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Fibrillazione atriale, un chip sotto la pelle svela l’aritmia invisibile

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Ogni tanto, soprattutto nella terza età, portate il dito al polso e registrate il numero dei battiti. Se raggiungete i 100 al minuto, parlatene con il medico. Anche se non avete disturbi, potreste soffrire di fibrillazione atriale. E magari potreste aver bisogno di un trattamento mirato, visto che questa condizione comporta una maggior facilità a formare coaguli di sangue che, spostandosi lungo le arterie, possono aumentare il rischio che compaia un ictus.

Il problema è che spesso chi soffre dell’aritmia più comune, specialmente dopo i 50 anni, non sa di averla. Anche se magari presenta elementi che aumentano la possibilità di svilupparla come il sovrappeso.

Per aiutare queste persone in futuro potrebbe essere utile un chip da inserire sotto la pelle, capace di individuare le “bizzarrie” dell’attività elettrica del cuore e quindi di mettere sul chi vive in termini di prevenzione. A definire questa opportunità è una ricerca apparsa su Journal of American Medical Association (Jama) coordinata dagli studiosi del Massachusetts General e dell’Università Northwestern Feinberg School of Medicine.

Lo studio STROKE AF ha preso in esame poco meno di 500 persone divise in due gruppi, seguite per poi un anno: in una coorte è stato impiantato il rilevatore sotto pelle, nell’altro si è solamente eseguito un controllo attraverso elettrocardiogrammi dall’esterno.

In coloro che avevano avuto l’impianto del “rilevatore” sottocutaneo è stata scoperta una fibrillazione atriale nel 12,1% dei pazienti, contro l’1,8% osservato attraverso i comuni monitoraggi. Il tutto nonostante gli episodi di disturbo del ritmo non fossero particolarmente brevi, con una durata di oltre un’ora.

Ma in tutti i casi i pazienti non si accorgevano di quanto avveniva nel loro cuore. Il dato è di estrema importanza per i casi di ictus criptogenetico, ovvero senza una causa dimostrata: grazie a questa tecnologia, in futuro, si potrebbe arrivare a sviluppare un trattamento mirato sulla coagulazione anche in soggetti a rischio, ma senza sintomi di fibrillazione atriale.

L’aritmia cardiaca è caratterizzata dall’irregolarità dell’attivazione elettrica degli atrii, due delle quattro camere cardiache. In presenza di questa anomalia, le normali contrazioni atriali vengono sostituite da movimenti caotici, completamente inefficaci ai fini della propulsione del sangue. Inoltre il battito cardiaco diviene completamente irregolare. Viene infatti a mancare il controllo del ritmo cardiaco da parte del suo naturale segnapassi, chiamato nodo del seno, che viene invece rimpiazzato da altre aree degli atrii. Per questo si altera il battito cardiaco, con gli atrii stessi che si contraggono in modo scoordinato e disorganizzato, con il ritmo percepibile al polso che diventa irregolare e spesso più rapido.

Col tempo questa situazione tende a deteriorare la funzione cardiaca e anche l’attività di spinta del sangue verso l’organismo che il muscolo cardiaco normalmente esercita. Durante l’aritmia viene a mancare quindi un’efficace contrazione atriale. Le camere atriali sono praticamente immobili e progressivamente si dilatano. L’attività elettrica atriale rapida viene condotta come di consueto ai ventricoli attraverso il nodo atrio-ventricolare, che filtra e riduce la frequenza degli impulsi che lo attraversano. La frequenza ventricolare risulta essere comunque elevata. Le conseguenze della perdita della funzione meccanica dell’atrio e quindi del suo contributo al riempimento del ventricolo, variano da soggetto a soggetto.

In assenza di cardiopatia organica una fibrillazione atriale parossistica di breve durata, che va avanti per poche ore, è in genere ben tollerata, senza alcun risentimento emodinamico (la pressione arteriosa si mantiene normale e l’unico sintomo avvertito dal soggetto può essere un fastidioso senso di palpitazione). Per questo scoprire il quadro è importante in chiave preventiva.



www.repubblica.it 2021-06-11 09:07:34

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