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L’insonnia mette in pericolo il cuore dopo un infarto (e non solo)

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“Aprile dolce dormire”. Questa regola vale per tutti noi, che viviamo le ansie di un periodo sicuramente complesso. Ma diventa fondamentale per chi soffre di malattie cardiovascolari e ha superato un infarto o comunque è stato sottoposto a trattamenti come il posizionamento di uno stent o un intervento di by-pass. Per queste persone non avere un sonno riposante per qualità e quantità significa un maggior rischio di nuovi eventi cardiaci che richiedono il ricovero come infarto, ictus o comparsa di scompenso oltre che morte per problemi circolatori. Il rischio attribuibile a questo fattore farebbe aumentare di circa il 16% i pericoli rispetto a chi non ha problemi a cadere tra le braccia di Morfeo e a rimanerci per un tempo sufficiente. Fanno peggio le sigarette – per chi continua a fumare dopo un infarto o procedure di rivascolarizzazione il rischio sale del 27% – e la mancanza di attività fisica, che contribuisce con un aumento di rischio del 21%.

La metà di chi ha problemi cardiovascolari non riposa bene

A segnalare l’importanza di un valido riposo per chi soffre di cuore (e non solo) è una ricerca pubblicata su Sleep Advances, presentata all’ESC Preventive Cardiology 2022, congresso della Società Europea di Cardiologia (ESC). La tematica è di grande attualità, visto che mediamente, considerando anche le condizioni psicologiche che influiscono sul riposo e sono particolarmente pesanti per chi soffre di cuore, le statistiche dicono che quasi la metà delle persone con patologie cardiovascolari a difficoltà a riposare bene. “Il nostro studio ha scoperto che l’insonnia era ancora significativamente associata a eventi cardiaci anche dopo aver tenuto conto dei sintomi di ansia e depressione – segnala l’autore principale Lars Frojd, dell’Università di Oslo. I risultati suggeriscono che i pazienti cardiopatici dovrebbero essere valutati per l’insonnia con l’offerta di  una gestione appropriata”.

La ricerca ha preso in esame poco più di 1050 pazienti (in circa un caso su cinque donne) controllati mediamente dopo quasi un anno e mezzo da un infarto e/o una procedura per aprire le arterie ostruite (impianto di stent o intervento chirurgico di bypass). I partecipanti hanno completato il questionario Bergen Insomnia Scale, che si basa sui criteri diagnostici per l’insonnia. Sei domande riguardano la capacità di addormentarsi e rimanere addormentati, svegliarsi prematuramente, sentirsi insufficientemente riposati, stanchezza durante il giorno che influisce sulla capacità di funzionare al lavoro o socialmente ed essere insoddisfatto del sonno. Tra i fattori di rischio considerati nell’indagine, oltre alla valutazione della proteina C-reattiva come parametro dell’infiammazione, sono stati valutati il vizio del fumo e i valori di colesterolo LDL, pressione massima e circonferenza della vita. Inoltre si è valutata la presenza di diabete e l’attività fisica effettuata.

Osservati per quattro anni

I pazienti sono stati monitorati per la comparsa di eventi avversi cardiovascolari, definito come morte o ospedalizzazione per infarto del miocardio, rivascolarizzazione, ictus o insufficienza cardiaca. Al momento dell’osservazione il 45% dei soggetti soffriva di insonnia e poco meno di uno su quattro ha dichiarato l’uso di sonniferi nella settimana precedente. Nel periodo di osservazione di oltre quattro anni sono stati osservati 364 eventi nella popolazione in studio. Rispetto ai soggetti che riposavano bene, il rischio relativo di eventi ricorrente nei pazienti con insonnia era 1,62 dopo aggiustamento per età e sesso, 1,49 dopo aggiustamento aggiuntivo per fattori di rischio coronarico e 1,48 dopo aggiustamento anche per condizioni coesistenti. Il rischio è rimasto significativo anche considerando i sintomi di ansia e depressione. Secondo  Frojd “questo significa che il 16% degli eventi cardiovascolari avversi gravi ricorrenti avrebbe potuto essere evitato se nessuno dei partecipanti avesse avuto insonnia”.

I consigli pratici da dare ai pazienti

“Se da una parte la relazione con gli eventi avversi cardiovascolari dei pazienti che presentano disturbi del sonno appare chiara, noi medici dobbiamo focalizzarci sui consigli pratici da dare ai nostri pazienti, visto che gli eventi cardiaci producono spesso un trauma psicologico che le persone necessitano di tempo per elaborare – spiega Carlo Tumscitz, del Centro Cardiologico dell’Università di Ferrara. A volte questo amplifica disturbi di ansia e insonnia. Inoltre l’aumento della preoccupazione per la salute, soprattutto quando si è andati vicini a rischiare la vita per un evento acuto, può mettere i pazienti in una migliore predisposizione a cambiare le cattive abitudini”.

Dieta, niente stress, movimento

Cosa fare quindi? Modificare un’abitudine lavorativa stressante con scarsa attenzione al riposo, inserire tutti i giorni l’attività fisica anche lieve o moderata e migliorare la propria dieta evitando i pasti abbondanti proprio la sera finiscono per avere il doppio vantaggio di migliorare l’assetto metabolico e anche permettere un migliore sonno. “Le buone abitudini e la regolarità del riposo finiscono per influire decisamente anche sulla salute cardiovascolare – conclude l’esperto. Quando l’insonnia diventa un tormento non bisogna preoccuparsi anche di chiedere aiuto ad uno specialista che possa utilizzare correttamente anche la terapia farmacologica aggiuntiva. Ma non è sufficiente se non si trova un equilibrio su tutti i fronti che permetta risultati veramente duraturi e efficaci a lungo termine”.



www.repubblica.it 2022-04-12 07:56:27

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