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Turni di notte: si sta peggio se la rotazione del lavoro è antioraria

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I turni di lavoro notturni sono una necessità per molte professioni, ma rappresentano anche un potenziale rischio per la salute e un fattore che influisce sulle capacità professionali, la vigilanza e l’efficienza dei lavoratori. Seppur ineliminabili in settori come la sanità, visto che le strutture ospedaliere devono necessariamente rimanere accessibili a tutte le ore del giorno, è possibile comunque ottimizzare la turnazione dei dipendenti per minimizzare l’impatto del lavoro notturno.

Come? Evitando ad esempio i cosiddetti turni antiorari, in cui il ciclo del lavoro prevede una rotazione di turni notturni, pomeridiani e mattutini prima di un giorno di riposo, e adottando piuttosto una rotazione oraria, che inizia con un turno mattutino, seguito da uno pomeridiano e quindi dal turno notturno.

A dimostrarlo è uno studio realizzato dal Dipartimento di Psicologia della Sapienza, in collaborazione con la Fondazione Santa Lucia di Roma e con l’Università dell’Aquila, e pubblicato sulle pagine di Jama Network Open.

Il nuovo lavoro si inserisce in una linea di ricerca che impegna ormai da diversi anni il team di Luigi De Gennaro, Professore di Psicobiologia e Psicofisiologia del Sonno della Sapienza, volta a studiare le conseguenze del lavoro a turni nel personale infermieristico italiano. “Gli studi che abbiamo svolto negli scorsi anni ci hanno permesso di dimostrare che i turni di lavoro notturni sono associati ad un aumento di sonnolenza e fatica per gli infermieri, e ad una concomitante riduzione della performance in compiti di vigilanza psicomotoria, che vengono poi ulteriormente peggiorati dalla cattiva qualità del sonno a cui sono sottoposti tutti i lavoratori a turni”, spiega a Salute De Gennaro.

“In quest’ultima ricerca abbiamo voluto verificare se esistessero ulteriori caratteristiche dell’organizzazione del lavoro a turni che peggiorano l’impatto che ha sulla salute e sulle prestazioni degli infermieri, e abbiamo deciso di concentrarci, in particolare, sulla direzione oraria o antioraria della turnazione”.

L’ipotesi di partenza – sottolinea l’esperto – è che nel caso della turnazione, come capita per i lunghi viaggi in aereo o all’arrivo dell’ora legale, la direzione in cui si sposta l’addormentamento non sia indifferente. Se si viaggia verso Est, ad esempio, gli effetti del jet lag sono molto peggiori di quelli che soffriamo viaggiando verso Ovest. O nel caso dell’ora legale, quando spostiamo le lancette in avanti in autunno l’incidenza di disturbi del ritmo circadiano è molto minore di quanto non avvenga in primavera, quando le riportiamo indietro di un’ora. Questo perché per il nostro organismo è più naturale spostare in avanti la fase del sonno, rispetto a quanto non lo sia anticiparla. E con la turnazione antioraria quello che accade è proprio uno spostamento all’indietro del ritmo circadiano, che obbliga ad anticipare la fase del sonno, a differenza di quanto avviene con la turnazione oraria, che la posticipa”.

Per verificare la loro ipotesi, i ricercatori hanno coinvolto 144 infermieri di cinque ospedali italiani, 3 dei quali utilizzano una turnazione oraria, e due una antioraria, valutando la qualità del sonno dei partecipanti, la sonnolenza, i livelli di stanchezza e la capacità di concentrazione durante i turni di lavoro.

I risultati hanno confermato quanto sospettato da ricercatori: gli infermieri che lavorano con una turnazione antioraria hanno mostrato un peggioramento in tutti gli aspetti studiati, e non solamente durante i turni notturni, ma anche quando lavorano di mattina o di pomeriggio, a differenza dei colleghi che seguono una rotazione oraria dei turni di lavoro.

“Scegliendo una turnazione oraria si possono limitare in modo importante gli effetti deleteri dei turni notturni sugli infermieri, sia in termini di fatica e di performance psicomotorie, sia probabilmente per quanto riguarda gli effetti a lungo termine che il lavoro notturno può avere sulla salute”, sottolinea De Gennaro.

“Ci auguriamo ovviamente che i nostri risultati spingano le aziende ospedaliere che applicano una turnazione antioraria a riconvertirsi a un regime orario. Ma la nostra ricerca non si ferma qui: l’obiettivo più ambizioso è di ridurre le conseguenze negative dei turni notturni, per qualsiasi regime di turnazione, e a tal fine stiamo pianificando uno studio ancora più ambizioso che utilizzerà occhiali per fototerapia da far indossare al personale infermieristico durante il turno notturno, per verificare se in questo modo sia possibile minimizzare l’effetto”.



www.repubblica.it 2021-10-31 06:24:00

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