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Immunoterapia, la mattina è più efficace

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UN’ORA non vale l’altra: somministrare l’immunoterapia la mattina è differente dal somministrarla la sera. Nel senso che la risposta al trattamento è differente: in termini di sopravvivenza globale e di sopravvivenza libera da progressione di malattia. A suggerirlo è uno studio pubblicato su Lancet Oncology che mostra come, nei pazienti con melanoma metastatico, gli inibitori di checkpoint – ipilimumab, nivolumab o pembrolizumab, in monoterapia o in combinazione – funzionano di più se infusi di giorno che non nel tardo pomeriggio o la sera.

Meglio prima delle 16,30

Gli autori della ricerca (che è stata finanziata dal National Institutes of Health, dall’American Society for Radiation Oncology dalla Melanoma Research Alliance e dal Winship Cancer Institute) hanno analizzato le informazioni relative a 299 uomini e donne con più di 18 anni e con diagnosi di melanoma al IV stadio seguiti al Winship Cancer Institute della Emory University di Atlanta tra il 2012 e il 2020, attingendole dal database MEMOIR – Melanoma Outcomes Following Immunotherapy. Hanno così osservato che chi aveva ricevuto almeno il 20% delle infusioni dopo le 16.30 aveva avuto una sopravvivenza globale ridotta rispetto a chi aveva ricevuto almeno il 20% delle cure prima di quell’orario: la sopravvivenza a 5 anni è stata infatti del 49% per i primi e del 68% per i secondi. Anche per quanto riguarda la progressione della malattia, valutata a un anno, è stata del 40% nei pazienti con più infusioni serali, e del 56% in quelli con più infusioni diurne. Infine, per chi aveva ricevuto più somministrazioni dopo le 16.30 è stato più basso anche il tasso di risposta: 22% contro 34%.

Risposte immunitarie meno robuste la sera

Lo studio ha diversi limiti per cui i dati andranno confermati: è monocentrico (cioè tutti i pazienti sono stati reclutati in un unico ospedale) e retrospettivo (gli studi retrospettivi portano con sé una certa imprecisione). “Tuttavia i risultati sono in linea con un numero crescente di prove che indicano che le risposte immunitarie sono meno robuste se stimolate di sera”, riportano gli autori. Sebbene sulla tempistica delle immunoterapie vadano pensati studi prospettici – hanno aggiunto – “nell’ambito della gestione multidisciplinare del melanoma avanzato si potrebbe prendere in considerazione l’idea di programmare i trattamenti fino alla prima parte del pomeriggio”.

“Lo studio è estremamente interessante perché riprende il concetto di modulazione circadiana che era molto in voga negli anni Settanta e che poi alla fine degli anni Ottanta ha subito un drastico ridimensionamento”, commenta Paolo Marchetti, oncologo e endocrinologo, direttore scientifico dell’IDI-IRCCS di Roma. In quegli anni vennero pubblicati molti lavori che indicavano che alcuni farmaci subiscono un metabolismo diverso a seconda dell’ora di somministrazione. Molti studi dimostrano in effetti che efficacia e tossicità sono differenti proprio in funzione del ritmo circadiano, cioè a seconda della maggiore o minore attività metabolica delle cellule in funzione dell’orario di assunzione dei farmaci. “Nel campo dell’immuno-oncologia non era mai stato descritto un fenomeno di questo tipo, però è certamente così anche per le cellule del sistema immunitario. Come i colleghi hanno ipotizzato, l’attività di queste cellule è diversa a seconda del momento della giornata. E questo può aver determinato una diversa risposta dei pazienti alle cure che agiscono appunto su quel sistema”.

Va detto che questa problematica in Italia è poco rilevante visto che nel nostro paese le terapie in Day Hospital vengono somministrate di regola la mattina”, sottolinea Marchetti: “Però, a prescindere da questo aspetto, è uno spunto di ricerca interessante perché ci fa capire che oltre a quello che noi osserviamo c’è un mondo che ancora non sappiamo interpretare ma che interferisce negativamente sulle opportunità terapeutiche a disposizione dei pazienti, pure in presenza di trattamenti straordinariamente efficaci”.

L’esposoma

Questo studio riapre il tema della valutazione dei trattamenti non solo in funzione di ciò che vediamo ma anche in funzione di altri aspetti che non prendiamo in considerazione ma che hanno un ruolo importante nelle cure oncologiche, e che vengono definiti esposoma. L’esposoma è quell’insieme dei fattori che influenzano il nostro organismo e che riguardano l’ambiente interno nel quale siamo immersi – mutazioni, meccanismi trascrizione del Dna, eccetera – ma anche quello esterno: inquinamento, alimentazione e caratteristiche del microbiota, stili di vita, farmaci che assumiamo ed evidentemente anche il ritmo circadiano. Sappiamo, per esempio, che i pazienti che fanno terapia antibiotica e quindi modificano il loro microbiota hanno una risposta inferiore all’immunoterapia, stessa cosa avviene con alti dosaggi di cortisoni. E anche la diversa attività delle cellule del sistema immunitario nelle diverse ore della giornata potrebbe avere un’influenza significativa. “Oggi – conclude l’oncologo – tutta la nostra attenzione viene posta sull’esposoma interno, ma la strada che dobbiamo fare in questo momento è raccogliere quante più informazioni possibili, le più diverse e disparate, su tutta la vita dei nostri pazienti, perché molto probabilmente è lì che si potrebbe trovare la risposta a una parte non indifferente delle resistenze ai trattamenti”.



www.repubblica.it 2021-12-07 12:55:47

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