Tutte le notizie qui
Backaout
Backaout

Tumore al seno triplo negativo: come cambierà la cura

50

- Advertisement -


Triplo negativo. Due parole che accompagnano la diagnosi di tumore al seno in circa 1,5 casi su 10. E che lo fanno apparire ancora più temibile. Se, infatti, per gli altri tipi di cancro della mammella sono state messe a punto molte terapie che nel giro di 20 anni ne hanno ribaltato la prognosi, per il tumore triplo negativo i progressi sono stati pochi. Lo scenario, però, è in parte migliorato negli ultimissimi anni e sta ancora per cambiare, come raccontiamo nella newsletter di Salute Seno.

SALUTE SENOIl link per iscriversi alla newsletter

Cos’è il tumore triplo negativo

Andiamo con ordine e cominciamo dal nome di questo tumore. I “tre meno” stanno a indicare che la malattia non dipende né dagli estrogeni, né dal progesterone (non è, cioè, ormone-dipendente), né dal fattore di crescita umano: a nulla vale, quindi, utilizzare quelle terapie che hanno la funzione di bloccare questi ormoni. Questo è uno dei motivi (non il solo) per cui il triplo negativo è considerato, in genere, clinicamente il più aggressivo dei tumori al seno (sebbene non tutti si comportano allo stesso modo). Colpisce prevalentemente donne giovani, spesso con mutazioni nel gene BRCA1 e per cui è alta la possibilità di recidive e metastasi.

Il trattamento, oggi

Come viene trattato questo tumore oggi? “Per le pazienti con tumore in stadio precoce il trattamento standard adiuvante in Italia è ancora la chemioterapia, a meno che non si rientri in uno studio clinico”, risponde Alessandra Gennari, professore associato di Oncologia all’Università del Piemonte Orientale e direttore di Oncologia Medica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Maggiore della Carità di Novara: “Per le pazienti con tumore metastatico, invece, ci sono due possibilità per la prima linea di trattamento: una parte, circa il 40%, può ricevere l’immunoterapia con atezolizumab insieme a un chemioterapico. Si tratta delle pazienti che presentano un particolare biomarcatore – chiamato PD-L1 – che indica maggiore probabilità di rispondere all’immunoterapia. La maggior parte, però, riceve solo chemioterapia”.

Quando la malattia progredisce, se è presente la mutazione nei geni BRCA si può ricorrere alla terapia target con il Parp-inibitore. In tutti gli altri casi si continua con i farmaci chemioterapici. C’è, insomma, un grande bisogno di nuove cure.

Due nuovi farmaci approvati in Europa

Questo quadro però sta per cambiare nel prossimo futuro. È di questi giorni la notizia dell’approvazione in Europa di un nuovo farmaco per le pazienti metastatiche: si chiama sacituzumab govitecan ed è il primo di una nuova classe.

Si tratta di un anticorpo monoclonale diretto contro Trop-2 , una proteina che aiuta il cancro a crescere, presente sulle cellule tumorali in oltre il 90% dei casi. L’anticorpo porta con sé, direttamente al bersaglio, il chemioterapico SN-38 (per questo si chiama anticorpo coniugato), agendo così in modo altamente specifico e preciso.

Il farmaco è stato approvato per chi, dopo la scoperta delle metastasi, ha già fatto due o più linee di trattamento: “Quando, cioè, l’unica alternativa sarebbe la chemioterapia, che però dà risultati insoddisfacenti per moltissime pazienti”, spiega Giampaolo Bianchini, Responsabile del Gruppo Mammella dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, tra i gruppi di ricerca che hanno contribuito allo sviluppo di sacituzumab govitecan in Italia: “I risultati di efficacia di questo farmaco, confrontato con le diverse chemioterapie oggi disponibili, hanno dimostrato un raddoppio delle probabilità di sopravvivenza e un tasso di risposte sette volte superiore”.

Sacituzumab govitecan non è l’unica novità che riguarda il tumore triplo negativo. La Commissione europea ha approvato anche un immunoterapico (il secondo per questa malattia), chiamato pembrolizumab, già ampiamente utilizzato in altri tipi di cancro da diversi anni. L’approvazione è per la prima linea di trattamento, in combinazione con la chemioterapia.

Ora si dovrà attendere che l’Agenzia del farmaco (Aifa) renda rimborsabili in Italia queste due nuove terapie. Che – lo ricordiamo – hanno ricevuto un forte sostegno dalla Consensus Conference internazionale sul tumore al seno metastatico che si è tenuta ad inizio novembre. “Secondo le nuove linee guida – hanno sottolineato gli esperti – le pazienti con tumore al seno triplo negativo dovrebbero avere accesso a sacituzumab govitecan e alle immunoterapie anti-PD-L1, specialmente pembrolizumab”. Lo stesso sostengono le nuove linee guida della società europea di oncologia medica (Esmo).

