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Tumore del seno, con l’Intelligenza Artificiale la sensibilità della mammografia aume…

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Non ci piace ammetterlo, ma l’Intelligenza Artificiale può fare meglio di noi quando si tratta di diagnosi. Certo sotto la guida e la programmazione attenta dei professionisti della salute, ma non c’è gara. Un esempio su tutti: nell’identificazione dei carcinomi mammari, studi condotti negli Stati Uniti hanno evidenziato che, grazie agli algoritmi di deep learning su cui si basa l’Intelligenza Artificiale, è possibile ottenere una riduzione assoluta del 5,7% dei falsi positivi e del 9,4% di quelli negativi. Non solo. Nel confronto con l’operato di 6 radiologi, è stato dimostrato un aumento dell’11,5% della sensibilità. Alle nuove strategie nella cura del cancro della mammella è dedicata la settima edizione dell’International Meeting on New Drugs and New Insights in Breast Cancer, in corso a Roma al Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, con la partecipazione di circa 200 esperti da tutto il mondo.

Verso cure sempre più ‘su misura’

Sono oltre 20mila le variabili nella pratica clinica per rendere le diagnosi di tumore della mammella più precise e poter così assumere decisioni ‘su misura’ sul trattamento di precisione. Tutti obiettivi non raggiungibili da parte degli operatori sanitari con gli strumenti tradizionali. Le numerose applicazioni dell’Intelligenza Artificiale nella diagnosi e terapia della neoplasia del seno sono già realtà nei principali centri di riferimento del nostro Paese. “Oggi, in Italia, vivono più di 834mila donne dopo la diagnosi di tumore del seno, con una sopravvivenza a 5 anni che raggiunge l’88% – spiega Francesco Cognetti, presidente di Foce (Federazione degli oncologi, cardiologi e ematologi) e di Fondazione Insieme Contro il Cancro. Dal 2015 al 2021, è stata stimata una riduzione dei decessi pari quasi al 7%”. Un risultato molto importante, ottenuto grazie ai programmi di screening, che consentono di individuare la malattia in fase iniziale, e a terapie sempre più efficaci.

Cosa si può fare grazie all’Intelligenza Artificiale

Nella diagnosi e trattamento, l’Intelligenza Artificiale sta aprendo un nuovo mondo che può accelerare ancora di più i miglioramenti per i pazienti. “L’Intelligenza Artificiale è lo strumento con cui possiamo studiare un’enorme massa di dati e trasferirla nella pratica clinica a beneficio dei pazienti – precisa Cognetti – ma servono Linee Guida e una struttura di governance a livello istituzionale per rendere operativi in tutto il territorio questi sistemi, che oggi sono una realtà in centri di riferimento come il Gemelli”. Ma cosa è possibile fare grazie all’IA? “Attraverso la radiomica, le immagini ottenute da esami radiologici, come Tac, Risonanza Magnetica o Pet, vengono convertite in una grandissima mole di dati numerici”, afferma Luca Boldrini, oncologo radioterapista e direttore della faculty di ricerca di Radiomica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs di Roma. La loro analisi richiede l’utilizzo di tecniche molto avanzate, rappresentate dalle metodiche di machine learning, che vengono utilizzate anche nella gestione dei big data. Siamo di fronte ad un grande patrimonio di dati numerici, che non riuscirebbe a essere elaborato e valorizzato opportunamente con la semplice osservazione visiva da parte dell’essere umano”.

Intelligenza Artificiale al servizio dell’oncologia di precisione

Gli esempi pratici aiutano a capire meglio. Alcuni studi di intelligenza artificiale, applicata alla lettura delle mammografie, hanno dimostrato un aumento della sensibilità media di circa il 10% nella diagnosi di tumori mammari. “L’intelligenza artificiale può anche rappresentare uno strumento al servizio dell’oncologia di precisione – continua Luca Boldrini. Le neoplasie della mammella sono caratterizzate da specifiche alterazioni molecolari, bersaglio di terapie mirate, che rappresentano la base del meccanismo decisionale delle terapie. È possibile unire queste informazioni alle migliaia di altri dati clinici disponibili (come età, stadio di malattia o valori ematologici) ed inserirle negli algoritmi su cui si basano i modelli d’Intelligenza Artificiale per individuare, ad esempio, nuovi biomarcatori oppure realizzare comparazioni tra specifiche variabili e la sopravvivenza delle pazienti, lo stadio di malattia o la risposta alle terapie, creando veri e propri modelli predittivi”.

