No, l’aspirina non protegge dal tumore al seno


La domanda era netta: 300 mg al giorno di aspirina migliorano la sopravvivenza libera da malattia invasiva nelle donne che hanno avuto un cancro al seno non metastatico? La risposta – data da Wendy Y. Chen del Dipartimento di Oncologia Medica del Dana Farber Cancer Institute, di Boston, USA sulle pagine di Jama – è stata altrettanto netta. No: la terapia adiuvante con aspirina non protegge dalle recidive né dà benefici in termini di sopravvivenza nelle pazienti con carcinoma mammario non metastatico ad alto rischio.

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Lo studio Alliance

L’affermazione di Chen deriva dai risultati dello studio Alliance, randomizzato e in doppio cieco di fase 3, condotto negli Stati Uniti e in Canada su 3.020 donne di età compresa tra i 18 e i 70 anni colpite da tumore al seno non metastatico ad alto rischio tra il 2017 e il 2023. Le partecipanti, divise in due gruppi, dovevano ricevere 300 mg di aspirina al giorno o placebo per 5 anni. L’esito primario era la sopravvivenza libera da malattia invasiva, mentre quello secondario era la sopravvivenza globale.

Lo studio è stato sospeso prima del previsto, dopo appena tre anni, perché i risultati erano chiari: la differenza tra i due gruppi non era statisticamente significativa. E dunque, scrivono i ricercatori guidati da Chen su Jama, i medici non dovrebbero consigliare l’assunzione di aspirina come terapia adiuvante nel tumore della mammella.

Dati discordanti dagli studi osservazionali

L’obiettivo di Alliance era fare chiarezza rispetto ai dati provenienti da meta-analisi e studi osservazionali condotti in passato, che riportavano in effetti una riduzione del rischio di morte tra le donne con cancro al seno che assumevano regolarmente aspirina. Alliance, continua la ricercatrice, è il primo studio randomizzato e controllato con placebo sull’aspirina a indagare questo fenomeno tra le donne che hanno avuto questo tumore.

Va detto che anche dati su altri tumori, in primis quello del colon-retto, hanno lasciato ipotizzare un effetto protettivo dell’aspirina, ma anche che ad oggi non vi è alcuna indicazione all’uso del farmaco per la prevenzione dei tumori, in nessuna linea guida.

Una delusione inaspettata

I risultati, per quanto attendibili, non sono comunque facili da digerire per tutti coloro che hanno creduto nelle proprietà benefiche dell’acido acetilsalicilico. Lo studio Alliance – scrive infatti in un editoriale di accompagnamento Jeanne S. Mandelblatt del Georgetown Lombardi Institute for Cancer and Aging Research di Washington – potrebbe mettere in difficoltà i medici negli Usa: non sarà facile raccontare alle loro pazienti che no, l’aspirina non è uno strumento protettivo. D’altra parte, continua Mandelblatt nel suo editoriale, le proprietà antinfiammatorie e antipiastriniche dell’aspirina sono ben note, e potrebbero comunque avere un ruolo nel controllo della crescita tumorale. Non solo: è noto da tempo che l’aspirina ha anche un impatto su alcuni meccanismi neoplastici che sono il bersaglio di farmaci approvati dalla Food and Drug Administration (FDA) statunitense.

Domande aperte per studi futuri

In questo senso l’editoriale solleva anche qualche critica sulla scelta del campione dello studio: limitata diversità delle partecipanti, e potenziale esclusione di sottogruppi che avrebbero potuto trarre beneficio dall’uso dell’aspirina. Gli studi devono essere progettati, conclude Mandelblatt, tenendo conto dell’intersezionalità, considerando cioè anche altri determinanti di salute come la classe socioeconomica, l’età e altri fattori di disuguaglianza.



www.repubblica.it 2024-06-14 11:19:29

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