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Sla, studio italiano: con l’Intelligenza Artificiale la diagnosi arriva prima

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L’Intelligenza Artificiale al servizio dei pazienti con Sclerosi Laterale Amiotrofica (Sla) ai quali viene data la possibilità non solo di ricevere una diagnosi tempestivamente ma anche di avere una sorta di previsione della progressione, più o meno veloce, della malattia. E’ possibile grazie a uno studio italiano, pubblicato sulla rivista scientifica Molecular Neurodegeneration, che dimostra che una particolare analisi del sangue permetterà di decodificare una sorta di ‘messaggi in bottiglia’ rilasciati dalle cellule e da cui sarà possibile conoscere il loro stato di salute. La notizia arriva alla vigilia della XIV Giornata Nazionale Sla, promossa da Aisla, Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica, e che si celebra domenica 19 settembre in centinaia di piazze italiane.

Il ritardo di diagnosi

La Sclerosi Laterale Amiotrofica è la più comune malattia del motoneurone, una cellula essenziale per inviare i comandi ai nostri muscoli scheletrici e permettere il movimento. La Sla è una malattia neurodegenerativa con prognosi infausta. Nonostante i numerosi progressi nella ricerca di base e clinica, non esiste una cura e viene diagnosticata dopo diverse indagini mediche ripetute nel tempo da parte di un neurologo esperto e al comparire dei primi sintomi motori che rivelano una situazione di danno avanzato. “I pazienti Sla – spiegano Andrea Calvo, del Centro regionale esperto per la Sla di Torino (Aou Città della Salute e della Scienza di Torino e Dipartimento di Neuroscienze Università di Torino) e Christian Lunetta del Centro Clinico NeMO di Milano e medical director di Aisla – ricevono una diagnosi conclusiva, in media, dopo circa un anno dall’insorgenza dei sintomi, vivendo lunghi periodi di frustrazione, e vengono inseriti con grande ritardo nei protocolli di cura sperimentali, riducendo le probabilità di successo. La malattia è inoltre molto eterogenea sia per aggressività che per velocità di progressione rendendo difficoltosa la prognosi e la pianificazione delle cure”.

Un lavoro di squadra

Ecco perché il risultato di questa ricerca è particolarmente prezioso per i pazienti. La scoperta è il risultato dello studio multicentrico italiano disegnato e coordinato da Valentina Bonetto, responsabile del Laboratorio di Biomarcatori Traslazionali dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri Irccs e da Manuela Basso del Dipartimento di Biologia Cellulare, Computazionale e Integrata (Cibio) dell’Università di Trento in collaborazione con il centro Cresla, Aou Città della Salute e della Scienza di Torino, l’Azienda Ospedale Università di Padova e a Milano: il Centro Clinico NeMO, ICS Maugeri e la Casa Cura Policlinico.

Vescicole sotto esame con l’IA

I ricercatori hanno prelevato tramite un semplice prelievo del sangue le vescicole che sono state isolate e caratterizzate. I dati ottenuti sono poi stati analizzati e rielaborati da Francesco Rinaldi del Dipartimento di Matematica dell’Università di Padova, che ha utilizzato dei modelli di Intelligenza Artificiale (I.A.) per predire, con accuratezza, se le vescicole extracellulari appartenevano a un individuo sano o affetto da patologia degenerativa. “Abbiamo sviluppato – spiega Laura Pasetto dell’Istituto Mario Negri, primo autore del lavoro – un protocollo rapido che permette di misurare le caratteristiche delle vescicole extracellulari nel sangue dei pazienti affetti da Sla. Abbiamo decodificato le informazioni derivanti da queste piccole particelle lipidiche circolanti nel sangue e abbiamo capito come distinguere questi pazienti da altri affetti da diverse malattie neurologiche e muscolari”.

La caratterizzazione dei pazienti Sla

“I dati raccolti con questa caratterizzazione – aggiunge Manuela Basso – mostrano che le vescicole di pazienti Sla hanno dimensioni e livelli di proteine diversi da controlli sani e pazienti affetti da distrofie muscolari o malattia di Kennedy, malattie che possono mostrare sintomi simili nelle fasi precoci. Utilizzando questi parametri siamo riusciti anche a predire in maniera accurata la velocità di progressione della malattia”. Oltre ad offrire una possibilità di diagnosi precoce, quali altri prospettive apre questa scoperta? “L’identificazione di biomarcatori – risponde Valentina Bonetto – specifici e predittivi per diagnosi e prognosi sarebbe di grande aiuto non solo per la gestione clinica dei pazienti ma anche per lo sviluppo di una terapia efficace. Gli stessi risultati sono emersi nei modelli animali e questo è promettente anche per il monitoraggio di future sperimentazioni farmacologiche. Ora ci attendono studi di validazione per poter trasferire le scoperte, rilevate su un campione composto da 106 pazienti Sla e 96 soggetti controllo, alla pratica clinica”.    
    



www.repubblica.it 2021-09-17 13:56:32

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