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Dalla prevenzione alla terapia, l’intelligenza artificiale rivoluziona la lotta al ca…

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Il valore aggiunto dell’impiego di tecniche di Intelligenza Artificiale (Ia) nella diagnosi precoce non è una novità: nei primi mesi di quest’anno diversi studi hanno dimostrato la capacità di alcuni software di rivelare tempestivamente e accuratamente neoplasie (come tumore al seno, alla prostata, alla tiroide e persino al pancreas), con un livello di successo pari, se non superiore, ad altre tecniche diagnostiche più comunemente impiegate. Se ne parla in questi giorni al meeting annuale dell’American association for cancer research (Aacr), che si tiene dall’8 al 13 aprile a New Orleans. Fra gli studi presentati alla conferenza, due riguardano nuovi metodi di applicazione dell’Ia per valutare i fattori di rischio di contrarre il cancro al pancreas e per la previsione degli effetti collaterali dovuti alla somministrazione congiunta di terapie antitumorali e altri farmaci. La novità, rispetto ai precedenti, è che i risultati presentati a New Orleans riguardano la capacità predittiva dell’Ia, e la sua applicabilità prima della diagnosi o della comparsa dei sintomi.

Valutare il rischio di ammalarsi di tumore al pancreas

Nel caso del tumore al pancreas, uno dei più pericolosi e con il tasso di mortalità maggiore, non si conoscono biomarcatori affidabili o strumenti di screening che riescano a rivelarlo agli stadi iniziali. Al contrario, la mancanza di sintomi precoci comporta spesso un ritardo diagnostico e una prognosi negativa. Lo scopo del metodo proposto nel nuovo studio è quello di sviluppare uno strumento di intelligenza artificiale che aiuti i medici a identificare le persone ad alto rischio di ammalarsi in modo da poterli inserire in programmi di prevenzione o di sorveglianza e, eventualmente, fornire loro un trattamento precoce. Il software, sviluppato utilizzando le informazioni sanitarie delle cartelle cliniche di 6,1 milioni di pazienti danesi trattati tra il 1977 e il 2018, di cui circa 24 mila hanno sviluppato il cancro al pancreas, ha identificato un sottoinsieme di individui con un rischio 25 volte superiore di sviluppare la malattia in un periodo da tre a 36 mesi. Altri algoritmi di intelligenza artificiale vengono già utilizzati per calcolare il rischio di insorgenza di vari tipi di cancro basandosi su immagini radiologiche, diapositive patologiche e cartelle cliniche elettroniche. Nel caso del cancro al pancreas, questi modelli consideravano le diagnosi mediche precancerose – come ulcere gastriche, pancreatite e diabete – come indicatori del rischio, ma si sono dimostrati poco accurati, soprattutto per il fatto che i sintomi venivano considerati tutti insieme senza valutarne la sequenzialità.

 

“Abbiamo addestrato due modelli”, spiega a Salute Bo Yuan, dottorando all’Università di Harvard e autore dello studio. “Il primo raccoglie tutte le caratteristiche cliniche (o diagnosi precancerose) e il secondo utilizza esattamente le stesse informazioni, ad eccezione delle caratteristiche sequenziali. Dopo l’addestramento, abbiamo valutato il potere predittivo dei modelli misurando la loro accuratezza nell’identificare i pazienti affetti da cancro”. Per capire meglio la differenza fra i due modelli i ricercatori hanno usato un’analogia con la formulazione di frasi nel linguaggio naturale. Il modello semplificato, chiamato bag-of-words (letteralmente, borsa di parole), raccoglie tutte le malattie avvenute prima delle diagnosi di cancro e scarta la sequenza e le informazioni temporali.

“Il modello semplificato si è mostrato inadeguato ad estrarre informazioni sufficienti a fare una diagnosi precoce, e ha avuto un’accuratezza di previsione molto inferiore al secondo”, continua Yuan. “In altre parole, le caratteristiche sequenziali, ovvero l’ordine in cui compaiono le diverse patologie nella storia clinica del paziente, includono alcune informazioni che possono essere catturate ed estratte dai modelli Ai per migliorare le previsioni. Questo può essere meglio compreso se usiamo l’esempio di una frase inglese. A man killed a tiger (un uomo ha ucciso una tigre, ndr) e A tiger killed a man (una tigre ha ucciso un uomo, ndr) hanno significati completamente diversi. Ma se si usa la “borsa delle parole” (a, kill, man, tiger) allora tali informazioni vengono perse. Nel caso del tumore al pancreas, più della metà dei pazienti con ha il diabete, ma non possiamo annoverare tutti i pazienti con diabete nel gruppo a rischio – a meno che non possiamo permetterci di effettuare lo screening per un campione così grande”.

