellule, il tipo più diffuso, quest’anno sono stati presentati importanti risultati al congresso della Società Americana di Oncologia che si è da poco concluso a Chicago. Alcuni di questi risultati riguardano l’impiego dell’immunoterapia con nivolumab sia nella fase perioperatoria, sia come terapia neoadiuvante (prima dell’intervento), sia come terapia adiuvante (dopo l’intervento) in caso di malattia operabile. Ma andiamo più nel dettaglio.

L’immunoterapia in fase perioperatoria: lo studio CheckMate -77T

Innanzitutto, un’analisi esplorativa dello studio CheckMate -77T ha dimostrato un miglioramento della sopravvivenza libera da ricadute e della risposta patologica completa nei pazienti con tumore in stadio III resecabile trattati con un regime perioperatorio di nivolumab e chemioterapia in neoadiuvante seguiti da chirurgia e nivolumab in adiuvante, rispetto alla chemioterapia neoadiuvante e placebo seguiti da chirurgia e placebo adiuvante. Il vantaggio è stato indipendente dal coinvolgimento dei linfonodi. In particolare, la sopravvivenza libera da progressione mediana è stata di 30,2 vs. 10 mesi. Nel sottogruppo con meno di 2 linfonodi coinvolti, la mediana non è stata ancora raggiunta nel braccio sperimentale, rispetto a 17 mesi nel braccio di controllo.

L’immunoterapia prima dell’intervento: lo studio CheckMate -816

A questi dati si aggiungono quelli dello studio CheckMate -816, che confermano il ruolo di nivolumab in associazione alla chemioterapia neoadiuvante, sempre nei pazienti con tumore resecabile. I dati riguardano la sopravvivenza libera da eventi a quattro anni, che rappresentano il più lungo follow-up degli studi di Fase 3 per la valutazione dei trattamenti neoadiuvanti a base di immunoterapia dei tumori resecabili (di stadio IB-IIIA). Ed eccoli: nivolumab più chemioterapia neoadiuvante hanno continuato a migliorare la sopravvivenza libera da eventi rispetto alla sola chemioterapia (mediana: 43,8 mesi vs. 18,4 mesi); i tassi a quattro anni sono risultati maggiori nel braccio con nivolumab e chemioterapia neoadiuvante (49% vs. 38%). A quattro anni, il 71% dei pazienti trattati con nivolumab e chemioterapia neoadiuvante è vivo, rispetto al 58% dei pazienti trattati con la sola chemioterapia, sebbene questi dati sulla sopravvivenza globale non siano ancora maturi.

L’immunoterapia come trattamento adiuvante: lo studio CheckMate -9LA

Ultimi, ma non per importanza, i risultati a cinque anni dello studio CheckMate -9LA che mostrano i benefici duraturi di sopravvivenza a lungo termine con nivolumab in associazione ad ipilimumab e due cicli di chemioterapia, rispetto alla sola chemioterapia come trattamento di prima linea dei pazienti con tumore polmonare metastatico. Al follow-up minimo di 57,3 mesi, la combinazione con la doppia immunoterapia ha continuato a migliorare la sopravvivenza globale, con il 18% dei pazienti trattati con nivolumab in associazione ad ipilimumab e due cicli di chemioterapia vivo a cinque anni rispetto all’11% di quelli trattati con la sola chemioterapia. Il tasso di sopravvivenza a cinque anni nei pazienti con espressione del marcatore PD-L1 <1% è risultato più elevato, 22% rispetto all’8%. A distanza di 5 anni, il 19% dei pazienti mostra ancora risposta al trattamento, rispetto all’8% di quelli trattati con la sola chemioterapia. A questo follow-up esteso non sono stati osservati nuovi segnali di sicurezza. “All’Asco abbiamo presentato studi che dimostrano l’impatto dell’immunoterapia nelle fasi precoci della malattia, anche nei pazienti con tumori rimovibili chirurgicamente, per aiutare a prevenire le recidive - ha commentato Ian M. Waxman, M.D., Vicepresidente, senior global program lead, late development, oncology, Bristol Myers Squibb - Questi studi, oltre agli aggiornamenti nei pazienti con malattia avanzata, rafforzano il crescente numero di evidenze relative al nostro portfolio nel settore toracico e i nostri progressi nell’offerta di opzioni che migliorano le speranze di sopravvivenza”. Attualmente, nivolumab e le sue combinazioni sono approvate per tre indicazioni nel tumore del polmone non a piccole cellule, comprese le fasi neoadiuvante e metastatica.

Nuovi dati sulle terapie mirate: repotrectinib e adagrasib

Sempre al congresso sono stati presentati anche i dati su terapie mirate: repotrectinib, per i pazienti con riarrangiamento del gene ROS1, e adagrasib per i pazienti con mutazione KRASG12C. Nel primo caso, un’analisi aggiornata dello studio di Fase 1/2 TRIDENT-1 mostra come, al follow-up di circa tre anni, repotrectinib abbia continuato a produrre risposte durature nei pazienti con tumore ROS1-positivo e TKI-naive. Nel secondo caso, i dati dello studio di Fase 3 KRYSTAL-12 su adagrasib mostrano un miglioramento statisticamente significativo di sopravvivenza libera da progressione rispetto a docetaxel nei pazienti con  mutazione KRASG12C precedentemente trattati.

Il tumore del polmone

Il carcinoma polmonare è la causa principale di morte per tumore a livello globale. Oltre l’80% dei casi è rappresentato dalla forma non a piccole cellule l’84%. I casi non metastatici costituiscono oggi la maggioranza delle diagnosi: circa il 60%, la metà dei quali resecabile, e si stima che la percentuale sia in aumento grazie a programmi di screening avanzati nei grandi fumatori, come quello avviato anche in Italia. Nonostante la chirurgia, però, una percentuale tra il 30% e il 55% dei pazienti sviluppa recidiva e muore per la malattia: da qui la necessità di terapie da somministrare prima della chirurgia e/o dopo, per migliorare i risultati a lungo termine.



www.repubblica.it 2024-06-10 13:13:55

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