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I tre segnali per capire quando la valvola aortica non funziona

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Chi ha più di 75 anni, chi è ad alto rischio, chi non può essere sottoposto al classico intervento da parte del cardiochirurgo. Alla luce delle nuove linee guida della Società Europea di Cardiologia (Esc), si aprono gli spazi per le procedure di impianto transcatetere della valvola aortica, in caso di stenosi. Per sospettare questa alterazione della valvola ci sono tre sintomi che mettono in guardia, la difficoltà respiratoria, gli svenimenti e il dolore al torace. Il cardiologo, semplicemente auscultando il torace del paziente, può ipotizzare la presenza del difetto valvolare e quindi procedere ad un ecocardiogramma, che può confermare la diagnosi.

La scelta dell’intervento

Poi si pensa all’intervento per correggere il problema, sia esso cardiochirurgico o meno invasivo, con un’attenzione alla qualità di vita anche a distanza oltre che all’aspettativa di vita, per valutare la scelta. Non ci sono ricette generali, quindi attenzione: la Tavi (così viene definita tecnicamente questa ultima strategia), va indicata caso per caso dagli specialisti, quando ovviamente le condizioni della valvola aortica eccessivamente “stretta” richiedano un trattamento. Ciò che conta è essere seguiti al meglio con la presa in carico del paziente da parte di un centro che possa prevedere l’impegno di diversi specialisti. Occorre quindi che sia presente un “Heart Team” composto da cardiologi clinici, cardiologi interventistici, cardiochirurghi, specialisti di imaging cardiaco, anestesisti cardiovascolari e infermieri, con l’obiettivo di valutare sia i fattori clinici che anatomici e, da adesso, anche le preferenze dei pazienti.

“L’Heart Team rappresenta il “nucleo operativo” centrale fondamentale che può indirizzare il paziente verso il miglior standard di cura, secondo le specifiche condizioni fisiche e cliniche di ciascuno. Si tratta di un vero e proprio lavoro di squadra in cui le decisioni vengono condivise con un approccio multidisciplinare” – spiega Francesco Musumeci, Past President della Società Italiana di Chirurgia Cardiaca (Sicch). “Un altro aspetto fondamentale è il contesto in cui il paziente deve essere curato: a prescindere dall’approccio scelto – chirurgico o mini-invasivo – è necessario che questo avvenga all’interno di un Heart Valve Center”.

L’arrivo della Tavi

Gli attuali approcci di cura prevedono il ricorso all’intervento chirurgico o a procedure interventistiche percutanee mini-invasive, come l’impianto transcatetere della valvola aortica (Transcatheter Aortic Valve Implantation – Tavi), a seconda delle condizioni del paziente”. La Tavi è una procedura che consente il trattamento di pazienti ad alto rischio chirurgico o inoperabili. In Italia il ricorso a questo approccio non è generalizzato. Dal 2014 al 2019, l’adozione dell’approccio transcatetere è aumentato in Italia passando da 2.586 a 8.255 procedure totali. Ma esistono significative disparità territoriali legate alla frammentazione a livello regionale del Sistema Sanitario Nazionale. Si passa, infatti, da regioni come Lombardia, Veneto, Campania – con rispettivamente 22%, 11,3% e 10,5% delle procedure effettuate nel 2020 – a regioni dove l’applicazione si attesta ancora intorno a meno del 5%.

Non sottovalutare la situazione

L’importante, in ogni caso, è affrontare il quadro che interessa soprattutto gli anziani. E non sottovalutare la situazione, non solo in base ai numeri (sarebbero circa 60.000 ogni anno i malati con stenosi aortica che avrebbero bisogno di trattamento, ma a volte il quadro non viene riconosciuto) ma anche sulla scorta del “peso” di una malattia che può risultare molto grave. Per questo riparte una campagna informativa che coinvolge Gise (Società Italiana di Cardiologia Interventistica) in collaborazione con Sic (Società Italiana di Cardiologia) e Sicch (Società Italiana di Chirurgia Cardiaca).

Non è una malattia benigna

“La stenosi aortica non trattata non è una malattia benigna, dato che circa il 50% dei pazienti affetti dalla forma severa sintomatica muore entro due anni dall’inizio dei sintomi – commenta Ciro Indolfi, presidente della Società Italiana di Cardiologia – la cardiologia ha rivoluzionato la terapia di questa patologia, che prima poteva essere trattata solo chirurgicamente, introducendo la Tavi, grazie alla quale oggi migliaia di pazienti in Italia vengono trattati con successo. Le nuove indicazioni della Società Europea di Cardiologia aggiornano alcuni parametri per la scelta del trattamento più adeguato, aumentando il livello di raccomandazione per la procedura, che diventa la prima opzione nei pazienti over 75. Sotto questa soglia d’età, si ricorre principalmente alla cardiochirurgia se il rischio chirurgico è basso, diversamente si può propendere per l’approccio con Tavi”.



www.repubblica.it 2021-09-23 11:45:54

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