 

In una seconda fase, i ricercatori hanno usato la sequenza di diagnosi mediche di ogni paziente per insegnare al modello quali fossero quelle più strettamente associate all’insorgenza del tumore, e ne hanno poi testato la capacità predittiva in intervalli da tre a 60 mesi dopo la valutazione del rischio. I risultati hanno mostrato che gli individui considerati dal modello “ad alto rischio” avevano una probabilità 25 volte maggiore di sviluppare il cancro al pancreas dopo tre e fino a 36 mesi rispetto ai pazienti sotto la soglia di rischio. Il nuovo metodo, che riesce a considerare anche l’intera storia clinica di un paziente, potrebbe potenzialmente aiutare a reclutare soggetti ad alto rischio in programmi incentrati sulla prevenzione e sull’aumento dello screening per la diagnosi precoce. Se il cancro viene scoperto presto, infatti, le probabilità di successo del trattamento sono più elevate.

L’Ia per valutare i rischi del trattamento farmacologico

Molti tipi di cancro vengono trattati con terapie farmacologiche combinate che, nella maggior parte dei pazienti, si aggiungono ad altre già in corso. Secondo le stime, infatti, una persona che si sottopone a una cura in seguito alla diagnosi di un tumore prende da quattro a sei farmaci al giorno, rendendo difficile prevedere e valutare gli effetti indesiderati e dannosi per la salute che la combinazione di questi può causare. 

 

Le terapie combinate cercano di massimizzare l’efficacia e ridurre al minimo le possibilità di resistenza al trattamento, anche se spesso questo rende difficile valutare se l’effetto positivo di un simile approccio ne giustifica gli effetti collaterali negativi per un paziente. Nello studio, i ricercatori hanno raccolto dati dal Food and Drug Administration Adverse Event Reporting System (Faers) degli Stati Uniti, un database contenente oltre 15 milioni di registrazioni di effetti collaterali e li hanno inseriti in un algoritmo di rete neurale, che sfrutta l’apprendimento automatico imitando il modo in cui il cervello umano fa associazioni tra i dati.

“Grazie al nostro algoritmo siamo in grado di prevedere i pattern di eventi avversi attraverso una strategia di rete neurale. Questa rete neurale converte queste informazioni in un codice chiamato “spazio latente”, spiega a Salute Bart Westerman, professore associato al Cancer Center di Amsterdam e primo autore dello studio. “Ciascun codice, che rappresenta gli eventi avversi di ogni farmaco, è stato usato per calcolare gli eventi avversi di combinazioni di farmaci. Possiamo poi confrontare il profilo previsto con il profilo reale, ovvero ciò che è stato osservato nei pazienti. Sovrapponendo il profilo previsto e quello effettivo, abbiamo osservato quali eventi avversi mostrano una risposta più che additiva (o sinergica, ovvero quando l’effetto combinato di due o più sostanze tossiche è maggiore della somma degli effetti di ogni singola sostanza, ndr). In generale, gli effetti collaterali hanno dimostrato di essere additivi, e solo occasionalmente sinergici”.

 

I risultati dimostrano quindi che il modello potrebbe riconoscere nuove associazioni di farmaci, e che i profili ricostruiti dal modello possono essere ricollegati a quelli di ogni farmaco utilizzato nella terapia combinata. In altre parole, gli effetti avversi di una terapia combinata possono essere facilmente previsti. I ricercatori stanno ora sviluppando un approccio statistico per quantificare l’accuratezza del loro modello. 

“Dal momento che il panorama delle interazioni tra farmaci è altamente complesso e coinvolge molti processi molecolari, macromolecolari, cellulari e anche a livelli di organo, è improbabile che il nostro approccio porti a decisioni semplici”, conclude Westerman. “L’Adverse event atlas è ancora in fase di proof-of-concept, ma la scoperta più importante è che siamo stati in grado di ottenere istantanee dell’interazione tra farmaci, malattie e corpo umano esattamente come descritto da milioni di pazienti”. 



www.repubblica.it 2022-04-12 14:04:44

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