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Il fegato “grasso” mette a rischio (anche) il cuore

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Sovrappeso/obesità. Ipertensione. Aumento dei trigliceridi e basso colesterolo buono, con incremento di quello cattivo. Intolleranza ai glucidi che può sfociare nel diabete. Queste sono le classiche manifestazioni che compongono il quadro della sindrome metabolica, in un mosaico di condizioni che tendono a far aumentare il rischio di infarti ed ictus. Ora, forse, a questi elementi occorre aggiungerne un altro: la steatosi epatica, ovvero una condizione in cui il fegato si infarcisce di tessuto adiposo, che rappresenta una possibile via preferenziale per il diabete e per altri problemi metabolici.

La steatosi epatica non alcolica

Tra le conseguenze della steatosi epatica c’è infatti la resistenza all’insulina, con il pancreas che deve produrre più ormone per mantenere la glicemia nella norma. Non per nulla, secondo studi recenti chi ha il fegato infarcito di tessuto grasso ha un rischio di sviluppare il diabete tre o quattro volte superiore rispetto a chi non ne soffre, con le ovvie conseguenze sull’apparato cardiovascolare.

La salute del fegato per proteggere anche cuore e arterie

A porre l’accento sull’importanza di controllare la salute del fegato per proteggere cuore e arterie è un documento messo a punto dagli esperti dell’American Heart Association apparso su Arteriosclerosis, Thrombosis, and Vascular Biology. La dichiarazione degli studiosi punta l’indice sull’importanza di non sottovalutare la sofferenza del fegato, che spesso non dà alcun segno e viene scoperta magari per caso.

Stando a quanto riporta il documento la steatosi epatica non alcolica, definita con la sigla inglese Nafld, avrebbe in comune con le malattie cardiache i classici fattori di rischio ma, stando alle ricerche, chi presenta Nafld avrebbe una probabilità più elevata di andare incontro a patologie di cuore e vasi rispetto alle persone che hanno il medesimo profilo di rischio ma hanno un fegato sano.

Come diagnosticarla

Il richiamo degli studiosi è chiaro: quando si valuta la salute cardiovascolare di una persona, è meglio osservare con attenzione anche il fegato considerando che le capacità di lavoro di questo “laboratorio” interno al nostro corpo possono mascherare bene eventuali sofferenze. Nelle fasi iniziali della steatosi epatica non alcolica infatti ci si sente bene e anche i classici controlli come la valutazione delle transaminasi possono risultare del tutto normali.

Stando a quanto riporta il documento scientifico, è fondamentale procedere con un’ecografia che consenta di misurare l’elasticità del fegato, la presenza di tessuto adiposo e l’eventuale rigidità dell’organo, che indica la presenza di cicatrici. Si tratta di un esame semplice e non invasivo che andrebbe eseguito più spesso anche per arrivare ad una diagnosi precoce e puntare su cambiamenti più o meno radicali dello stile di vita.

No al sovrappeso, sì all’attività fisica

Il sovrappeso, in particolare, è un elemento da contrastare. Nel documento dell’American Heart Association si segnala infatti come ci siano studi che dimostra che un calo ponderale del 10% consente di ridurre il grasso nel fegato e migliorare la fibrosi. Già con una perdita di peso pari al 5%, poi, si possono avere risultati apprezzabili per il tessuto epatico, specie se si procede con la classica mezz’ora di attività fisica ogni giorno per far calare il grasso epatico e migliorare la sensibilità all’insulina, anche in assenza di perdita di peso.

Per un’alimentazione corretta, l’ideale rimane affidarsi alla dieta mediterranea, che è povera di grassi saturi, di formaggi, salumi, dolci, mentre è ricca di frutta, verdura, legumi, pesce. È poi ovviamente indispensabile una riduzione delle calorie nel caso in cui il soggetto sia sovrappeso ed è sempre necessaria una regolare attività fisica”. Senza dimenticare di parlare della propria situazione con il medico, per valutare, caso per caso, la necessità di trattamenti mirati per ridurre il rischio cardiovascolare.



www.repubblica.it 2022-05-18 13:54:03

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