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Figli perfezionisti? Perché potrebbero essere adulti infelici

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Giuseppe Lavenia, psicologo, psicoterapeuta, docente universitario, presidente Ass.ne Naz.le Di.Te. (Dipendenze tecnologiche, GAP, cyberbullismo)

“Ah, sì, mio figlio è preciso, non sbaglia un colpo, non mi delude mai. È proprio un perfezionista!”. Frasi del genere ne abbiamo sentite, sì. Con buona probabilità anche più di una volta da parte di genitori orgogliosi di avere dei figli impeccabili, sotto tutti i punti di vista. C’è un però: la ricerca della perfezione da parte di un figlio potrebbe nascondere un neo e tradursi in insoddisfazione da adulto. Perché il perfezionismo può essere (o diventare) un problema, a volte anche serio. 

I segnali preoccupanti

Ma come facciamo a capire se nostro figlio ha una tendenza al perfezionismo? Molto dipende dall’età. Ma, in tutti i casi, ci sono delle avvisaglie a cui prestare attenzione. Per esempio: se sbaglia qualcosa piange disperato? Se un’attività come può essere disegnare non gli viene come vorrebbe comincia a provare, riprovare a tracciare tratti sui fogli, strappandone uno dietro l’altro?

Ecco, questi potrebbero essere alcuni dei segnali da non sottovalutare. A cui si aggiungono la costante paura di fallire, l’intolleranza o la spiccata sensibilità alle critiche, la difficoltà a prendere decisioni per timore di sbagliare, il muovere critiche nei confronti degli altri coetanei o delle altre persone che lo circondano perché hanno atteggiamenti a suo parere scorretti, la mancata accettazione di un errore, l’incapacità di stabilire priorità nei compiti da svolgere, la bassa tolleranza alla frustrazione di fronte a uno sbaglio, la difficoltà a terminare un lavoro o un compito nei tempi prefissati, perché non ritenuto mai sufficientemente all’altezza delle loro aspettative, e, non ultimo, un’autocritica piuttosto marcata. 

Esistono diversi tipi perfezionismo nei bambini: c’è chi stabilisce standard irrealistici per le altre persone che lo circondano, chi invece stabilisce aspettative irrealizzabili per se stesso, e chi tende a credere che siano gli altri ad avere aspettative altissime su di lui o lei. Queste tipologie di perfezionismo, se diventano croniche, possono creare malessere psicologico. 

I fattori scatenanti

Ma quali sono i fattori che possono contribuire al verificarsi di queste situazioni? Il desiderio di compiacere gli adulti, per fare vedere loro che hanno davanti un bambino o una bambina perfetti e che merita la loro attenzione. Attenzione che, al momento, non sentono di avere a sufficienza.

Altro fattore potrebbe essere la bassa autostima: in questo caso non si sentiranno mai appagati dei risultati raggiunti, e tenderanno a volere raggiungere dei traguardi sempre più alti. Nessuno di questi, però, sarà mai abbastanza elevato per loro.

Potrebbe trattarsi anche dell’esempio dato da genitori perfezionisti, o ancora dalle aspettative (irrealistiche) che gli adulti hanno verso i bambini. Oppure potrebbero essere le immagini che vedono sul web, sui social che frequentano: potrebbero pensare che siano un ideale di perfezione che debba essere raggiunto per poter avere successo nella vita. Molte volte, però, le immagini che circolano in rete non corrispondono alla realtà, ma i bambini non lo sanno ancora. Gli andrebbe spiegato, o gli andrebbe chiesto come mai prendono a riferimento quei modelli.

Come si può correggere il tiro? Prima di tutto sapendo che la perfezione, come diceva Aristotele, non esiste. La conoscenza è lo strumento principe per arginare la possibilità che nostro figlio diventi un perfezionista, dunque un adulto tendenzialmente insoddisfatto.

Per prima cosa lavoriamo sulla loro autostima, facendo sì che nostro figlio si senta amato, anche se commette errori. Gli errori sono fondamentali, perché permettono di apprendere e di crescere con maggiori consapevolezze. Diciamoglielo e aiutiamoli a capire quale insegnamento si può apprendere da ogni fallimento. Riduciamo il nostro ipercontrollo: insegniamogli che ci sono cose che sono sotto al nostro controllo, mentre altre no. Se continuano a essere autocritici nei loro confronti, aiutiamoli a sviluppare l’autocomprensione, se qualcosa è andato storto non è la fine del mondo, ci si può perdonare e ritentare domani con l’intento di fare meglio. Non riempiamoli di aspettative elevate, ma ragionevoli e alla loro portata. Non giudichiamoli per i risultati, ma per l’impegno e per come hanno saputo gestire una situazione.

Infine, raccontiamo loro anche dei nostri errori: anche noi adulti sbagliamo, non siamo perfetti. Siamo umani, e come tutti gli umani possiamo avere a che fare con un fallimento.



www.repubblica.it 2022-04-09 05:44:00

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