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Tumori: un anno di canottaggio per recuperare il benessere

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CENTO donne, pazienti oncologiche, faranno canottaggio per un anno, sotto stretto controllo dei medici. Che misureranno quanto questo sport, praticato regolarmente e adattato alle condizioni fisiche di ciascuna delle partecipanti, possa portare migliorare sia la prognosi sia l’esperienza di cura. Parliamo dello studio Catalina, un progetto scientifico sostenuto dalla Fondazione Insieme contro il cancro e presentato oggi a Roma.

L’iniziativa muove da due premesse: la prima è che ogni anno si ammalano di tumore oltre 180 mila donne nel nostro paese; la seconda è che la pratica di uno sport per almeno tre volte a settimana migliora la qualità della vita e, per alcuni tumori, riduce anche il rischio di recidiva. “Lo sport può essere considerato un ‘farmaco’, un attore principale nella prevenzione oncologica primaria e terziaria, cioè per ridurre il rischio di ricadute, e un coadiuvante nel trattamento oncologico”, spiega Silvia Novello, presidente di WALCE – Women Against Lung Cancer in Europe e Ordinario di Oncologia all’Università di Torino, responsabile scientifico dell’iniziativa: “Questo è ormai scientificamente provato da numerose ricerche condotte negli ultimi anni. Con lo Studio Catalina vogliamo offrire un contributo tangibile alla ricerca, con uno studio che valuti se sia possibile aiutare le donne nel loro percorso di malattia attraverso uno sport bellissimo come il canottaggio. Alcune forme di tumore sono in aumento soprattutto tra le donne. Vanno trovate nuove soluzioni per sostenere le pazienti anche nella prevenzione terziaria e nella riabilitazione”.

I benefici dello sport

La pratica sportiva può infatti alleviare alcuni effetti collaterali delle terapie anti-tumorali, agire sull’ansia e sulla percezione del dolore. Inoltre favorisce l’inserimento sociale combattendo così la solitudine e la depressione. Il canottaggio, in particolare, potrà aiutare le partecipanti nel recupero dei movimenti di braccia e tronco, con vantaggi anche nel caso di gravi neoplasie in pazienti che hanno mantenuto un buono stato generale di salute. Nelle donne operate per un tumore al seno, per esempio, è già dimostrato che pagaiare aiuta il recupero e riduce il rischio di linfedema, il rigonfiamento delle braccia a volte legato alla rimozione dei linfonodi. “Sappiamo che il tumore del polmone è in crescita a causa dell’incremento del fumo tra le donne. E molte pazienti non riescono a smettere nemmeno dopo la diagnosi”, sottolinea inoltre Francesco Cognetti, Presidente di Insieme contro il Cancro: “Lo sport può rappresentare sempre un alleato del benessere femminile anche per quello di chi sta affrontando una neoplasia”. 

Lo studio Catalina

Lo studio è stato co-disegnato da medici e pazienti seguendo la metodologia Human Centered Design per il migliore coinvolgimento delle malate, a partire da iniziative dell’Associazione italiana malati di cancro (Aimac) e dall’esperienza dell’associazione Rosaremo, che da 5 anni offre alle donne con tumore al seno percorsi di canottaggio. Il programma sportivo si basa sull’Attività Fisica Adattata (APA o AFA): esercizi regolati sulla base delle esigenze del singolo paziente, per tipologia, quantità, durata, frequenza e intensità. Un coach accompagnerà le partecipanti per tutta la durata dell’iniziativa, con un piano personalizzato di allenamenti. In caso di necessità specifiche sarà disponibile anche un fisiatra. Le condizioni di salute delle donne, anche dal punto di vista nutrizionale e psicologico, saranno analizzate attraverso uno screening iniziale, e poi rivalutate a 3, 6 e 12 mesi. “Il canottaggio è uno sport sia aerobico che anaerobico”, spiega Attilio Parisi, Rettore Università di Roma Foro Italico: “Può essere molto impegnativo a livello cardiovascolare e respiratorio e perciò offre moltissimi benefici a livello muscolo-scheletrico, mettendo in movimento quasi tutto il corpo allo stesso momento”.

Al progetto, che ha il patrocinio della Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (FAVO), partecipano l’Ospedale San Luigi Orbassano di Torino, l’Humanitas Gavazzeni di Bergamo, l’IOV di Padova, l’Istituto Nazionale Tumori “Regina  Elena” di Roma, l’Asl Roma, l’Ospedale Perrino di Brindisi e l’Istituto Nazionale Tumori Pascale di Napoli. Per quanto riguarda lo svolgimento delle attività di canottaggio sono stati coinvolti il Circolo dei Canottieri di Caprera di Torino, il Circolo Aniene e Deportivo di Roma, il Circolo Savoia di Napoli, il Circolo dei Canottieri di Padova, la lega Navale italiana sezione di Barletta. Le associazioni Rosaremo, Cuore di Donna, WALCE e altre che vorranno aggregarsi aiuteranno nel reclutamento delle pazienti.

Nuovi percorsi per gli allenatori

Parallelamente, CONI e Federazione Italiana Canottaggio svilupperanno dei percorsi formativi a supporto di nuove figure che aiutino i malati oncologici nella pratica di un’attività sportiva. “Lo sport è sempre più importante per il nostro Sistema Paese in quanto può avere non solo una valenza sociale ma anche medica. Va perciò contrastata a 360 gradi la sedentarietà che è una ‘malattia’ ancora troppo diffusa. E questo deve avvenire anche in una categoria di persone molto particolare come le pazienti oncologiche”, commenta Carlo Mornati, Segretario Generale CONI. “Ed è necessario scoprire come l’attività fisica possa interagire con la medicina, affiancandola e migliorando la qualità di vita delle persone. Speriamo che questo studio potrà dare risposte importanti per molte donne. Al tempo stesso contribuirà a promuovere la nostra disciplina sportiva ad un numero maggiore di persone”, aggiunge Giuseppe Abbagnale, Presidente della Federazione Italiana Canottaggio. “L’Helpline nazionale di Aimac riceve ogni giorno molte richieste da parte di malati e caregiver sulla possibilità o meno di fare sport durante e dopo le terapie”, conclude Francesca Traclò, Vicepresidente Fondazione Insieme contro il cancro: “Dobbiamo poter rispondere anche attraverso i dati di studi specifici”.



www.repubblica.it 2021-10-27 15:08:10

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