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Che cos’è l’aritmia maligna dell’attaccante del Barcellona Aguero

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Il mondo del calcio ancora una volta si interroga sulle aritmie cardiache. Trapela la notizia di un possibile stop all’attività sportiva per Sergio Aguero, attaccante argentino del Barcellona di 33 anni. La causa sarebbe una non meglio precisata “aritmia maligna”. A sostenere questa possibilità è una notizia che ribalza da Radio Catalunya. Aguero ha accusato un dolore al petto durante la partita contro l’Alaves in ottobre. Ovviamente, sul fronte medico, si possono fare solo ipotesi su quanto potrebbe essere avvenuto al calciatore, seguito da Josep Brugada, scopritore con il fratello Pedro dell’omonima sindrome che, guarda caso, può portare ad una fibrillazione ventricolare maligna che compare anche nei giovani e negli adolescenti.

Gli arresti cardiaci in questo specifico quadro, tuttavia, non sono mai legati allo sforzo. “In termini generali si possono fare diverse ipotesi: la prima, più remota è che ci siano alterazioni congenite non identificate fino al momento in cui si sono fatti accertamenti specifici, la seconda è che si tratti di un quadro geneticamente determinato che tuttavia tende a manifestarsi nel tempo, per cui una persona può non avere segni a 25 anni e magari manifestarli a 30 – spiega Gaetano Maria De Ferrari, ordinario di Cardiologia dell’Università di Torino  –  Nel primo caso due sono i quadri da tenere in particolare considerazione: la sindrome del QT lungo e una forma particolarmente rara che tuttavia può dare aritmie maligne pericolose che spesso non vengono identificate. Si definisce con la sigla inglese CPVT che sta per Tachicardia Catecolaminergica Ventricolare Polimorfa”.

Questo quadro estremamente complesso, come accade per la più nota sindrome del QT lungo (caratterizzata quindi da una particolare conformazione della curva dell’elettrocardiogramma) può indurre appunto forme di tachicardia ventricolare particolarmente gravi ed è di natura genetica. “Va detto comunque che è estremamente improbabile che quadri di questo tipo non vengano identificati prima – segnala l’esperto – diversa è la situazione per quanto riguarda la cardiopatia aritmogena ventricolare, quella che un tempo veniva definita displasia. In questo caso l’aritmia maligna compare soprattutto sotto sforzo ed ha una particolarità. E’ di natura genetica, ma può non manifestarsi per molto tempo per poi comparire. Quindi questo quadro potrebbe risultare del tutto assente in controlli specifici eseguiti magari intorno ai 20 anni, per poi essere rilevato qualche anno dopo”.

C’è tuttavia un elemento che colpisce in questa ridda di ipotesi cliniche (non si può certo parlare di dati certi) su quanto potrebbe essere avvenuto. Il dolore al petto, infatti, non è un segno classico di queste forme aritmiche, che possono risultare mortali e determinare un arresto cardiaco perché il cuore batte all’impazzata, senza tuttavia che ci sia il classico dolore che caratterizza l’infarto.

“Questo particolare sintomo può far ipotizzare una terza possibilità, ovvero che alla base del quadro possa esserci una forte infiammazione del miocardio, ovvero una miocardite – conduce De Ferrari. Questa non è una condizione congenita ma acquisita e può condurre a sofferenza di un piccolo gruppo di cellule, scatenando potenzialmente anche problemi di tipo aritmico. Come detto, comunque, si tratta solo di ipotesi. Sicuramente c’è da dire che per la possibile ripresa dell’attività agonistica occorre valutare in base alle legislazioni dei diversi Paesi. In Italia uno sportivo con defibrillatore non può più giocare a calcio, mentre negli USA ci sono cestisti che praticano l’attività sportiva anche con questi dispositivi impiantati”.

A far paura, quando si parla di forme maligne di aritmia, è soprattutto la fibrillazione ventricolare, la più grave di queste condizioni. Porta il ventricolo sinistro a contrarsi anche centinaia di volte al minuto in maniera del tutto autonoma rispetto all’atrio soprastante, che invece mantiene il suo normale ritmo. Questa situazione porta rapidamente ad un gravissimo problema nella circolazione del sangue. Infatti le contrazioni “impazzite” del ventricolo sono del tutto inutili, perché ogni volta il sangue immesso nell’aorta è di gran lunga inferiore rispetto alle necessità dell’organismo. In pochi secondi, quindi si può verificare uno stato di grave ischemia al cuore stesso, al cervello e agli altri organi che, se non viene trattata l’aritmia di base. Nelle forme più gravi solo la defibrillazione, ovvero quel particolare trattamento elettrico che mira a rimettere il cuore nel suo ritmo normale, può avere significato e salvare una vita.

 

 



www.repubblica.it 2021-11-12 13:40:26

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