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Suicidi giovanili, quando ad evitarli è un cane

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La loro presenza aiuta a tutte le età: sono uno stimolo ad uscire per le persone anziane e si trasformano in compagni di giochi instancabili per i bambini. Molti studi hanno dimostrato quanto la convivenza con un animale domestico aiuti nelle situazioni di disagio psicologico e fisico. Una nuova ricerca portata avanti dall’università dei Paesi Baschi ha elaborato un programma che coinvolge i cani per la prevenzione di comportamenti suicidi da parte dei giovani tra i 14 e i 17 anni. Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il suicidio è la quarta causa di morte nella fascia tra i 15 e i 29 anni, dopo gli incidenti stradali, la tubercolosi e la violenza interpersonale.

Lo studio

Il campione preso in esame era formato da 30 adolescenti (11 ragazzi e 19 ragazze) della Spagna settentrionale. Alla fine del percorso terapeutico, i ragazzi non solo hanno mostrato una minore tendenza a togliersi la vita e all’autolesionismo, ma anche una maggiore propensione a cercare aiuto in caso di bisogno. La chiusura emotiva e psicologica che inizia nell’adolescenza è molto difficile da scalfire, una forma forte di disagio aumentato a dismisura nel corso del lockdown.  E dove non riescono genitori, parenti, amici, può riuscire un cane. Quali straordinarie potenzialità hanno i nostri amici a quattro zampe? Secondo la dottoressa Francesca Mugnai, esperta in Interventi assistiti con gli animali, responsabile degli IAA presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Meyer di Firenze, “il contatto con gli animali ci risveglia emotivamente”.

“I giovani, soprattutto dopo questa lunga pandemia, hanno più difficoltà nelle relazioni sociali. A livello personale, l’animale crea una comunicazione diversa, immediata e senza filtri, operando su meccanismi emotivi che si producono e si sviluppano all’interno della relazione stessa con relativi cambiamenti psicologici e neuro-endocrinologici”, spiega la dottoressa Mugnai, che è anche direttore scientifico del Centro di ricerca Antropozoa.

Negli anni sono state portate avanti molte ricerche che hanno evidenziato quanto il legame con l’animale stimoli l’ossitocina, conosciuto anche come ormone dell’amore o dell’attaccamento, perché agisce sui comportamenti che mediano i rapporti sociali, stimola i legami e contrasta il cortisolo, ormone dello stress.  “Il suo (del cane) è uno stimolo diretto ed empatico che incoraggia un ingaggio relazionale in una dimensione di reciprocità attraverso segnali non verbali come lo scodinzolare, cercare una carezza, tentare un contatto. Questo avviene maggiormente quando l’animale è educato a farlo, come nel caso della ricerca, ma resta necessaria anche la spontaneità. Non fa altro che mettere in luce le nostre emozioni: ci risveglia emotivamente quando non riusciamo a immaginare una progettualità, e siamo senza speranza”.

Favorito legami e fiducia

Nella ricerca viene rilevato che i giovani con tendenze suicide non riescono il più delle volte ad esternare il loro disagio emotivo e sono restii anche a chiedere aiuto. Includere gli animali nel trattamento ha portato una maggiore adesione alla tipologia di cura, creato un clima di fiducia e favorito i legami. I cani che hanno partecipato al progetto sono stati scelti da un team di veterinari e preparati al loro compito. Al tempo stesso sono state prese tutte le misure necessarie per la loro salvaguardia.

Il ruolo principale che hanno avuto è stato quello di incoraggiare la socializzazione e fornire rassicurazioni: quando un partecipante ha condiviso emozioni difficili da esprimere, associate a una situazione di crisi di suicidio, l’animale ha agito come un mediatore multisensoriale, trasmettendo al tempo stesso un senso di calma e facendo sentire il contatto fisico, aiutando così la regolazione emotiva. I cani sono stati fondamentali anche come elementi di distrazione nel corso delle crisi piu forti, e questo ha permesso ai giovani di imparare a conoscere i segni premonitori del suicidio e mettere in atto strategie per difendersi.

Un altro studio recente, portato avanti in Canada, ha dimostrato quanto siano di aiuto i cani anche nelle visite per chi si trova al pronto soccorso. La loro presenza contribuisce a far diminuire l’ansia e la depressione. Secondo la dottoressa Mugnai, i progressi che si possono ottenere sono molti: “riguardano l’allentamento del dolore mentale ed emotivo sia dei soggetti più fragili, che nei soggetti con malattie croniche come la fibrosi cistica, il diabete e altre patologie importanti”. Rapportarsi con un animale stimola l’empatia: “porta al controllo della propria aggressività e dei propri pensieri ruminanti e ripetitivi, attiva una dimensione non solo emotiva, ma anche cognitiva e psicomotoria. Gli effetti positivi poi vertono sull’area della socializzazione, cognitiva, emotiva e anche nella riabilitazione motoria: l’animale funge da importante motivatore al recupero psicofisico”.

Dall’animale all’uomo

I pazienti instaurano una relazione con il cane, ma come fa questa fiducia a passare dall’amico a quattro zampe al riferimento umano? “Attraverso la relazione che l’animale è capace di strutturare anche grazie all’attaccamento sicuro e coregolato con la persona che ha vicino”, spiega Francesca Mugnai. “Fondamentale in tal senso è l’équipe che lavora col cane e l’operatore con cui crea un percorso di vita, di lavoro, di cura e fiducia, una base sicura che funge da modello relazionale per chi usufruisce dell’intervento: tutti gli interventi assistiti vanno infatti realizzati in maniera strutturata e condivisa tra le varie discipline che vi afferiscono in una progettualità di umanizzazione delle cure”. Quindi un gruppo di persone che non segue solo l’aspetto patologico della malattia ma anche quello personale del paziente, lasciando all’animale la creazione di una relazione di fiducia semplice ma che porta risposte complesse e durevoli.

La fine del percorso

Verrebbe da pensare che, alla fine di un percorso di cura, la separazione dall’amico a quattrozampe potrebbe essere molto dolorosa e creare degli scompensi in una personalità fragile emotivamente.  “L’animale aiuta anche in una separazione emotiva, come quella che accade durante le degenze. Come si salutano gli operatori del luogo dove si sono ricevute le cure, si saluta e si ringrazia anche l’animale che ha avuto una funzione terapeutica e con cui si è costruita una relazione importante, che diventa anche un modello di apprendimento psicosociale. Il suo ricordo è di esempio e di stimolo”.

Quel clima di sicurezza e di fiducia in se stessi che il cane è riuscito a creare non solo allontana le idee suicide ma aiuta a entrare in maniera più serena nel contesto sociale. E poi, chissà, dopo questa esperienza magari qualcuno decide di andare in canile e adottare un nuovo amico, che certo non sarà “perfetto” come quello conosciuto in corsia, ma potrà diventare un fantastico compagno di vita e di nuove avventure.



www.repubblica.it 2022-03-26 06:36:00

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