Tumore al seno avanzato, le nuove linee guida internazionali


Come affrontare il tumore al seno quando è avanzato? Quando, cioè, è inoperabile o si è diffuso ad altri organi, sviluppando metastasi? Potrà sembrare strano, ma solo da pochi anni esistono linee guida specifiche per questo stadio della malattia. E le ultime sono state da poco pubblicate su The Breast. Parliamo delle nuove linee guida dell’Advanced Breast Cancer (ABC) International Consensus Conference, un forum organizzato a Lisbona dalla ABC Global Alliance in cui, ogni due anni, vengono analizzati e discussi dai maggiori esperti e dalle pazienti di tutto il mondo i più recenti aggiornamenti scientifici sulla malattia. L’ultima conferenza, l’ABC 7, si è svolta lo scorso novembre.

Linee guida centrate sulle pazienti

La pubblicazione di queste raccomandazioni è sempre molto attesa per diversi motivi, primo tra tutti il fatto che sono centrate sulle esigenze delle pazienti (per la stragrande maggioranza donne, ma non solo). “Una delle differenze principali (rispetto ad altre linee guida per il tumore avanzato, ndr.) è che le linee guida ABC sono sviluppate insieme ai pazienti e ai gruppi di advocacy – spiega in un’intervista a MedScape Fatima Cardoso, direttrice della Breast Unit del Centro Clinico Champalimaud di Lisbona, presidente della ABC Global Alliance e della commissione per le linee guida – Pazienti e advocate sono infatti membri del gruppo di consenso in cui discutiamo questioni importanti su questa malattia e su come gestirla. Non parliamo esclusivamente di farmaci, perché ci sono anche altre esigenze per chi ha un cancro al seno avanzato, e forniamo raccomandazioni sulla cura complessiva di queste pazienti”.

Le indicazioni riguardano sia le migliori possibilità di trattamento a seconda del sottotipo di tumore al seno, sia le cure di supporto per la gestione degli effetti collaterali e dei sintomi, sia le cure palliative, sia la diagnostica. E si basano sulle più aggiornate evidenze scientifiche disponibili o, quando carenti, sul consenso degli esperti: per ogni raccomandazione si riporta il livello di qualità delle prime, la percentuale di accordo del secondo e la forza della raccomandazione. Queste ultime linee guida riuniscono quanto emerso nel corso dell’ABC 6 e dell’ABC 7. 

I progressi nella sopravvivenza

Il cancro al seno avanzato è ancora oggi una malattia che nella maggior parte dei casi non può essere guarita, ma negli ultimi 20 anni ci sono stati importanti progressi che hanno portato a un aumento della sopravvivenza globale mediana, sia nelle pazienti con un tumore positivo per i recettori del fattore di crescita epidermico umano 2 (HER2) sia in quelle con tumore estrogeno-positivo (ER+ HER2-): da 2-3 anni agli inizi del Duemila, a cinque e più anni oggi. Sopravvivenza mediana significa che la metà delle donne con tumore metastatico vive oltre questo tempo, a volte molto oltre. Dal punto di vista dei trattamenti, il tipo di tumore che vede i maggiori progressi in queste ultime linee guida è proprio il cancro al seno ormono-sensibile (ER+ HER2-): ci sono infatti nuovi farmaci già approvati o in fase di valutazione negli Usa e in Europa, e gli esperti hanno cominciato a discutere se e come dovrebbero essere utilizzati sulla base dei dati degli studi clinici, valutando il reale aumento della sopravvivenza e la tossicità.

Se il tumore avanzato è scoperto durante una gravidanza

Le linee guida affrontano anche questioni che nella pratica clinica sono piuttosto difficili da gestire, perché non esistono dati solidi. Un esempio è quello delle donne incinte che scoprono la malattia metastatica. “È importante rendersi conto – spiega ancora Cardoso a MedScape – che non è possibile somministrare la maggior parte dei nuovi trattamenti che hanno un impatto sulla sopravvivenza a una donna incinta”. Non è infatti possibile utilizzare la terapia endocrina, né agenti biologici come gli anti-HER2 o l’immunoterapia. L’unica possibilità è quindi la chemioterapia. “È un tema caldo negli Stati Uniti e abbiamo emesso una raccomandazione: in alcune situazioni in cui la vita della madre potrebbe essere a rischio perché non siamo in grado di fornire il trattamento più adeguato, dovrebbe essere libera di scegliere di interrompere la gravidanza”.

