Tumore del polmone, via libera europeo alla terapia target per ridurre il rischio che…


Un beneficio senza precedenti. È quello che si ottiene nei pazienti con tumore al polmone a cui viene somministrato, dopo la chirurgia, alectinib, un farmaco che colpisce una specifica mutazione, ALK. I pazienti con questo tipo di malattia sono solo il 4-6% di quanti hanno un tumore al polmone non a piccole cellule, e hanno un profilo particolare: sono in media giovani, raramente fumatori e la loro malattia è particolarmente aggressiva. L’efficacia di alectinib è stata dimostrata dallo studio Alina, in cui i pazienti che hanno ricevuto il farmaco target hanno avuto una riduzione del rischio di recidiva di malattia o di morte del 76%. Risultati che ora hanno convinto la Commissione Europea ad autorizzare l’utilizzo di alectinib per questi pazienti.

“Prima dei risultati dello studio Alina, dopo la chirurgia, i pazienti con malattia Alk positiva venivano trattati con chemioterapia adiuvante come tutti gli altri. La sperimentazione ha sfidato questo modo di procedere mettendo a confronto la chemio con due anni di farmaco orale, dimostrando una superiorità schiacciante del secondo”, spiega Diego Cortinovis, Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori Monza, Università Milano Bicocca. “Risultati che hanno permesso di cambiare la pratica clinica anche prima dell’autorizzazione europea grazie a programmi di uso compassionevole”.

 

Sapere se il tumore presenta la traslocazione di Alk è quindi indispensabile per poter offrire ai pazienti la migliore cura possibile, fin dalle fase iniziali, prima della chirurgia. “Oggi abbiamo diversi strumenti terapeutici, alcuni dei quali possono essere usati anche prima dell’intervento di resezione del tumore. Sappiamo però che il tumore Alk riarrangiato non risponde bene all’immunoterapia, per esempio. Sapere se un paziente presenta questa alterazione ci permette di trattarlo nella maniera più efficace possibile: indirizzandolo verso una chirurgia specifica e poi alla terapia con alectinib”, sottolinea Cortinovis. Da qui l’importanza di un team multidisciplinare che discuta, fin dall’individuazione del nodulo sospetto, ogni singolo caso.

La terapia con alectinib in fase adiuvante, rispetto alla chemioterapia, oltre a portare un significativo miglioramento in termini di sopravvivenza libera da malattia, migliora la qualità della vita fisica e mentale, un risultato che viene mantenuto oltre i due anni di trattamento. Lo hanno dimostrato i dati presentati all’ultimo congresso della Società americana di oncologia medica (Asco) che si è svolto all’inizio di giugno a Chicago. L’analisi dei patient related outcomes (PROs), questionari che i pazienti compilano durante la terapia, ha evidenziato come sebbene la terapia con alectinib duri due anni – a fronte dei tre mesi di chemioterapia – la qualità di vita dei pazienti si mantenga buona lungo tutto il periodo. “I pazienti con malattia Alk traslocata sono in media giovani e pongono molta attenzione alla possibilità di continuare a svolgere la loro vita. È fondamentale guardare a quello che vogliono i pazienti e con questo studio lo sappiamo perché è stato valutato a partire dai PROs, cioè dalla voce dei pazienti, uno strumento che dovrebbe entrare sempre di più nella valutazione dei farmaci”, conclude Cortinovis.



www.repubblica.it 2024-06-14 14:13:27

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