I tempi di accesso alle cure

L’Intelligenza Artificiale può essere utile anche per definire i tempi di accesso alle cure oncologiche. I ricercatori del Gemelli hanno sviluppato un modello che indica, ad esempio, quanto tempo attende una paziente prima di iniziare la radioterapia dopo l’intervento chirurgico, anche in relazione alla disponibilità della cura presso il luogo di residenza.

I passi avanti nelle cure

Al di là delle enormi potenzialità dell’Intelligenza Artificiale, oggi le pazienti possono già beneficiare dei grandi passi in avanti già fatti o in corso nelle forme tumorali più difficili da trattare come quelle triplo negative, che rappresentano circa il 15% di tutti i tumori della mammella. In questi casi, fino a oggi, la chemioterapia è stata l’unica arma utilizzabile. “L’immunoterapia, in associazione alla chemioterapia, cambia il panorama terapeutico in questa popolazione di pazienti, anche nella malattia locale o localmente avanzata”, prosegue Cognetti che aggiunge: “Anche negli istotipi che già dispongono di numerose opzioni terapeutiche, come quelli con iperespressione della proteina Her2, oggi assistiamo allo sviluppo di ulteriori armi soprattutto nelle forme più avanzate e in presenza di metastasi cerebrali. È possibile prolungare la sopravvivenza anche in queste pazienti più difficili da trattare”.

L’uso delle terapie a bersaglio molecolare

Ci sono poi le prospettive di utilizzo di una nuova classe di terapie a bersaglio molecolare, gli inibitori di CDK4/6, dopo la chirurgia, con migliori risultati rispetto all’ormonoterapia da sola. Nelle fasi più avanzate di malattia, nelle pazienti già trattate con l’associazione di ormonoterapia tradizionale con anti-cicline, possono essere utilizzati i nuovi Serd, cioè farmaci selettivi sui recettori per gli estrogeni, con ulteriori possibilità di riposta e controllo della malattia. E la chirurgia è sempre meno aggressiva anche in pazienti con metastasi linfonodali”.

I progressi nella malattia avanzata

Nel trattamento della patologia avanzata i progressi sono notevoli. “Nel nostro Paese vivono più di 37mila persone con carcinoma mammario metastatico, una cifra in costante aumento grazie ai nuovi trattamenti – spiega Giovanni Scambia, direttore scientifico Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs. Il 30% di queste pazienti, infatti, è vivo a 5 anni dalla diagnosi. Nella malattia metastatica diffusa riusciamo a ottenere remissioni prolungate, per cui per molte donne si può parlare di cronicizzazione con una buona qualità di vita. Non è raro trovare pazienti vive anche a oltre 10 anni dalla diagnosi. Questi risultati possono essere migliorati, superando gli ostacoli ancora presenti nell’assistenza. È fondamentale che tutte le pazienti siano trattate nelle Breast Unit, cioè in Centri di Senologia, dove è più alta l’adesione alle linee guida, migliore l’esperienza degli specialisti ed è garantita l’adozione di un approccio multidisciplinare”.

Scegliere la terapia in base alle alterazioni molecolari

Sono diversi i sottotipi di carcinoma mammario, definiti in relazione alle alterazioni molecolari. “Questo ci consente di scegliere in maniera altamente selettiva il trattamento in relazione alle caratteristiche di ogni sottogruppo”, sottolinea Giampaolo Tortora, ordinario di Oncologia medica all’Università Cattolica del Sacro Cuore, direttore del Comprehensive Cancer Center e della Uoc di Oncologia medica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs. In alcuni tipi di tumore della mammella, pari a circa il 20% del totale, una proteina, Her2, è presente in quantità eccessiva, causando così una crescita rapida e incontrollata delle cellule malate. Dal punto di vista biologico, è una delle forme più aggressive e, in passato, non essendoci armi disponibili, queste pazienti presentavano la prognosi peggiore. Oggi invece, grazie a terapie mirate che bloccano il recettore Her2, utilizzate sia nelle forme iniziali non metastatiche che in quelle metastatiche, è cambiato radicalmente il decorso clinico”.

