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Non c’è solo la coronarografia per sapere come e quando riaprire i vasi parzialmente …

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Non conta solo la strada che si sceglie per rivascolarizzare, ovvero ridare sangue ed ossigeno al cuore. L’equipe può scegliere se puntare sulla via chirurgica tradizionale con il by-pass o procedere con un’angioplastica, con il palloncino che dilata il vaso e se necessario lo stent, la reticella che lo tiene aperto, o ancora puntare sui farmaci. Ma è sempre più importante fare in modo che la scelta o meno del trattamento sia mirata sul singolo caso, e la coronarografia (l’esame che permette di “visualizzare” l’albero coronarico) può non essere sufficiente, visto che l’interpretazione dipende dall’operatore.

In certi casi, quando non ci si trova di fronte ad una stenosi superiore all’80% oppure se il restringimento è minimo, ci vogliono mezzi per scegliere se procedere con il trattamento quando le coronarie sono parzialmente ostruite o in caso di alterazioni del microcircolo, ovvero di piccoli vasi che corrono all’interno del tessuto cardiaco.

Analizzare la lesione

“In caso di stenosi intermedie dobbiamo dimostrare che questa lesione riduca in modo significativo il flusso, altrimenti l’intervento, quale che sia, non ha significato – spiega Giovanni Esposito, presidente GISE – Società Italiana di Cardiologia Interventistica – . In caso di stenosi intermedie delle coronarie la misurazione della pressione a monte e a valle dell’ostruzione, attraverso l’indice FFR, consente di ottenere un parametro numerico. Se si va sotto un certo valore, occorre rivascolarizzare il paziente perché se non si procede con questo approccio ci saranno altissima probabilità di eventi cardiovascolari maggiori. Grazie a questo parametro molte stenosi vengono riclassificate, se significative o meno: abbiamo quindi a disposizione un indice di appropriatezza che ad oggi viene utilizzato mediamente solo nel 10% circa dei casi”.

I metodi di indagine

Non basta: esistono anche altre metodologie, come IMR, che permettono di considerare anche i vasi all’interno del cuore, il cosiddetto microcircolo, che possono indicare alterazioni a questo livello in caso di dolore toracico che non si spiega con ostruzioni significative delle coronarie. Grazie a questi sistemi, stando ai dati GISE, si sono ottenuti risparmi di oltre 37 milioni di euro in tre anni, favorendo l’appropriatezza dei trattamenti.

Risultati sempre più precisi

Insomma: si può incrementare il livello di precisione con il quale selezionare i pazienti candidabili ad angioplastica coronarica ricorrendo alla misurazione di alcuni indici fisiologici, raccomandati dalle linee guida internazionali sulla rivascolarizzazione miocardica. La metodica è la chiamata riserva frazionale di flusso (FFR o iFR), che può essere effettuata, contestualmente alla coronarografia, tramite l’inserimento di una guida di pressione intracoronarica. L’FFR/iFR/IMR consentono di stimare la capacità della lesione di indurre ischemia miocardica anche in situazioni dubbie e in presenza di malattia multivasale oltre che di misurare la disfunzione del microcircolo.

Al tema è dedicato un numero della rivista Italian Health Policy Brief (IHPB). La FFR, in particolare, è stata inserita nelle linee guida europee di rivascolarizzazione miocardica con il massimo livello di raccomandazione ed evidenza. Gli studi mostrano che la FFR ottimizza la valutazione di significatività della lesione e, quindi, le successive decisioni cliniche, mostrando percentuali di riclassificazione dal 26% al 47%. Secondo le stime GISE, la valutazione FFR-guidata consente di trattare un numero minore di vasi in un’alta percentuale di pazienti e consente di evitare del tutto il trattamento di angioplastica nel 12% dei pazienti.

Fotografare il rischio

“Una rivascolarizzazione guidata dagli indici fisiologici garantisce un esito clinico migliore, riduce il numero di successive rivascolarizzazioni, consente di individuare quegli scenari clinici ad alto rischio, detti di disfunzione del microcircolo coronarico (CMD), caratterizzati da assenza di stenosi pur in presenza di sintomatologia anginosa – conferma Ciro Indolfi, Presidente SIC –  Società Italiana di Cardiologia,  la Società Scientifica che insieme a GISE lavora all’implementazione delle innovazioni tecnico-scientifiche in accordo con le più recenti linee guida”. “La gestione dei pazienti nell’ambito delle patologie cardiovascolari – sottolinea Enrico Coscioni, Presidente AGENAS – è ancora troppo eterogenea nonostante l’innovazione tecnologica e le conoscenze cliniche a nostra disposizione. Oggi esistono i presupposti per un cambio di paradigma in termini di cura, che può portare alla revisione di alcune politiche sanitarie e all’adozione di strategie diagnostiche e terapeutiche, capaci di garantire sostenibilità e qualità della presa in carico dei pazienti”.

 



www.repubblica.it 2022-05-03 16:07:44

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