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Anemia, insufficienza renale e dolori alle ossa: i sintomi del mieloma multiplo

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OGNI anno colpisce 5.800 persone in Italia, soprattutto anziani. Parliamo del mieloma multiplo, i cui numeri sono in costante aumento. Un dato che, in realtà, è positivo, perché significa che è possibile convivere sempre più a lungo con questa patologia. Abbiamo chiesto ad Alessandro Corso, Direttore della Struttura Complessa U.O.C. Ematologia dell’Ospedale di Legnano, ASST Ovest milanese, di spiegarci quali sono i sintomi della malattia e come viene trattata oggi.

Prof. Corso, cos’è il mieloma multiplo e cosa comporta?
“È un tumore del sangue tipico dell’anziano, di solito diagnosticato intorno ai 70 anni di età. Gran parte delle problematiche legate alla malattia si deve alla produzione di proteine anomale da parte di cellule tumorali presenti nel midollo osseo. Quando queste proteine sono presenti in grandi quantità, portano all’insufficienza renale. A livello midollare causano disturbi legati all’immunodepressione, come una maggiore facilità di contrarre infezioni, o una riduzione dei globuli rossi che può portare all’anemia. Un’altra conseguenza caratteristica è l’indebolimento scheletrico, che può essere molto grave”.

Quali sono i sintomi?
“Alcuni pazienti non presentano alcun sintomo e scoprono di avere questa malattia attraverso esami di routine. Altri iniziano a soffrire di insufficienza renale, sviluppano anemia, hanno forti dolori alle ossa o addirittura vanno incontro a fratture molto facilmente. Il sintomo più frequente è proprio questo: il 50% dei malati scopre di avere il mieloma multiplo a causa di lesioni ossee che possono portare anche a crolli vertebrali o fratture delle ossa lunghe”.

Quali terapie si usano oggi?
“Lo scenario è molto cambiato negli ultimi 20 anni: in passato l’unico approccio era la chemioterapia, mentre ai più giovani, sotto i 65 anni, veniva consigliato il trapianto autologo di cellule staminali. A partire dagli anni Duemila sono stati introdotti i farmaci biologici, che interferiscono in modo diverso con la malattia e agiscono sulla plasmacellula e sul microambiente midollare. Questi medicinali appartengono a tre diverse famiglie: gli immunomodulatori, di cui fanno parte la talidomide, la lenalidomide e la pomalidomide; gli inibitori del proteasoma, come bortezomib, carfilzomib e ixazomib; gli anticorpi monoclonali, cioè elotuzumab, daratumumab e isatuximab. Tutti questi farmaci, la cui efficacia inizialmente è stata verificata come agenti singoli, nel tempo sono stati inseriti in schemi di combinazione in quanto, grazie alla loro sinergia, l’efficacia nei confronti della malattia risulta aumentata. Gli anticorpi monoclonali, ultimi arrivati, non fanno eccezione e oggi fanno parte della terapia del mieloma in tutti i setting dei pazienti, giovani e anziani, nelle varie linee di terapia. I protocolli di cura prevedono una combinazione di almeno due farmaci e del cortisone.

Cosa prevede la terapia continuativa?
“I pazienti più giovani vengono sottoposti a un programma di terapia ad alte dosi che prevede diverse fasi. La prima fase viene detta ‘di induzione’, in cui si usa uno schema di combinazione dei nuovi farmaci. A questo punto vengono raccolte le cellule staminali che dovranno essere criopreservate. Segue una chemioterapia ad alte dosi, detta “di condizionamento”, dopo la quale le cellule staminali vengono reinfuse (trapianto autologo, ndr.), e si prosegue con la terapia ‘di mantenimento’”.

Come avviene la somministrazione delle terapie?
“Dipende dal tipo di farmaco. Gli immunomodulatori vengono assunti per via orale e prevedono dei controlli diradati una volta al mese, in ambulatorio. Gli anticorpi monocolonali vengono somministrati per via endovenosa. Un’eccezione è il daratumumab, che nel 2022 dovremmo riuscire a iniettare per via sottocutanea, una modalità molto più veloce. Gli inibitori di proteasoma, invece, si differenziano tra loro anche per assunzione: il bortezomib viene iniettato sottocute, il carfilzomib in vena e l’ixazomib viene preso per via orale”.

Qual è la qualità di vita dei pazienti?
“La terapia continuativa, che prevede una fase di attacco e poi una di mantenimento, garantisce un vantaggio importante ai fini del controllo della malattia, con la quale si può convivere anche per molti anni. Sulla qualità di vita dei pazienti influiscono sia le modalità di somministrazione dei farmaci sia la loro tollerabilità. Assumere le terapie per via orale e diminuire il numero di visite è molto importante. Cerchiamo di eliminare il più possibile gli effetti collaterali con modifiche degli schemi e riduzioni delle dosi dei medicinali, che comunque di solito sono ben tollerati anche dai più anziani”.

Cosa causa il mieloma multiplo?
“Oggi non sappiamo cosa scateni il mieloma multiplo. Sono stati svolti numerosi studi per dimostrare le possibili correlazioni con le esposizioni a radiazioni e agenti chimici, ma non è mai stato dimostrato nulla di definitivo. Si sovrappongono errori genetici che rendono imprevedibile l’esordio della malattia. Non è ereditaria, però si può osservare una familiarità, una specie di predisposizione a svilupparla: un sistema immunitario che lavora con difficoltà sembra poter contribuire, sebbene non ci siano ancora evidenze scientifiche. Tutte le alterazioni genetiche che riscontriamo, però, non sono trasmissibili, ma acquisite nel corso della vita”.



www.repubblica.it 2021-11-22 14:54:38

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