La terapia adiuvante

La terapia adiuvante, cioè successiva alla chirurgia, può essere considerata uno dei maggiori successi in oncologia negli ultimi trent’anni. “Nelle pazienti con malattia in stadio iniziale e iperespressione di Her2 – continua Tortora – il trattamento sistemico adiuvante con la chemioterapia, la terapia ormonale e un anno di terapia biologica con un anticorpo anti-Her2 rappresenta oggi lo standard di cura ed è in grado di ridurre il rischio di recidiva e di morte. Una percentuale di pazienti compresa fra il 15 e il 20% continua a recidivare con un picco di incidenza a 18-24 mesi dall’intervento chirurgico, anche se alcune pazienti presentano recidive tardive anche a 10 anni di follow-up. Nuove possibilità sono oggi disponibili perché studi recenti hanno dimostrato che farmaci innovativi, aggiunti alle terapie standard a quel 15-20% delle pazienti non ancora guarite, sono in grado di ridurre ulteriormente le recidive a distanza a 5 anni”.

Le terapie neoadiuvanti

In fase neoadiuvante, cioè prima della chirurgia, nelle forme Her2 positive sono inoltre disponibili associazioni di diversi farmaci anti-Her2 e ormonoterapia, evitando così il ricorso alla chemioterapia e ottenendo gli stessi risultati in termini di efficacia. “Altri passi avanti sono stati realizzati nella malattia metastatica che esprime i recettori ormonali e Her2 negativa, in pazienti in postmenopausa – spiega Alessandra Fabi, responsabile della Medicina di Precisione Neoplasia della Mammella al Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs. È dimostrato che la combinazione degli inibitori di CDK4/6 con la terapia ormonale è migliore rispetto alla sola terapia ormonale standard. Grazie a questo regime metà delle pazienti è vivo a 5 anni. È la più lunga sopravvivenza finora raggiunta nel carcinoma della mammella avanzato e ciò ci consente di parlare di vera e propria cronicizzazione della malattia, ritardando il ricorso alla chemioterapia”.

Recuperare i ritardi negli screening

Non c’è dubbio che gli screening mammografici e la maggiore sensibilizzazione delle donne all’adesione a questi programmi di prevenzione secondaria abbiano fatto incrementare, negli ultimi anni, le diagnosi di carcinomi in stadio precoce. “Vanno recuperati quanto prima i ritardi accumulati durante la pandemia, pari a quasi 5 mesi. Gli esami di screening effettuati tra gennaio 2020 e maggio 2021 si sono ridotti, rispetto al 2019, del 28,5% per il cancro della mammella. E sono oltre 3558 le diagnosi mancate”, afferma Riccardo Masetti, Direttore Chirurgia Senologica Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs e Presidente Susan G. Komen Italia.

Il confronto tra esperti a livello internazionale

Quella che si è svolta al Gemelli è la settima edizione dell’International Meeting on New Drugs and New Insights in Breast Cancer in cui intervengono clinici e ricercatori di fama internazionale. “È importante stimolare interazioni tra gli scienziati provenienti da diversi Paesi e fornire loro i mezzi necessari per svolgere attività di ricerca – conclude Ahmad Awada, direttore del Dipartimento di Oncologia Medica al Jules Bordet Cancer Institute di Bruxelles (Belgio). Oggi abbiamo a disposizione molte armi per combattere questo big killer: prevenzione, diagnosi precoce, chirurgia conservativa, chemioterapie combinate, terapie ormonali e farmaci biologici che permettono di assicurare la guarigione alla maggioranza delle donne colpite. I risultati presentati al convegno confermano come la strategia vincente sia quella di tarare la terapia sulle caratteristiche specifiche delle pazienti”.



www.repubblica.it 2022-04-22 11:34:26

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