Le singole metastasi dovrebbero essere trattate?

Altre questioni possono sembrare accademiche, ma invece hanno ricadute molto pratiche. Per esempio: come si identifica un tumore oligometastatico, ossia che presenta poche metastasi? E quali criteri utilizzare per definire lo sviluppo della resistenza alla terapia ormonale? Si tratta di punti importanti che devono essere condivisi dalla comunità scientifica a livello internazionale, perché su di essi si basa la scelta del trattamento ottimale, la possibilità di rientrare in uno studio clinico, o la valutazione di efficacia di una terapia. Facciamo un esempio concreto: trattare le metastasi non cerebrali con terapie locali – per esempio la chirurgia, la radioterapia o le diverse possibilità di ablazione della radiologia interventistica – porta un vantaggio o no? E se sì quale e in quali casi? “Attualmente – si legge nel documento – i dati disponibili non supportano l’impatto delle terapie locali sulla sopravvivenza globale, pertanto non possono essere raccomandate nella pratica clinica di routine. Possono essere prese in considerazione, in casi altamente selezionati, dopo un’attenta discussione da parte di un team multidisciplinare e una decisione condivisa con la paziente, bilanciando potenziali guadagni e rischi e spiegando la mancanza di prove riguardo al suo impatto sulla sopravvivenza”.

Qualità di vita al centro

Le indicazioni riguardano anche le interazioni tra farmaci, che possono avere effetti negativi soprattutto per il cuore, e l’uso di antibiotici, che potrebbero interferire con l’efficacia dell’immunoterapia. Ancora: si parla della cura in caso di altre patologie o condizioni particolari – come la sieropositività all’Hiv o malattie mentali – e nelle donne anziane, spesso sotto-trattate ed escluse dagli studi clinici solo per la loro età, senza una reale valutazione dello stato di fragilità.

Centrale è sempre la qualità di vita: “Lo scopo di qualsiasi trattamento per una paziente affetta da tumore al seno avanzato deve essere non solo quello di aggiungere quantità, ma anche qualità, consentendole di continuare a costruire e realizzare progetti di vita. Con questo obiettivo in mente, e per poter godersi appieno la vita senza i vincoli o gli effetti collaterali dei trattamenti, alcuni pazienti chiedono delle ‘vacanze terapeutiche’. Questa nozione dovrebbe essere intesa come un periodo di sorveglianza senza trattamento. Non si tratta né di una sospensione definitiva del trattamento, né di un semplice allungamento dell’intervallo tra due cicli di trattamento”. È fondamentale notare – scrivono gli autori – che, anche quando l’accesso ai farmaci più recenti e più costosi è limitato, un approccio incentrato sul paziente, con un attento equilibrio tra efficacia e tossicità, che miri alla sopravvivenza più lunga con la migliore qualità di vita possibile, non solo è realizzabile ma anche di fondamentale importanza e spesso economicamente vantaggioso.

Gli argomenti toccati sono ancora molti: dalla comunicazione con le pazienti e con i caregiver, alla tutela dei diritti sul lavoro (per entrambi), alla possibilità di cure integrative. Un altro punto discusso riguarda le pazienti che fuggono da zone di guerra, che spesso non hanno informazioni sulla loro malattia e sulla terapia che stavano seguendo. In questo ambito, si sta cercando di capire come assicurare l’accesso ai dati sanitari. 

L’appello per studi migliori

“Il livello di evidenza di ciascuna raccomandazione è direttamente correlato alla qualità della ricerca sull’argomento – concludono gli esperti – Gli studi clinici nel campo del carcinoma mammario avanzato/metastatico continuano a escludere importanti sottopopolazioni di pazienti, spesso quelle con i maggiori bisogni insoddisfatti, e rimangono focalizzati su obiettivi che, sebbene con un certo valore, non hanno il potenziale per cambiare radicalmente gli esiti dei pazienti che vivono con il tumore al seno avanzato. Solo puntando più in alto, verso una migliore sopravvivenza e una migliore qualità della vita, potremo trasformare questa malattia inguaribile in una malattia cronica o addirittura potenzialmente guaribile”.

 



www.repubblica.it 2024-07-05 11:25:05

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