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Malattia renale cronica, con la scheda nefrologica la diagnosi precoce è più facile

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Chi soffre di malattia renale cronica spesso se ne accorge tardi, quando già la malattia è progredita e i reni hanno perso funzionalità. Tanto tardi che anche le complicanze della patologia sono già in atto, per esempio l’anemia. Il paziente che sviluppa anche questa condizione è particolarmente fragile e e compromesso, e necessita di una presa in carico multispecialistica, che veda la compresenza di nefrologi, cardiologi, diabetologi e internisti. Ne è prova l’elevata incidenza di danni renali in pazienti cardiopatici o affetti da diabete. D’altra parte curare l’anemia in questi pazienti può ridurre il rischio di progressione della patologia, eventi cardiovascolari, ospedalizzazione e mortalità. Come fare quindi per individuare in tempo questa complicanza? Con la Scheda Nefrologica, uno strumento operativo e facilmente condivisibile per l’identificazione tempestiva del paziente con anemia da malattia renale cronica. Realizzata con il coinvolgimento di specialisti, medici di medicina generale e rappresentanti di pazienti, la scheda è stata presentata nella Roundtable conclusiva di un anno di lavoro del progetto KAN (Kidney Anemia Network), ideato e gestito da ISHEO con il contributo non condizionante di Astellas Pharma.

“Nonostante decine di percorsi diagnostico-terapeutico-assistenziali, e nonostante già dalla fine degli anni novanta si ponga il problema del late referral del paziente con malattia renale, ad oggi è ancora problematica l’identificazione dello strumento che deve portare chi vede la malattia nelle fasi più precoci, quindi la medicina generale, la diabetologia ed ancora la medicina interna, alla consapevolezza del problema e a migliorarne il percorso”, afferma Stefano Bianchi, Direttore UOC Nefrologia e Dialisi, Area Livornese Sud, Azienda Sanitaria Toscana Nordovest. E aggiunge “una diagnosi precoce della malattia renale cronica ha, tra numerosi aspetti positivi, quello di permettere la tempestiva identificazione delle sue complicanze. Fra queste l’anemia, condizione che compromette in modo significativo la qualità di vita del paziente e che può inoltre contribuire significativamente ad un aumento del rischio di sviluppare malattie cardiovascolari. Ne deriva che bisogna diagnosticare precocemente la presenza di anemia per approntare un corretto iter diagnostico e terapeutico di questa importante complicanza della malattia renale”.

Il ruolo del medico di famiglia

Per migliorare il referral, un interlocutore fondamentale è sicuramente il medico di medicina generale, che può identificare precocemente e riferire al nefrologo il paziente a rischio di malattia renale cronica. “Sull’individuazione del paziente a rischio, i medici di famiglia hanno ormai una certa esperienza ma anche i giovani medici si stanno formando per individuare i pazienti con malattia renale cronica che devono essere vigilati. Sta aumentando il numero di questi pazienti, ma i medici di famiglia, per inquadrare il paziente o per cominciare almeno la terapia correttiva di una eventuale anemia, devono fare riferimento allo specialista, non possono prescriverla. Sicuramente lo strumento della Scheda Nefrologica, con l’inserimento di parametri specifici condivisi, è molto utile, ma forse la medicina di famiglia può fare quel passo in più sulla prescrizione in prima battuta, agevolando il percorso”, afferma Marina Moscatelli, Medico di Famiglia Specializzazione in Medicina Interna Nefrologia e membro della Federazione Italiana Medici di Medicina Generale (FIMMG).

Il ruolo della formazione

Un altro aspetto emerso è il ruolo della formazione. “La parte educazionale-formativa è fondamentale. E’ necessario che venga fatta una notevole attività di formazione sulla corretta diagnosi della malattia renale cronica, allo scopo di individuare precocemente e indirizzare il paziente allo specialista”, afferma Dario Manfellotto, Direttore UOC di Medicina Interna e Dipartimento Discipline Mediche, Ospedale Fatebenefratelli-Isola Tiberina di Roma, e Presidente della Federazione delle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti (FADOI). “Medici di famiglia e specialisti – continua Manfellotto – devono interagire tra loro in un percorso virtuoso fra ospedale e servizi territoriali, creando uno stretto rapporto collaborativo, esaltando le rispettive competenze, ma con un obiettivo comune, ossia fare la diagnosi e gestire la presa in carico del paziente”. 

La rete nefrologica

“La nefrologia italiana è all’avanguardia ma oggi vi sono delle spinte regressive. Infatti nella proposta di aggiornamento del DM70, che definisce gli standard dell’assistenza ospedaliera, si prevedono una infinità di reti, ma la rete nefrologica è assente”, afferma Giuseppe Vanacore, Presidente ANED (Associazione nazionale Emodializzati, Dialisi e Trapianto) Onlus. “La diagnosi tardiva, che è già un problema della malattia renale di per sé, quando è presente l’anemia arreca un danno ancora più grande, perché il non agire restituisce un quadro clinico molto critico, e con impatti importanti sul sistema. Dobbiamo agire e fare rete, ed è bene che anche le Istituzioni se ne rendano conto. Se l’attenzione alla prevenzione e il trattamento precoce della malattia renale cronica – e relative complicanze – sono bassi, la posta in gioco, invece, è molto alta”.

Le differenze regionali

Il dibattito si è anche concentrato sulla differenza dei modelli organizzativi e gestionali dei servizi sanitari regionali, e su come le difformità però possano non rispettare i diritti dei pazienti stessi. Gennaro Volpe, Presidente Confederazione Associazioni Regionali di Distretto (CARD), ha illustrato l’impegno nella riorganizzazione dei distretti sanitari. “La nostra società scientifica da sempre auspicava ciò che sta avvenendo ora con gli investimenti previsti nella missione 6 del PNRR. Stiamo andando nella via giusta e siamo in sintonia con AGENAS circa le azioni da attuare. Bisogna rafforzare il ruolo del distretto sanitario per lasciare in ospedale solamente il malato acuto e prendere in carico le malattie croniche. Da sempre abbiamo chiesto maggiori risorse alle Aziende Sanitarie e al Ministero. Dal nostro punto di vista stiamo comunque compiendo enormi passi avanti per avviare il percorso con l’istituzione di ospedali di comunità, case di comunità e con le centrali operative territoriali che rafforzeranno ancora di più l’assistenza domiciliare”. 



www.repubblica.it 2021-12-21 14:35:03

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