A piccoli passi

“Le pazienti – riprende Gennari – affrontano con molta fiducia i primi trattamenti dopo la diagnosi di metastasi, ma quando si ha una progressione lo sconforto rischia di prendere il sopravvento. Questo farmaco è frutto di un’innovazione tecnologica che dà nuova speranza, che permette di pensare alla cronicizzazione e di aggiungere vita sana anche dopo le prime linee terapeutiche”.

“Mi accorgo che la ricerca sta davvero facendo passi notevoli”, dice Roberta Romani, presidente dell’associazione Annastaccatolisa, dedicata al tumore triplo negativo. “Io ho perso mia figlia Anna Lisa 10 anni fa per questa malattia e in questo tempo sono stati scoperti nuovi farmaci e messe a punto nuove tecniche di intervento. Sono fiduciosa che si arriverà davvero a dare una svolta”. Da sei anni, l’associazione assegna una borsa di ricerca biennale a giovani scienziati, da 22 mila euro l’anno, proprio per promuovere gli studi in questo ambito: “La nostra è una goccia nel mare, ma diamo il nostro contributo anche facendo sensibilizzazione, perché la prima prevenzione è culturale. Ci si ammala sempre di più ma si guarisce anche sempre di più”.

La campagna Donne in meta

Con l’obiettivo di sensibilizzare è stata lanciata ieri una nuova campagna promossa da Gilead Sciences Italia con il patrocinio di Europa Donna Italia, dal titolo “Donne in meta“. La metafora è quella del rugby, sport basato sul reciproco sostegno in ogni situazione di gioco, per dire alle donne che non sono sole.

“L’aiuto di chi sta vicino è indispensabile, ma è anche fondamentale che la donna non abbia timore né imbarazzo a chiederlo, al partner come ai parenti, agli amici e anche a una delle tante associazioni che sono pronte a sostenerla”, sottolinea Rosanna D’Antona, presidente di Europa Donna Italia: “Inoltre, c’è un altro messaggio che vogliamo diffondere con questa iniziativa: essere informate sulla malattia è altrettanto importante e in questo senso i medici sono chiamati a loro volta a fare squadra, dando maggiore spazio al dialogo durante le visite. Parliamo di donne spesso giovani, nel pieno della loro vita sociale, familiare e lavorativa”.

Primo tra tutti, infatti, emerge forte il bisogno di informazione. A rivelarlo è un’indagine svolta da Elma Research per la campagna e che ha coinvolto oltre 100 donne con tumore al seno triplo negativo e alcuni loro partner. La survey ha indagato le paure – legate soprattutto al concetto di tempo e all’incertezza – i desideri, le aspettative e le speranze di pazienti e caregiver. E ha messo in evidenza 5 azioni per sostenere il loro percorso: farsi aiutare per favorire i sentimenti positivi, concentrarsi sul presente; confidare nella ricerca e nelle cure attuali; sostenere senza giudicare; soddisfare i loro bisogni.

E dal punto di vista dei partner? Purtroppo emerge il non sentirsi adeguati a dare sostegno emotivo. Non è quindi un caso che il testimonial della campagna sia un uomo: Marco Bortolami, capo allenatore del Benetton Rugby dopo aver collezionato 112 presenze in Nazionale come giocatore. “Il rugby è uno sport lontanissimo dall’individualità – dice – Quello che mi colpisce in questa indagine è quanto la sfida psicologica sia centrale. Nello sport è lo stesso: solo quando accetti la sfida psicologica, prendendo coscienza delle difficoltà ma anche delle opportunità, riesci ad affrontarla. Noi uomini siamo sempre troppo concentrati su quello che possiamo fare in modo pratico mentre spesso basta stare vicino a chi amiamo. Avere l’esperienza di chi ci è già passato può aiutare molto. Cosa serve per fare squadra? Conoscere i ruoli reciproci, le aspettative reciproche, sapere come aiutarsi a vicenda affinché gli altri possano fare un lavoro migliore. In certi momenti dobbiamo affidarci agli altri. Sentirsi smarriti – conclude – non è un sentimento che deve far sentire in colpa. Se lo teniamo chiuso in noi ci toglie energia, ma se viene esternato perde potenza. Credo sia importante, in ogni occasione, accettare di avere paura per trasformare questo sentimento in forza”.



www.repubblica.it 2021-11-26 17:11:03

This website uses cookies to improve your experience. We'll assume you're ok with this, but you can opt-out if you wish. Accept Read More