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Pronto soccorso allo stremo in tutt’Italia, mancano 4.200 medici

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Il caos dei Pronto soccorso è scoppiato in questi ultimi giorni con un fragore che sta facendo parlare di “caso emergenza” in Italia. Caos partito dall’ospedale Cardarelli di Napoli, in cui le barelle con i malati, assiepate a 30 circa centimetri l’una dall’altra, hanno fatto gridare allo scandalo per primi i parenti. Ma non c’è solo Napoli. C’è anche Bologna, dove la porta d’accesso della sanità, resta un punto dolente: ogni giorno arrivano segnalazioni di pazienti che aspettano ore e ore prima di essere visitati. “Qui il problema – spiegano i vertici della sanità in Emilia Romagna – i lunghi tempi d’attesa dipendono principalmente dalla carenza dei medici che lavorano nel settore dell’emergenza-urgenza e dal consistente numero di accessi al Pronto soccorso ormai vicino ai tempi pre Covid. 

E poi c’è Milano, con i suoi Pronto soccorso colpiti da un attacco informatico la notte del primo maggio. La cosa ha generato una situazione critica che si sta riverberando pesantemente sugli altri ospedali: dal primo maggio era interdetta l’entrata alle ambulanze nei presìdi di emergenza di Sacco, Fatebenefratelli, Macedonio Melloni e Buzzi, salvo nei casi in cui i pazienti non potessero essere dirottati altrove per particolari esigenze. 

Napoli, Cardarelli in ginocchio: l’inferno delle barelle nel pronto soccorso


 

Seicento medici d’emergenza dimissionari

Proprio dai medici bisogna partire per capire il malessere dei Pronto soccorso italiani. Perché sono circa 600 i camici bianchi dell’emergenza e urgenza che nel 2022 hanno scelto di dimettersi, al ritmo di circa 100 al mese. Si inizia da un dato: 4.200, calcolo riferito agli ultimi mesi dello scorso anno, che indica dottori e dottoresse strutturalmente mancanti nei Pronto soccorso d’Italia rispetto alle reali necessità di gestione. 

“La somma dei fattori ha implementato il valore stimato delle carenze portandolo sempre più prossimo alle 5000 unità – spiega Simeu (Società italiana medicina d’emergenza-urgenza), di cui è presidente il dottor Fabio De Iaco – . Un problema sempre più grave che continua a non trovare proporzionata attenzione e interesse. Un disinteresse che incide molto sulle scelte dei professionisti rispetto al proprio futuro: se coloro che lasciano fossero raggruppati in team operativi corrisponderebbero a 4/5 centri di soccorso che non esisterebbero più. Cancellati, spariti”.

Un medico pronto andarsene in 9 strutture su 10

Inoltre, in 9 strutture su 10, almeno un medico manifesta l’intenzione di abbandonare entro un anno. “Stiamo assistendo all’estinzione dei Pronto soccorso – prosegue Simeu – . La criticità legata all’organico viene amplificata dal carico di lavoro causato dal “boarding”, il fenomeno di prolungata permanenza dei pazienti e di sovraffollamento di barelle in dipartimento (causate dall’incapacità dei reparti di accogliere i malati per mancanza di letti) che da sole assorbono tempo ed energie dei professionisti, sottratte alla gestione delle emergenze”.

In sofferenza il 45% dei Pronto soccorso italiani

Il riferimento va al caso, definito “estremo” da Simeu, dell’ospedale Cardarelli, “drammatico esempio, ma dalle recenti stime della società, il 45% delle strutture operative italiane ne soffrono”. Parte da queste pesanti premesse il Congresso Nazionale Simeu “Navigando verso il futuro, consapevoli del proprio passato”, organizzato al Palacongressi di Riccione dal 13 al 15 maggio. Ci saranno almeno 1.000 professionisti: medici ed infermieri, ma anche moltissimi giovani specializzandi che, nonostante tutto, scelgono per passione questa disciplina tanto scomoda quanto affascinante.

Ma, andando oltre gli attuali problemi, in quella sede verranno poste anche le premesse per poter continuare a guardare al domani, infondendo fiducia nei giovani professionisti. “Lo farà Francesca Mangiatordi, la dottoressa nota per essere autrice della foto simbolo scattata durante della prima ondata pandemica (ritrae Elena, infermiera, che dorme stremata sulla tastiera del computer a fine turno) – sottolineano gli organizzatori – . Mangiatordi evidenzierà le buone ragioni per continuare a resistere e a lottare per difendere i Pronto soccorso dal rischio estinzione”.

“C’è sproporzione tra domanda sanitaria e risorse disponibili”

La sproporzione tra la domanda sanitaria e le risorse disponibili è sempre più evidente a De Iaco. Che afferma: “Ci auguriamo di essere aiutati dai nostri pazienti in questa lotta alla sopravvivenza dei Pronto soccorso. Cittadini e operatori sono sullo stesso fronte della battaglia”. E aggiunge: “Pochi anni fa, in Francia, una situazione migliore della nostra attuale ha originato un clamoroso sciopero nei Pronto soccorso, opzione che non vogliamo e non possiamo considerare. Siamo già alle dimissioni di massa: cos’altro dobbiamo fare per sollecitare e ottenere le azioni necessarie? Quanto ci si aspetta che potremo ancora resistere con le nostre sole forze?”.

“Una questione di dignità”

Per De Iaco è soprattutto “una questione di dignità”. “Il problema della carenza di organico è il più evidente – ribadisce – . Ma l’aspetto dell’attesa di un ricovero in Pronto soccorso è il principale elemento di disaffezione verso questo lavoro. Siamo diventati i medici tuttologi, chiamati a fare ogni cosa. Dobbiamo gestire anche i pazienti per cui non abbiamo competenze. Tutto questo è insopportabile. Alla base di tutto abbiamo una lesione morale: continuiamo a fare ai pazienti ciò che non riteniamo giusto. E ciò dopo anni è pesantissimo”.

Stipendi sotto accusa

E poi c’è l’aspetto economico, che porta De Iaco a questa considerazione: “Guadagniamo meno di altri medici d’ospedale; lavoriamo di notte per 50 euro”. E anche nei confronti dei nuovi specialisti, che pure sono molto preparati, resta una grande incognita. È sempre il presidente a parlare: “Vorrebbero svolgere sia l’incarico di medico ospedaliero di Pronto soccorso, che quello pre-ospedaliero di 118. Questo sarebbe l’unico sistema in grado di far funzionare le cose, ma nella maggior parte delle regioni italiane non è possibile perché i due sistemi sono separati”. 

“Serve il doppio del personale”

“Abbiamo organici che mediamente si aggirano intorno a 9-10 medici; ne servirebbe almeno un terzo, se non il doppio in più – conclude De Iaco – . Basta fare un calcolo per rendersene conto: la media di pazienti che fanno riferimento a  un medico del reparto di  Medicina è di 10. Noi, invece, ne abbiamo 25-30, tutti sconosciuti, spesso anche malati critici e in una condizione sociale e umana imbarazzante. Non vi sembra sia venuto il momento di intervenire?”.



www.repubblica.it 2022-05-10 17:01:00

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