Tumori ginecologici: migliori risultati se le cure sono senza frontiere


Il tumore di Nadia sarebbe probabilmente rimasto senza una diagnosi e, quindi, senza una possibilità di cura. Come quello di Felipa e di Fatma. Sono tutti nomi di fantasia, ma questo non rende meno vere le storie che ci sono dietro. Sono le storie di 260 donne con tumori ginecologici rari che negli ultimi 6 anni sono rientrate in un programma speciale europeo. Un progetto che ha permesso in molti casi di identificare e tentare una terapia quando l’alternativa era un punto interrogativo.

I team virtuali di Eurocan

Tutti i loro casi sono raccolti in uno studio internazionale presentato in questi giorni all’ESMO Gynaecological Cancers Congress 2024 in corso a Firenze. Uno studio che dimostra il ruolo dei Comitati Multidisciplinari dei Tumori (MDT) all’interno della Rete di Riferimento Europea per i Tumori Rari negli Adulti (EURACAN).

Di che si tratta? Di gruppi di esperti di diversi Paesi che si riuniscono in meeting virtuali per discutere i casi più complessi (nel caso dei tumori ginecologici, i gruppi fanno parte del “Dominio G2“). Ebbene, in questi sei anni, il programma ha migliorato costantemente l’accesso delle pazienti con tumori ginecologici a consulenze esperte, ad approfondimenti con analisi genomiche, a trattamenti innovativi e a studi clinici anche in altri stati. Senza le raccomandazioni degli MDT dell’EURACAN G2, questo non sarebbe stato possibile in molti paesi.

La metà rara

Parliamo tumori del sistema riproduttivo, che coinvolgono quindi la cervice uterina, l’ovaio, l’utero, la vagina e la vulva, più i tumori trofoblastici gestazionali, che originano dalle cellule che danno origine alla placenta e si formano nell’utero durante la gravidanza.

Più della metà di questi tumori ginecologici sono rari, ossia diagnosticati in meno di 6 persone su 100 mila ogni anno. Questo vuol dire che la maggior parte dei centri oncologici ha un’esperienza limitata in queste neoplasie, e difficilmente partecipa a studi clinici. Il che si riflette su una bassa sopravvivenza.

“Trattare i tumori ginecologici rari pone numerose sfide in termini di mancanza di consenso sulla gestione, mancanza di linee guida condivise, in termini di scarsità di studi clinici, di difficoltà di fare diagnosi tempestive ed accurate, di accesso a nuovi trattamenti – ha spiegato Alice Bergamini, dell’Unità di Ginecologia e Ostetricia presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, prima autrice dello studio, a cui hanno partecipato anche altri due centri italiani.  

I risultati del programma

All’interno del programma europeo, da novembre 2017 ad ottobre 2023 si sono tenuti 67 incontri degli MDT, con medici da 18 Paesi europei che hanno rivisto complessivamente 260 casi di tumori ginecologici rari e complessi. Il numero dei clinici che hanno partecipato è molto aumentato in questo periodo, così come quello dei casi discussi, che è quasi raddoppiato.

I risultati? Ulteriori esami diagnostici sono stati richiesti in più di un caso su tre. Altre opzioni terapeutiche, diverse da quelle proposte originariamente, sono state suggerite per metà delle pazienti. E l’aderenza a questi trattamenti è stata alta: del 94%. Ancora: la sorveglianza attiva al posto della chemioterapia adiuvante è stata raccomandata per il 17% del campione, risparmiando a queste donne i potenziali effetti collaterali del trattamento.

Inoltre 37 pazienti – cioè circa una su 4 – sono state arruolate in sperimentazioni cliniche o hanno avuto accesso a terapie off-label: hanno avuto, cioè, la possibilità di accedere a farmaci ancora non approvati per i loro tumori ginecologici rari nel loro Paese.

“Mettere insieme i principali esperti in diversi campi e da nazioni differenti è una strategia chiave per migliorare il trattamento”, ha spiegato Bergamini: “Dà accesso a un livello di expertise che non è possibile raggiungere nei singoli centri, e aiuta a superare le risorse limitate dei singoli Paesi”. Indirettamente, questo approccio aiuta anche a rendere omogenea la cura di queste neoplasie in Europa, ed ha un grande valore formativo per i clinici.

Un modello che spinge la ricerca

Un’esperienza molto positiva, quindi, che sta incoraggiando l’utilizzo degli MDT anche per altri tumori rari. Attualmente EURACAN ha attivato 10 domini per 10 tumori solidi rari dell’adulto, che potrebbero aumentare, qualora si dimostrasse che questo approccio è in grado di rispondere ai bisogni di cura dei pazienti.

Inoltre, è un modello che incoraggia anche la ricerca: “I pazienti con  tumori rari rappresentano il 24% di tutti i malati oncologici, ma per molti di questi negli ultimi 20 anni non ci sono state nuove opzioni terapeutiche”, conclude Isabelle Ray-Coquard, presidente del Groupe d’investigateurs national evaluation des cancers de l’ovaire (GINECO), presso il Centro Leon Bérard dell’Università Claude Bernard di Lione, in Francia, e coordinatrice dell’EURACAN G2 – Dobbiamo continuare a fare ricerca per sviluppare nuove ipotesi che possono portare allo sviluppo di terapie che abbiano un’elevata possibilità di successo negli studi clinici”.



www.repubblica.it 2024-06-21 09:59:27

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